Nell'Ascensione del Signore celebriamo la vicinanza del Signore nella nostra vita

Oggi si compiono i 40 giorni dalla Pasqua del Signore e secondo il calendario tradizionale si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore (traslata alla domenica successiva per decisione della CEI). Pubblichiamo queste intense meditazioni del card. Scola sulla solennità odierna. Dal compimento del mistero pasquale del Signore Gesù derivano delle implicazioni pratiche per la nostra vita cristiana. La gioia, in particolare, esprime la verità della nostra fede nel Crocifisso Risorto e Asceso al cielo, sempre presente nella Sua Chiesa.

1. «Si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia» (Vangelo, Lc 24,51-52).

Come è possibile che una partenza, per giunta così singolare, generi gioia? È difficile immaginare che una persona che se ne va lasci, come risvolto, in chi resta una pienezza. Eppure è ciò che emerge con evidenza dalla liturgia della solennità di oggi. Benedetto XVI ci dà una chiara spiegazione: «Ogni addio lascia dietro di sé un dolore. … La gioia dei discepoli dopo l’Ascensione corregge la nostra immagine di tale evento. L’Ascensione non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole» (Gesù di Nazaret 2, 311-312).

Il Vangelo parla non solo di gioia, ma di gioia grande. Una gioia stabile, non in balìa dei cambiamenti delle circostanze, né degli stati d’animo. La gioia diventa il tratto essenziale della vita dei Suoi (cioè anche della nostra) che, proprio in forza di questa gioia duratura, si trasformano in grati «testimoni a Gerusalemme… e fino ai confini della terra» (cf At 1,8) di Colui che ascende al cielo. Giungono fino a dare come Lui la loro vita a vantaggio degli uomini.

 2. San Luca, l’autore sia del Vangelo che degli Atti, narrando l’episodio dell’Ascensione ci offre alcuni elementi per comprendere meglio le ragioni di questa gioia.

Anzitutto essa deriva dal fatto straordinario della risurrezione: Colui che era morto sulla croce, ora vive per sempre. Il Crocifisso è Risorto e ha preso possesso della realtà tutta. La gioia, quindi, scaturisce dall’accertamento della Sua presenza: «Egli – proprio Lui! – si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove» (Lettura, At 1,3). È Gesù stesso ad accompagnare i Suoi, e con loro anche noi, a riconoscerLo presente: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Vangelo, Lc 24,38-39). Questo nuovo modo di presenza di Gesù è “corporale”, lo si può vedere e toccare, eppure non è sottoposto alle comuni leggi del tempo e dello spazio.

Come si rende presente oggi il Risorto tra noi? La Chiesa ci ha insegnato a dare il nome proprio a questa nuova modalità di presenza e di azione di Gesù Risorto nella storia degli uomini: la Sua è una presenza “sacramentale”. Per questo da duemila anni celebriamo l’Eucaristia in cui, per la potenza del Suo Spirito, Gesù si offre alla nostra libertà. Nell’incontro tra la libertà di Dio e la nostra il Signore ci cambia. Attraverso i sacramenti fa di noi membra del Suo Corpo, la Chiesa. Nell’ultima cena ha anticipato la Sua morte, risurrezione e ascensione; nell’Eucaristia riviviamo quegli stessi misteri, attraverso cui Egli si rende nostro contemporaneo. Solo la presenza reale e contemporanea di Gesù, infatti, è capace di rinnovare l’uomo, di trasformare il suo cuore ferito dal male proprio e altrui, di saziare la sua sete e la fame di vita eterna. Tutta la nostra vita è investita dalla presenza sacramentale del Signore. Per questo, per il cristiano, l’esistenza intera è vocazione: ogni circostanza ed ogni rapporto diventano la modalità con cui il Signore ripete anche a noi: Toccatemi e guardate, sono proprio io! In quest’ottica ci prepariamo trepidi alla circostanza straordinaria del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, benedetta dalla presenza del Santo Padre.

In secondo luogo siamo colmi di gioia perché la presenza del Risorto apre i nostri occhi e il nostro cuore affinché possano comprendere il disegno buono del Padre: «Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”» (Vangelo, Lc 24,45-47). Cogliere a pieno il significato degli eventi della Pasqua di Gesù, attraverso l’intelligenza delle Scritture, trasforma giorno dopo giorno la nostra esistenza. In Lui, con Lui e per Lui noi cresciamo!

All’origine di questa gioia si trova, infine, il dono dello Spirito Santo. Riceviamo «la forza dallo Spirito Santo» (Lettura, At 1,8). Tutto ciò che la Chiesa è e fa non è per forza propria. Essa vive solo in forza di questo dono, solo in forza dello Spirito che Gesù le comunica. «Io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso» (Vangelo, Lc 24,49). È lo Spirito che ci permette di riconoscere la presenza del Risorto e la bontà del disegno del Padre su di noi e su tutta la famiglia umana.

3. L’odierna liturgia ci insegna che in forza dell’Ascensione «nel Salvatore risorto e glorioso, già si trova accanto a te [al Padre] la nostra natura» (A conclusione della liturgia della Parola). Per spiegare questo mistero San Paolo utilizza un versetto del Salmo 68: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini» (Epistola, Ef 4,8).

Nell’Ascensione Gesù «portò a compimento il disegno di grazia» (Prefazio) del Padre, l’opera della redenzione, con la quale fece prigionieri i nemici «per essere pienezza di tutte le cose» (Ef 4,10). L’espressione paolina indica la sua totale signoria sulla realtà: il Crocifisso Risorto è veramente il Signore.

Ma attraverso quale strada Gesù è diventato il Signore? Ci risponde ancora l’Epistola: «Cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese [con la sua incarnazione, morte, discesa agli inferi, cioè con il suo svuotamento] è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli» (Epistola, Ef 4, 9-10). Così il grande san Bernardo illumina la risposta di Paolo: «Cristo per la natura divina non doveva né crescere, né ascendere, perché oltre Dio non c’è nulla; con la sua discesa trovò come crescere, venendo a incarnarsi, a patire, a morire, perché non morissimo in eterno: per questo Dio lo ha esaltato,  per cui è risorto, è asceso, siede alla destra di Dio. Vai e fai così anche tu. Non potrai infatti salire, se non sarai disceso» (In Ascensione Domini, Sermo I, De evangelica Lectione).

Gesù ci ha mostrato la strada che conduce alla signoria, cioè, alla libertà. Essere “signore” significa essere libero, non essere schiavo di nulla e di nessuno. È la strada della consegna della propria vita secondo il disegno del Padre, la strada del dono di sé, la strada dell’essere presi a servizio. Questa è la legge dell’amore: lo sanno bene tutti quelli che amano. E non può non essere, almeno come orizzonte ideale e come motore dell’impegno personale e comunitario, anche la dinamica propria della vita sociale e dello svolgimento di ogni compito di governo per il bene comune.

4. «Ravviva in noi (o Padre) il desiderio della patria eterna, dove il Signore risorto ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria»: così ci farà pregare il Canto dopo la comunione. Il cero pasquale, durante la lettura del santo Evangelo, è stato sollevato all’altezza della volta per esprimere il nostro destino eterno. La vita eterna è la vera qualità di vita.

La cultura oggi dominante parla in continuazione di qualità della vita e sottolinea – in mille modi – il desiderio costitutivo del cuore dell’uomo di poter durare sempre, di essere definitivamente amato, di sapere che la morte non è l’ultima parola su di noi, sui nostri cari, sul quotidiano affanno della nostra esistenza. Tuttavia questa stessa mentalità dominante confonde il desiderio di permanenza con il principio di conservazione proprio della scienza fisica, come documenta la credenza, oggi sempre più diffusa, nella reincarnazione. Essa pretende di prolungare indefinitamente questa vita mortale, secondo un’idea di eternità che altro non sarebbe se non l’indefinito protrarsi di questa nostra finita esistenza temporale (noia). Così si spiega il culto eccessivo del corpo e la mania salutista che caratterizzano il Nord del pianeta e gridano vendetta di fronte alla miseria sempre crescente dei popoli del Sud.

La vita eterna non ha nulla a che fare con questa visione illusoria della realtà. Essa inaugura l’autentica qualità di vita in cui l’eternità si rivela come la verità definitiva di ogni cosa a cominciare dalla nostra stessa esistenza terrena. Questa e solo questa è la speranza affidabile. La chiediamo a Maria che già vive nel suo vero corpo nel seno della Trinità. Amen.

+ Card. Angelo Scola, Arcivescovo

La Marcia per la vita: a Roma in quindicimila per difendere la vita!

E’ stata un grande successo domenica scorsa a Roma la seconda edizione della “Marcia per la vita”. La straordinaria partecipazione popolare segna la presa di coscienza sempre più diffusa della necessità di difendere la vita in ogni suo momento.  Purtroppo sull’evento c’è stata anche molta disinformazione da parte della stampa che non ha esitato a pronunciare giudizi malevoli e pregiudizialmente ostili… Perchè  – ci chiediamo – se si difendono gli animali tutta la stampa è concorde nell’esaltare la buona causa, mentre se si difendono gli essere umani scattano attacchi perniciosi? Difenere la vita umana oggi vuol dire andare controcorrente.

Redazione SME

 

Quindicimila persone hanno camminato per due ore, attraversando Roma partendo dal Colosseo fino a Castel Sant’Angelo. E’ stata questo la “Marcia per la vita” che si è svolta a Roma domenica scorsa. Non c’era un simbolo partitico fra le bandiere che sventolavano, solo facce di laici, religiosi, politici e stemmi di movimenti e associazioni pro-life  giunti per chiedere l’abolizione della Legge 194/78, ma non solo. Nonostante le preoccupazioni di certa stampa, non si è sentita nessuna voce fuori dal coro.  Il corteo con in testa il cardinale Raymond Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, costellato di famiglie, bambini, cattolici, protestanti, evangelici e buddisti era un popolo silenziosamente in festa. Contento di poter dire quel che pensa: «Chiedere tutto, senza compromessi, è quello che la gente aspettava da anni. Finora le voci più ascoltate si vergognavano di chiedere troppo e così le cose sono solo andate peggiorando: sono ormai più di 5 milioni gli aborti effettuati dall’introduzione della Legge 194/78. E il successo della marcia per la vita, che chiede l’abolizione della norma, dimostra che il popolo pro-life vuole riportare al centro del dibattito culturale la tutela della vita senza se e senza ma». Così Francesco Agnoli, del Movimento Europeo per la Difesa della Vita, spiega il successo dell’iniziativa promossa dal Movimento insieme all’Associazione Famiglia Domani.

È la prima volta in Italia che così tante associazioni – centoventi – si uniscono con il plauso di numerosi vescovi per chiedere ad alta voce l’abolizione della legge 194 sull’aborto. «Per anni i movimenti pro-life si sono rassegnati, chiedendo solo l’applicazione della norma. Ma questo non può bastare. Non si possono accettare compromessi sulla vita: quello che chiediamo è l’abolizione di un omicidio reso legale. Di meno non avrebbe senso, sarebbe come dire sì all’aborto, ma non troppo». Giornali come Repubblica e il Corriere della Sera parlano, però, di un’alleanza con la politica di destra: «ma alla marcia non c’erano simboli partitici, né slogan provocatori». Sono piovute critiche anche sulla partecipazione di politici, come il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «Anche a loro abbiamo chiesto di marciare a titolo personale: non hanno preteso saluti né spazi particolari». Perché poi va bene che i politici scendano in piazza per il “Gay pride” e non va bene se difendono un’idea come questa? Oltre al sindaco hanno marciato politici di ogni schieramento. Alcuni: Paola Binetti, Stefano De Lillo, Sandro Oliveri, Olimpia Tarzia, Magdi Cristiano Allam, Lavinia Mennuni. «Anche le associazioni erano differenti. Da quelle che si occupano del trauma dell’aborto della donna, come il Dono, a quelle che accolgono le vite fragili come nuovi Orizzonti o la Comunità Giovanni XXIII, a quelle che combattono l’aborto, l’eutanasia e qualsiasi forma di violenza sulla vita. C’erano anche i Cav (centri di aiuto alla vita) e diversi presidenti locali del movimento per la vita. Molti erano contenti. Si sono sentiti liberi per la possibilità di uscire da una certa autoreferenzialità».

Ad accompagnare tutti le parole di benvenuto di Gianna Emanuela Molla, la cui madre, Gianna, fu santificata per aver dato la propria vita per farla nascere. A concludere la marcia la Santa Messa, espressione della volontà precisa dei manifestanti di accompagnare l’azione con la preghiera. Già il giorno precedente, dopo il convegno scientifico sulla vita, c’è stata l’adorazione eucaristica guidata dal cardinal Burke. I saluti finali di Francesco Agnoli hanno ricordato a tutti lo scopo dell’azione: «Abbiamo fatto tutti una marcia per la vita: l’Italia, sino ad ora, conosceva soltanto marce per la pace. Ne fanno tante. Ma come diceva Madre Teresa di Calcutta, non ci può essere pace, però, tra uomini che non si conoscono, di colore diverso, di lingua diversa, se non c’è prima pace tra moglie e marito, tra genitori e figli. Se non c’è amore, accoglienza, non di chi è lontano, ma di chi ci è prossimo, il più prossimo che possiamo avere, come padri e come madri, ora o in futuro. Madre Teresa definiva il concepito “il più povero dei poveri” e ricordava che chi ha attenzione verso di lui la avrà più facilmente verso gli altri. Chi vede l’umanità anche dove è più nascosta e più fragile, più facilmente la scorgerà anche dove è più evidente. Chi è disposto ad accogliere il figlio non aspettato o “imperfetto”, saprà accogliere anche il prossimo suo, più di chi, al contrario, sopprime la carne della sua carne e il sangue del suo sangue (non interessa ora, con quale consapevolezza) (…). Ci sono notti della storia dove occorre tenere alta l’idea di ciò che è vero, giusto, umano, perché non si spenga ogni luce, ogni speranza. Questa marcia è stata ed è anzitutto un grande gesto di speranza». Ed è solo l’inizio di un’azione che continuerà non solo con la prossima marcia, «ma da qui per gli anni a venire».

Sui passi di Maria, Regina dei Miracoli

Domenica scorsa si è svolto il tradizionale pellegrinaggio mariano dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”. Quest’anno  a Mussomeli e Caltanissetta.

Redazione SME

Come è ormai consuetudine da 10 anni, la seconda domenica di maggio, l’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” si muove in pellegrinaggio sui passi di Maria, Madre di Dio, amata e venerata in terra di Sicilia sotto diversi titoli. Ad essere visitato quest’anno è stato il Santuario diocesano della Madonna dei Miracoli di Mussomeli, grazioso centro agricolo di 11 mila abitanti in provincia e diocesi di Caltanissetta. Partiti da Biancavilla alle ore 7,15, i Pellegrini SME hanno celebrato in pullman le Lodi mattutine della VI domenica di Pasqua e dopo una sosta in autogrill sono approdati a Mussomeli. Lì ad attenderli stava il giovane Rettore del Santuario don Diego Di Vincenzo che ha subito introdotto i fedeli alla storia e alla devozione mariana della cittadina e ambientato la liturgia domenicale. La celebrazione della S. Messa è stata condivisa con un altro gruppo di pellegrini provenienti da Serradifalco (CL). Dopo la S. Messa, il Rettore ha continuato la sua dettagliata spiegazione conducendo i pellegrini fino all’antica Cripta dove ebbe origine il culto mariano. Il pranzo, al sacco, è stato consumato nell’attiguo chiostro già dei PP. Domenicani e tra una pietanza e l’altra, allegre parodie, scenette e canti siciliani hanno rallegrato il quasi caldo pomeriggio siciliano. Il Tour è poi proseguito alla volta del Castello medievale Chiaramontano, uno splendido esempio di grande edificio fortificato ancora rimasto intatto nella struttura pur essendo depredato di ogni sua suppellettile. Lì, l’esperta guida locale ha condotto i visitatori con la storia e la fantasia nella vita castellana del primo trecento quando la Sicilia era in lotta per guadagnarsi egemonia su altri popoli del Mediterraneo. Visitato il “bianco” Castello, il folto gruppo di Biancavillesi si è ancora mosso verso la città di Caltanissetta. Scesi dal Pullman nella centralissima piazza Garibaldi dove si affaccia il Duomo, la chiesa di S. Sebastiano e dove sta discreta la fontana del Tritone. Accolti da un cultore di storia locale, il Prof. Alberto Maira dell’Associazione “Alleanza Cattolica”, i Pellegrini hanno visitato la barocca Chiesa Cattedrale quasi interamente affrescata dal pittore fiammingo Guglielmo Borremans e ammirati alcuni dei gruppi statuari dei “Misteri” come l’artistico e suggestivo fercolo del Cristo Morto e l’Immacolata, lavorata in lamine d’argento. La serata nissena è poi proseguita con la visita della chiesa di S. Agata, anch’essa in uno stile “barocco romano” dove è stato vissuto un breve momento di Adorazione eucaristica con possibilità di confessioni. Una passeggiata con un gelato nell’ampio Corso Umberto I ha quasi concluso la giornata. Sulla via del ritorno, la recita del S. Rosario con meditazioni, canti e litanie della B. V. Maria dell’Elemosina ha chiuso “santamente” la giornata di pellegrinaggio con la consapevolezza di aver rinsaldato e radicato in Cristo la fede di ognuno con l’ausilio e il conforto materno della Vergine SS.ma.

Tra le prossime iniziative in programma è il Pellegrinaggio “Ad Petri sedem” che si svolgerà dal 30 luglio al 5 agosto prossimi, con l’udienza del Santo Padre Benedetto XVI  a Castel Gandolfo. I pellegrini faranno poi tappa ad Assisi per il grande Perdono del 2 agosto. Ulteriori tappe in programma: Caserta, Napoli e Capri.

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