E’ stata un grande successo domenica scorsa a Roma la seconda edizione della “Marcia per la vita”. La straordinaria partecipazione popolare segna la presa di coscienza sempre più diffusa della necessità di difendere la vita in ogni suo momento.  Purtroppo sull’evento c’è stata anche molta disinformazione da parte della stampa che non ha esitato a pronunciare giudizi malevoli e pregiudizialmente ostili… Perchè  – ci chiediamo – se si difendono gli animali tutta la stampa è concorde nell’esaltare la buona causa, mentre se si difendono gli essere umani scattano attacchi perniciosi? Difenere la vita umana oggi vuol dire andare controcorrente.

Redazione SME

 

Quindicimila persone hanno camminato per due ore, attraversando Roma partendo dal Colosseo fino a Castel Sant’Angelo. E’ stata questo la “Marcia per la vita” che si è svolta a Roma domenica scorsa. Non c’era un simbolo partitico fra le bandiere che sventolavano, solo facce di laici, religiosi, politici e stemmi di movimenti e associazioni pro-life  giunti per chiedere l’abolizione della Legge 194/78, ma non solo. Nonostante le preoccupazioni di certa stampa, non si è sentita nessuna voce fuori dal coro.  Il corteo con in testa il cardinale Raymond Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, costellato di famiglie, bambini, cattolici, protestanti, evangelici e buddisti era un popolo silenziosamente in festa. Contento di poter dire quel che pensa: «Chiedere tutto, senza compromessi, è quello che la gente aspettava da anni. Finora le voci più ascoltate si vergognavano di chiedere troppo e così le cose sono solo andate peggiorando: sono ormai più di 5 milioni gli aborti effettuati dall’introduzione della Legge 194/78. E il successo della marcia per la vita, che chiede l’abolizione della norma, dimostra che il popolo pro-life vuole riportare al centro del dibattito culturale la tutela della vita senza se e senza ma». Così Francesco Agnoli, del Movimento Europeo per la Difesa della Vita, spiega il successo dell’iniziativa promossa dal Movimento insieme all’Associazione Famiglia Domani.

È la prima volta in Italia che così tante associazioni – centoventi – si uniscono con il plauso di numerosi vescovi per chiedere ad alta voce l’abolizione della legge 194 sull’aborto. «Per anni i movimenti pro-life si sono rassegnati, chiedendo solo l’applicazione della norma. Ma questo non può bastare. Non si possono accettare compromessi sulla vita: quello che chiediamo è l’abolizione di un omicidio reso legale. Di meno non avrebbe senso, sarebbe come dire sì all’aborto, ma non troppo». Giornali come Repubblica e il Corriere della Sera parlano, però, di un’alleanza con la politica di destra: «ma alla marcia non c’erano simboli partitici, né slogan provocatori». Sono piovute critiche anche sulla partecipazione di politici, come il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «Anche a loro abbiamo chiesto di marciare a titolo personale: non hanno preteso saluti né spazi particolari». Perché poi va bene che i politici scendano in piazza per il “Gay pride” e non va bene se difendono un’idea come questa? Oltre al sindaco hanno marciato politici di ogni schieramento. Alcuni: Paola Binetti, Stefano De Lillo, Sandro Oliveri, Olimpia Tarzia, Magdi Cristiano Allam, Lavinia Mennuni. «Anche le associazioni erano differenti. Da quelle che si occupano del trauma dell’aborto della donna, come il Dono, a quelle che accolgono le vite fragili come nuovi Orizzonti o la Comunità Giovanni XXIII, a quelle che combattono l’aborto, l’eutanasia e qualsiasi forma di violenza sulla vita. C’erano anche i Cav (centri di aiuto alla vita) e diversi presidenti locali del movimento per la vita. Molti erano contenti. Si sono sentiti liberi per la possibilità di uscire da una certa autoreferenzialità».

Ad accompagnare tutti le parole di benvenuto di Gianna Emanuela Molla, la cui madre, Gianna, fu santificata per aver dato la propria vita per farla nascere. A concludere la marcia la Santa Messa, espressione della volontà precisa dei manifestanti di accompagnare l’azione con la preghiera. Già il giorno precedente, dopo il convegno scientifico sulla vita, c’è stata l’adorazione eucaristica guidata dal cardinal Burke. I saluti finali di Francesco Agnoli hanno ricordato a tutti lo scopo dell’azione: «Abbiamo fatto tutti una marcia per la vita: l’Italia, sino ad ora, conosceva soltanto marce per la pace. Ne fanno tante. Ma come diceva Madre Teresa di Calcutta, non ci può essere pace, però, tra uomini che non si conoscono, di colore diverso, di lingua diversa, se non c’è prima pace tra moglie e marito, tra genitori e figli. Se non c’è amore, accoglienza, non di chi è lontano, ma di chi ci è prossimo, il più prossimo che possiamo avere, come padri e come madri, ora o in futuro. Madre Teresa definiva il concepito “il più povero dei poveri” e ricordava che chi ha attenzione verso di lui la avrà più facilmente verso gli altri. Chi vede l’umanità anche dove è più nascosta e più fragile, più facilmente la scorgerà anche dove è più evidente. Chi è disposto ad accogliere il figlio non aspettato o “imperfetto”, saprà accogliere anche il prossimo suo, più di chi, al contrario, sopprime la carne della sua carne e il sangue del suo sangue (non interessa ora, con quale consapevolezza) (…). Ci sono notti della storia dove occorre tenere alta l’idea di ciò che è vero, giusto, umano, perché non si spenga ogni luce, ogni speranza. Questa marcia è stata ed è anzitutto un grande gesto di speranza». Ed è solo l’inizio di un’azione che continuerà non solo con la prossima marcia, «ma da qui per gli anni a venire».

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