Con lui scompare una generazione di preti che ha fatto la storia.

Nel pomeriggio di oggi, alle ore 16, saranno celebrate le esequie presso la chiesa dell’Annunziata. A presiederle, l’arcivescovo di Catania mons. Salvatore Gristina. P. Brancato è passato alla vita eterna a quasi 99 anni di età, all’inizio della Novena in preparazione alla festa dell’Immacolata concezione di Maria, figura che amava tanto, ponendo nelle mani della Vergine, fatiche e speranze per la Chiesa e per il mondo.   

In queste ore tante cose si sono dette sulla figura di don Placido Brancato, uno dei più longevi sacerdoti della Diocesi di Catania. Vari ricordi personali hanno rievocato la sua figura di sacerdote e di educatore.

Con questo contributo (anche per immagini) cerchiamo di riflettere su un ulteriore aspetto: padre Brancato è l’ultimo prete di una generazione di sacerdoti che non rivedremo più.

Fu ordinato il 18 ottobre del 1942, ben 20 anni prima dell’inizio del Concilio Vaticano II.

Educato alla “vecchia scuola” del Concilio di Trento, fu anche tra i primi ad accogliere il cambiamento voluto dall’assise della Chiesa universale per rinnovare l’annuncio del Vangelo.

Accolse il nuovo, ma conservò anche ciò che di valido riconosceva nella lunga tradizione della Chiesa: quarantore, esercizi spirituali, devozioni, predicazioni, missioni popolari, formazione catechetica ferrea.

È stato l’ultimo di una classe di preti che hanno fatto la storia della Comunità ecclesiale di Biancavilla e hanno inciso anche su quella civile. Educatore e costruttore, intransigente sui princìpi, ma vicino alla gente, forte e determinato, con una vera passione per l’apostolato: creò gruppi, curò lo stato d’anime, introdusse la peregrinatio Mariae, i centri d’ascolto, celebrò Messe ovunque, nelle case, nei cortili, negli angoli più sperduti.

Il suo obiettivo era arrivare ai “lontani” e particolarmente desiderava raggiungere gli uomini e i giovani, sin dai tempi in cui seguiva la FUCI presente nella chiesa madre della città.

Austero e poco avvezzo ad esternazioni sentimentali, era schivo dai complimenti e dagli apprezzamenti, sapeva mostrare affetto e gratitudine con semplicità.

C’era posto per tutti nella sua visione ecclesiale. Per tutti immaginava un posto in parrocchia in cui mettersi a servizio.

Nella Parrocchia Annunziata, dove fu parroco per lunghi anni, divenne martellante la sua proposta delle “due ore del povero”, per invitare ciascuno ad offrire il bene più prezioso: il tempo, mettendo a disposizione dei vari bisogni della comunità due ore di tempo a settimana, in una vera e propria “banca del tempo”. Intraprendente, entusiasta, uomo all’antica, eppure tanto moderno, sempre avanti nelle idee e nel desiderio di aggiornarsi.

Affascinato dalla figura di don Bosco nell’educazione dei ragazzi, fu altrettanto appassionato sostenitore del Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, di cui ogni mese diffondeva la “Parola di vita”: la pace, la giustizia, la fratellanza umana in Cristo i capisaldi del movimento. “Tutto vince l’amore” può essere considerato davvero il suo motto, ma l’amore inteso non come sentimento sdolcinato, ma come volontà decisa e ferma di fare il bene.

Non guidò mai l’auto, eppure si appassionò al computer e al telefonino. Non restava mai indietro, sempre al passo coi tempi, spesso precedendoli e anticipandoli.

Aveva un grande senso del dovere, non concepiva per sé vacanze o tempo libero, al di fuori degli esercizi spirituali. Tempra forte, nel fisico come nello spirito.

L’ultimo, dicevamo, di una generazione di preti che hanno fatto la storia di Biancavilla.

Come lui, mons. Giosuè Calaciura, fondatore dell’ospedale e dell’Opera Cenacolo “Cristo Re”, mons. Carmelo Maglia, storico rettore del Piccolo Seminario, padre Salvatore Greco, fondatore e costruttore della parrocchia del Sacro Cuore, padre Carmelo  Salamone, della parrocchia di Cristo Re, padre Salvatore Spoto, tenace parroco dell’Idria. Tutti discepoli dell’indimenticabile canonico Placido Caselli.

Fatti con il vecchio stampo, uomini forti, energici, zelanti, appassionati, determinati, forse anche testardi. Eppure hanno educato intere generazioni e hanno segnato la vita ecclesiale, ma anche quella civile, negli anni in cui l’impegno dei cattolici in politica era determinante. Uomini grandi, che hanno inciso profondamente sul cuore della gente e sulla promozione umana e sociale della città.

Preti di cui sentiremo la mancanza, perché uomini di “pasta antica”, ma valida e determinata. Ogni uomo è figlio del suo tempo, ma uomini come loro lasciano il segno e, purtroppo, anche un grande vuoto.

Tra le sue ultime presenze pubbliche, lo ricordiamo in occasione della festa della Madonna dell’Elemosina, il 4 ottobre scorso presso la Basilica Santuario e il 16 ottobre, all’Annuziata, in occasione dell’ingresso in parrocchia del successore del suo successore.  

(Foto:  Archivo SME, Archivio Parrocchia Annunziata, Archivi privati)

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