Non si tratta di Manzo, ma di un altro artista, leccese, che operò negli stessi anni e diede vita ad una Ditta che realizzava opere di cartapesta, vendute in tutta Europa. 

di Alessandro Scaccianoce

La Veronica di Gozo (Malta) e la Vergine Annunziata di Biancavilla (a confronto).

Lo studio e la curiosità suscitati dal ritrovamento di inediti documenti d’archivio, ad opera di Giuseppe Marchese, ha dato vita ad alcune ricerche che consentono di identificare l’autore della statua della Madonna che il mattino di Pasqua a Biancavilla fa coppia con il simulacro del Cristo Risorto nell’incontro festoso della Pace, cuore e culmine delle tradizionali manifestazioni “pasqualine” del centro etneo.

Il carteggio portato alla luce da Giuseppe Marchese fa riferimento alla ditta Arturo Troso di Lecce, ma non dice nulla circa l’autore del simulacro. Dalle carte emerge chiaramente che fu il canonico Antonino Distefano a curare la commissione dei lavori e ad intrattenere i rapporti con la ditta Troso, che commerciava le opere in cartapesta. Altrettanto interessante è leggere la delibera unanime del Consiglio Comunale per il finanziamento dei lavori, con buona “pace” dei sostenitori del laicismo-indifferentismo oggi a-la-page.

In un primo momento, lo stesso Marchese, sulla base di alcune congetture ragionate e per il fatto che Manzo era uno degli artisti che commerciava le sue opere tramite la ditta Troso, ha ritenuto di poter identificare l’autore nell’artista Giuseppe Manzo (1849-1942). Altri, seguendo le sue orme, hanno ripetuto che il fino ad oggi misterioso autore della Madonna Annunziata è Giuseppe Manzo.

Tuttavia, la nostra Redazione, avendo preso contatti con maestri cartapestai leccesi contemporanei, continuatori di quella famosa scuola di artisti, che dal 1700 onora il Salento, è in grado di affermare con esattezza il nome dell’autore della scultura biancavillese.

A rivelarlo è Antonio Papa, scultore di statue sacre di cartapesta di fama internazionale, già ospite a Biancavilla per manifestazioni legate alla Madonna dell’Elemosina, considerato il discepolo e l’erede di Giuseppe Manzo. Egli esclude categoricamente che l’Annunziata di Biancavilla possa attribuirsi al Manzo: “sarebbe come attribuire il giudizio universale della Cappella Sistina a Raffaello” ha commentato. I tratti del simulacro nostro, infatti, appartengono inconfondibilmente ad un altro artista leccese, che operò negli stessi anni di Manzo.

Si tratta di Luigi Guacci, che operò singolarmente e come caposcuola di un’organizzazione industriale e commerciale pianificata che gli permise di produrre statue eccellenti a prezzi concorrenziali e di apparire su prestigiose riviste come “L’Osservatore Romano” con inserzioni pubblicitarie che promuovevano la “Ditta Luigi Guacci”. L’attività del Guacci raggiunse l’apice dell’industrializzazione intorno al 1930.

Proprio per questo non è possibile affermare, in questa sede, se la Madonna sia stata realizzata direttamente da Guacci o da qualche allievo della sua scuola, che utilizzò calchi del maestro. Ma certamente risulta evidente e inconfondibile il tratto caratteristico del Guacci, che si ritrova in altre sue opere, di certa attribuzione, sparse variamente, come dimostra anche l’accurata ricerca fotografica e documentaria condotta da Giuseppe Santangelo (di seguito in parte riportata).

Tra le foto proposte, sorprende in modo particolare, la somiglianza del volto dell’Annunziata con quello della Santa Veronica che si trova a Gozo (Malta).

Se quanto detto finora non bastasse, si consideri che nel 1922 Giuseppe Manzo aveva 73 anni (era nato nel 1849), ed è difficile ipotizzare che continuasse a lavorare o, perlomeno, essendo già ampiamente affermato come artista, non si preoccupasse di firmare le sue opere.

Nel 1922 Luigi Guacci, nato nel 1871, aveva 51 anni.

Chi era Luigi Guacci?

Di seguito un breve profilo biografico, ampiamente riscontrabile su Internet.

Nacque a Lecce l’8 gennaio 1871. Il padre era muratore, la madre casalinga. Frequentò la scuola comunale di disegno, ove studiò con Vincenzo Conte e Raffaele Maccagnani e apprese l’arte dell’intaglio con Giuseppe De Cupertinis. Nel 1888 vinse una borsa di studio bandita dall’amministrazione provinciale di Lecce e andò a Roma dove frequentò l’Accademia di belle arti. Agli anni romani del G. scultore risalgono il gruppo di Saffo e Faone, esposto presso la Galleria dell’Accademia di S. Luca a Roma, e un Adone morente in marmo. Nonostante il successo ottenuto, intorno al 1898-99 tornò a Lecce, ove diede vita a un grande laboratorio della cartapesta, riuscendo a unificare molte botteghe artigiane locali in una organizzazione cooperativa con la stessa direzione artistica.

Nel grande stabilimento, battezzato Istituto di arti plastiche, lavoravano ottanta cartapestai, discepoli delle migliori botteghe del tempo (L’Ordine cattolico). Il lavoro era articolato in settori di alta specializzazione: vi erano i decoratori, dediti esclusivamente alla coloritura, i modellatori di calchi, gli artigiani specialisti nel panneggio o nei soli volti delle statue. Le forme più importanti erano ricavate da modelli del Guacci, che provvedeva anche al controllo delle rifiniture finali. Lo stabilimento riceveva numerosissime commesse da enti ecclesiastici pugliesi, da altre regioni italiane e dall’estero. A Milano si trovano un Ecce Homo, una Madonna Addolorata, un S. Antonio; a Lione, un S. Espedito; a Salerno, un’Apparizione del Cuore di Gesù alla beata Margherita Alacoque (cfr. Corriere meridionale [Lecce], 1902, n. 38). La produzione mantenne sempre un alto livello qualitativo caratterizzandosi per intensità di espressione e armonia compositiva. Alla morte del Guacci l’azienda fu ereditata dal figlio Gaetano e poco dopo chiusa definitivamente.

Veronica, particolare. Gozo, Malta

Luigi Guacci è noto anche per aver introdotto una novità nell’artigianato leccese: le bambole di cartapesta. Di ottima fattura, infrangibili, con occhi di cristallo, furono premiate in diverse esposizioni: a Venezia nel 1917 (Foscarini, p. 132), a Tripoli nel 1927 con medaglia d’oro e a Milano nel 1929 con il primo premio al Concorso del giocattolo italiano (Contenti, p. 354). Tale dato è ancora più rilevante tenendo presente che le bambole in cartapesta in precedenza venivano importate dall’estero, mentre in seguito quelle del Guacci vennero richieste e diffuse in diversi paesi europei. L’artista fu insignito dell’onorificenza di cavaliere al merito del lavoro.

Egli continuò parallelamente la sua attività di scultore che raggiunse il suo apice tra il 1890 e il 1928. Fra i monumenti di rilievo si citano il grande busto in marmo di S. Carlo Borromeo (1896) nell’atrio del palazzo vescovile di Oria; la statua in argento di S. Eraclio a Providence, Rhode Island; il busto in bronzo di Giosuè Carducci a Gallarate e quello in marmo, inaugurato il 19 giugno 1908 a

Madonna Annunziata, particolare. Biancavilla, Chiesa dell’Annunziata

Lecce nella piazzetta degli Studi; la Venere di Milo (1891) donata all’amministrazione provinciale di Lecce; il busto del Senatore Achille Tamborino (1896); il Crocifisso in legno della collegiata di Campi Salentina (1913); il busto in marmo diFrancesco Rubichi, inaugurato il 16 maggio 1920 nel tribunale di Lecce; i monumenti ai caduti di Mesagne (1921) e di Latiano, inaugurato nel 1928; la monumentale lapide marmorea con figura in altorilievo di Monsignor Luigi M. Zolavescovo di Lecce, nella cattedrale della città; i busti in gesso di Camillo Cavour e di Sigismondo Castromediano e il medaglione a Giacomo Leopardi, nel Museo provinciale di Lecce; la Madonna di Montevergine (in travertino, alta circa 4 metri) nel santuario di Montevergine presso Otranto. In Uruguay, a Villa Colón fu inaugurato nel novembre 1915 nella piazza principale il monumento in marmo a Monsignor L. Lasagna.

Partecipò anche a diverse esposizioni e mostre d’arte: nel 1893, all’Esposizione nazionale di Roma; nel 1895-96, alla LXVI Esposizione nazionale di belle arti della Società amatori e cultori di belle arti di Roma; nel 1923, alla Fiera di Milano (in cui fu presente con un’opera in cartapesta); nel 1925, alla III Biennale d’arte moderna in Gallipoli; nel 1926, alla I Mostra d’artisti pugliesi a Roma (palazzo Salviati), alla Mostra regionale d’arte di Lecce e alla II Biennale leccese; nel 1930, alla Mostra regionale di pittura e scultura del Sindacato pugliese delle belle arti di Bari (Foscarini, p. 133).

Morì a Lecce il 12 giugno 1934.

S. Martino di Tours. Maglie (Lecce)

Bibliografia: Necr. in L’Ordine cattolico, giugno 1934, p. 3; A. Franco, I nostri artisti. L. G., in Numero unico per le feste inaugurali nel giugno 1898, Lecce s.d., p. 129; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 601 s.; A. Contenti, Nel regno della cartapesta del barocco, in B. Tragni, Artigiani di Puglia, Bari 1986, pp. 344-354; P. Sorrenti, Pittori, scultori, architetti pugliesi, Bari 1990, pp. 247 s.; A. Foscarini, Arte ed artisti di Terra d’Otranto, a cura di P.A. Vetrugno, Lecce 2000, pp. 132 s.; A. Panzetta, Dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento, I, Torino 1994.

La “Pace” nel primo ‘900. Antecedente all’avvento delle nuove statue in cartapesta.

La simpatica vicenda che è venuta fuori in questi giorni, sul tema dell’identificazione dell’autore dell’Annunziata di Biancavilla, non è casuale, ma è frutto probabilmente della scarsa considerazione che la scultura in cartapesta ha avuto in passato. Celebrati nel Salento, gli scultori della cartapesta sono stati sempre giudicati con sufficienza dalla critica, poiché si trattava di un materiale povero e di scarso prestigio.

Eppure, la storia ha dimostrato che, nonostante la povertà del materiale utilizzato, veri e propri artisti hanno realizzato capolavori di altissimo livello, di grande plasticità e bellezza, capaci di parlare ancora oggi al cuore dell’osservatore.

Ringraziamo ancora una volta Giuseppe Marchese che con la sua curiosità intelligente ha consentito di sollevare un piccolo velo su una pagina delle nostre tradizioni locali. Siamo certi che il suo studio non si ferma qui, ma ben presto avremo modo di leggere impensabili notizie su altri aspetti della suggestiva e fascinosa “biancavillota Paci”.

 

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