Sterili polemiche  all’indomani dei funerali di Lucio Dalla. Lobbies gay e ideologi laicisti non perdono l’occasione per lanciare le loro accuse alla Chiesa. E’ possibile, ci chiediamo noi, apprezzare una persona senza identificarla per le tendenze sessuali? L’omosessualità, laddove sussista, si può vivere anche cristianamente. E non è ipocrisia.
 
di Alessandro Scaccianoce
 
Volevano fare di Lucio Dalla la loro bandiera, l’ennesimo simbolo dell’orgoglio gay. Ma non ci sono mai riusciti, perchè il cantante era «una persona di grande fede» che non ha «mai voluto conclamare la propria omosessualità». A fare chiarezza, autorevolmente, è il confessore del grande cantautore bolognese, che respinge le accuse di ipocrisia lanciate contro la Chiesa cattolica da una giornalista come Lucia Annunziata, che ha ritenuto con queste parole di dover difendere la “cultura dell’orgoglio gay”:
“I funerali di Lucio Dalla sono uno degli esempi più forti di quello che significa essere gay in Italia: vai in chiesa, ti concedono i funerali e ti seppelliscono con il rito cattolico, basta che non dici di essere gay. È il simbolo di quello che siamo, c’è il permissivismo purché ci si volti dall’altra parte”.
Queste posizioni, sono state sponsorizzate, guarda caso, dalle colonne del quotidiano “La Repubblica”. Il commento migliore è quello di padre Boschi: «Questi soloni che imperversano non sanno niente della Chiesa, che condanna il peccato, ma non il peccatore, soprattutto se questi fa un certo cammino». Si tratta di attacchi «micidiali sul piano umano» ha aggiunto il padre domenicano. «Sono andato tante volte a casa di Lucio – dichiara –  c’era anche Marco Alemanno e non ho mai visto nulla». Sbaglia, secondo il sacerdote, chi ha malinteso la sua mano verso il giovane. «Era un povero ragazzo che soffriva – sottolinea – si dà quello che si ha e dobbiamo dare il bene. Ma se dentro le persone c’è la malizia, uno la vede ovunque». Taglia corto anche monsignor Giovanni Silvagni, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Bologna: «Non è stata la celebrazione di un funerale omosessuale, ma il funerale di un uomo». Tali polemiche, secondo il Vicario vogliono soltanto «spostare il tema su un aspetto secondario, una strumentalizzazione tardiva che si commenta da sola».
E che Dalla non avesse alcuna intenzione di dichiararsi gay lo conferma anche un’intervista del 1979 da lui rilasciata alla rivista «Lambda», che è possibile reperire anche in rete. Dalla si rifiutò di dirsi gay e di fare dell’identità sessuale una questione pubblica: «Non mi interessa parlartene – dice – perché dovremmo stare sulla questione per giorni interi. E poi credo che non ve ne sarebbe bisogno, nel caso fosse vero. Io sostengo che ognuno deve comportarsi correttamente secondo la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma fare dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo. Non appartengo a nessuna sfera sessuale».«Sono un uomo isolato – aggiunge – ecco perché mi rifiuto di collocarmi nel Pci, col quale non ho alcuna “area culturale” in comune. Sono un uomo abbastanza appartato anche a livello di sentimenti. Sono solo perché lo voglio essere, organizzo il mio mondo forse malinconicamente ma con coraggio, mi sento molto vicino al mondo del lavoro».Infine, il cantautore chiarisce una volta per tutte: «Non mi sento omosessuale, ma veramente, spero che lo capisca. La mia cultura non è una cultura omosessuale, il mio modo di organizzare il lavoro non è omosessuale, ho amici quasi tutti eterosessuali; ho anche amici omosessuali che rispetto e ai quali voglio molto bene. Sono un uomo molto confuso, in tutto, ma credo che gli uomini abbiano il diritto a essere confusi, perché sono sgradevoli quelli che si ritengono conclusi».

Anche per questo ieri padre Boschi ha aggiunto: «Ho avuto una sensazione molto sgradevole, di mancanza di civiltà nel leggere le polemiche sui giornali. Quelli che criticano sono sciacalli, iene. Sputano sentenze su cose più grandi di loro».

Si parla tanto di libertà e di rispetto delle scelte individuali di ciascuno. Ma questo, evidentemente, sembra vero solo in una direzione. Chi sceglie infatti di vivere la propria esistenza senza aderire ai dogmi della cultura imperante viene automaticamente tacciato di ipocrisia. E’ possibile non parlare in pubblico delle proprie tendenze sessuali?
Sono ben presenti alla nostra memoria le polemiche di alcuni giornalisti moralisti-bacchettoni quando la Chiesa, a loro dire, ha negato i funerali (caso Welby). Stavolta qualcuno ha voluto scandalizzarsi perchè la Chiesa ha concesso i funerali.
Ricordiamo in proposito, richiamando le parole di Cantuale Antonianum che “la Chiesa mai e poi mai condannerà le inclinazioni o le tendenze di chichessia. Sono solo le azioni ad essere giustamente definite un peccato. Sia omo che etero, ricordiamolo bene. E nessuno fa un processo alle intenzioni o ai sospetti.
Dove non solo non c’è certezza dei fatti, ma c’è pure il segno di una tenace volontà di adempiere ai precetti di Cristo e della Chiesa, con una vita più coerente possibile con il proprio credo, e pur con tutte le difficoltà poste dai limiti umani, perché mai, mi si spieghi, si dovrebbe negare il funerale cristiano, che è – tra l’altro – una invocazione per il perdono dei peccati che Dio conosce (e noi no)?”. Per il funerale in chiesa, infatti, a norma del Diritto canonico, viene accolto ogni fedele, in tal modo accompagnato con la preghiera davanti al giudizio di Dio, che abbia riconosciuto in vita di essere un peccatore bisognoso della misericordia di Dio. Non c’è quindi nessuna ipocrisia, solo criteri chiari che sanno distinguere il peccato dal peccatore.
Il fatto che ci si dichiari credenti  – sono nozioni basi, ma giova ribadirle – non vuol dire essere senza peccato, giusti o irreprensibili. Il credente è chi ha coscienza di essere creatura limitata e finita ma amata dal Padre al di là di ogni debolezza umana. Forse a qualcuno può dar fastidio chiamare certi atti come peccato. Specialmente se questo peccato viene sbandierato “orgogliosamente” come condizione di libertà e di emancipazione.  Ma è la realtà che ci impone uno sguardo obiettivo. Altra cosa è invece ciò che si agita nel cuore dell’uomo e il modo in cui ciascuno vive la prospria esistenza. Così commenta oggi La Bussola Qotidiana: “Lucio Dalla non aveva mai voluto parlare della sua vita privata, e di quello che aveva nel cuore a noi non è dato né sapere né giudicare.  Né ci deve interessare”. C’è una sfera che non può entrare nel giudizio di nessun giornalista o attivista gay di turno: è la coscienza, involabile e intangibile, di ogni uomo.
 
 
Di seguito il link al lucido commento di Giuliano Ferrara nella puntata di Radio Londra di ieri sera:

 
 
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