L’Italia tutta omaggia un grande artista che ha cantato e testimoniato la sua fede. Il nostro personale ricordo della sua presenza a Biancavilla, in occasione delle festività patronali di ottobre di alcuni anni fa.

di Alessandro Scaccianoce

Fra tre giorni avrebbe compiuto 69 anni. Ha fatto cantare diverse generazioni. Una delle voci più caratteristiche d’Italia. Passato dal Jazz alla musica pop, ha lasciato dei grandi capolavori musicali. Tra i suoi migliori lavori c’è “I.N.R.I.”, l’espressione dell’incontro con il Signore Crocifisso. Nel 1997 cantò davanti a Giovanni Paolo II: «uno dei più grandi momenti della mia vita» dichiarò. Nel 2007 fu tra i protagonisti de “La Notte dell’Agorà” in occasione del grande raduno di Benedetto XVI con i giovani delle diocesi italiane a Loreto. Cantò “Se io fossi un angelo” (1986). Non si definiva un convertito: «Credo in Dio da quando ero bambino». Frequentava la messa domenicale nella Basilica di San Domenico a Bologna, come mi hanno confermato personalmente alcuni amici frati domenicani, che lo ricordano devoto ad assistere alla Santa Messa. Testimoniava la sua fede senza imbarazzo.

Noi stessi, della redazione SME, lo ricordiamo quando, venuto a Biancavilla per un mega-concerto, in occasione delle festività patronali di ottobre, chiese espressamente di partecipare alla Santa Messa in onore di San Placido che si celebrava quel 5 ottobre 2002. Vi assistette con un  una semplicità disarmante, dietro ad un banco della Basilica, tra fedeli comuni. Si inginocchiò alla consacrazione, come molti altri fedeli, e diede la sua offerta (generosa) nel cestino delle offerte, durante la colletta. Noi tutti guardavamo stupiti, anche un po’ imbarazzati nel dover cantare la Messa davanti a lui (un “X factor” anzitempo?). Un grande artista, per cui la folla da lì a poco avrebbe urlato e cantato in una piazza Roma gremita come in poche altre occasioni da gente proveniente da varie parti della Sicilia. Era lì, in preghiera, come tutti gli altri. “Sono venuto qui perché è la festa del Santo – confidò al Prevosto Antonino Tomasello. Innanzitutto dobbiamo festeggiare lui“. Fu la sua unica preparazione per il concerto. Che fu un grande successo.

Il suo anelito religioso ha attraversato in filigrana la maggior parte dei suoi lavori. Prorio uno dei più grandi successi, «4 marzo 1943», è animato da una speranza che caratterizza anche una storia difficile, come quella di un uomo cresciuto senza un padre, nato da un’avventura – forse una violenza – al tempo della guerra tra un soldato e una ragazza di appena 16 anni. Il protagonista si chiamava “Gesù Bambino”. Come a dire che anche nelle condizioni più degradate in cui può svolgersi talvolta la vita di un uomo (“e ancora adesso che bestemmio e bevo vino…” era la versione originale del testo), resta impressa e indelebile nel suo cuore la somiglianza con Dio.  In questa storia c’è un grande inno alla vita (“e benché non sapesse il nome / e neppure il paese / m’aspetto’ come un dono d’amore / fino dal primo mese”). E se quella donna avesse abortito? Non avremmo avuto il 4 marzo 1943… A proposito ebbe a dichiarare: «Reputo l’aborto una cosa negativa. La vita va difesa sempre e comunque, dal suo momento inziale sino alla fine naturale»

L’arte, per Lucio, nasce da un cuore aperto oltre la propria dimensione terrena: «Non ho mai pensato – dichiarò nel 2007 – che dall’uomo potessero uscire risorse e fantasie che non dipendessero da un’apertura dell’anima verso le cose che non sono visibili». E’ stato un grande estimatore di Papa Benedetto XVI. Ha apprezzato molto l’ultimo libro del Papa, Gesù di Nazareth: «Mi è piaciuto quando parla del Discorso della Montagna, che assieme alla Crocifissione è il momento più straordinario del Vangelo».

Simpatie comuniste? Si esibì, è vero, ai Festival dell’Unità e ai raduni comunisti-marxisti. Ma non perse l’occasione per fare chiarezza in merito: «non sono mai stato né marxista, né comunista. Se mi sono esibito alle manifestazioni di sinistra è perché sono un professionista: gli organizzatori mi hanno pagato ed io ho cantato. Punto. Non credo che un cattolico – perché io tale sono – debba rifiutare le offerte che gli vengono fatte solo per una questione ideologica».

In queste parole, credo, ci possa essere tutto il suo ritratto umano e spirituale «Sono cristiano, sono cattolico, credo fermamente in Dio e professo la mia fede sempre. La fede cristiana è il mio unico punto fermo, è l’unica certezza che ho. La fede è una grande certezza in una società come la nostra che diviene ogni giorno più complessa, più enigmatica. La nostra società moderna ha un grande bisogno di fede. Nelle mie canzoni ci sono molti valori cristiani. Metterei l’accento sulla parte umanistica della vita, quello che cerco attraverso le mie canzoni è invitare ad aumentare la propria coscienza. Ho trovato una grande forza nelle parole dei Salmi, non lasciano indifferenti».

Coerentemente, per lui la morte era solo la fine di una tappa. Grati per la sua testimonianza, gli auguriamo un buon inizio.

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