Quaresima: penitenza e gioia

di Alessandro Scaccianoce

All’inizio della Quaresima, tempo favorevole – Tempus propitius, Dies salutis, dice San Paolo -, dopo tutte le considerazioni fatte nei precedenti post sul senso e il valore della penitenza (altre ne seguiranno), ci sembra importante precisare che la Quaresima non è un periodo triste di privazioni in cui la Chiesa impone rinunce e sacrifici per un odio pregiudiziale verso i piaceri della vita (come qualcuno potrebbe pensare, sulla scorta del filosofo Nietzsche). La penitenza, infatti, che segna opportunamente questo tempo liturgico, ha lo scopo di liberare la nostra coscienza dal peso del peccato e di farci riappropriare di ciò che davvero conta. Il digiuno, e le altre pratiche di austerità che la Chiesa incoraggia in  questo periodo, se da un lato impongono la privazione di un bene materiale, d’altro l’alto hanno lo scopo di affermare un bene ben più grande, una gioia più grande. Quaresima, dunque, è il tempo della liberazione progressiva dal peso delle nostre colpe. Per questo “penitenza” non fa coppia con “tristezza”, ma ritorno all’essenziale, alla profondità della nostra coscienza. Alla Quaresima si accompagna, quindi, un atteggiamento di speranza nella possibilità di essere liberati da ciò che ci lega e ci opprime!

Come insegna un finissimo pensatore cristiano come don Giussani: “Chi ha la coscienza del proprio peccato ha anche coscienza della propria liberazione”. Perché il senso di colpa, il rimorso o lo scetticismo non sono “coscienza del peccato” cristianamante inteso. 

Lo spiega bene Benedetto XVI quando afferma:

<<La Quaresima nell’opinione comune, rischia di essere connotata dalla tristezza, dal grigiore della vita. Invece essa è dono prezioso di Dio, è tempo forte e denso di significati nel cammino della Chiesa, è l’itinerario verso la Pasqua del Signore. Occorre, pertanto, Vivere il tempo“forte” della Quaresima, come itinerario gioioso verso la Pasqua,  come momento di conversione autentica a Dio>>.

Allora si capisce che il cammino della Quaresima per un cristiano è importante come la primavera per la natura, perché è la primavera dello spirito. E’ il momento in cui rinasce, riprende il cammino verso la santità. Tutta la storia, infatti, è orientata verso una meta ultima in cui l’ultima parola è: vita.

Benedetto XVI: Quaresima, tempo delle decisioni mature

Dalla Catechesi del Santo Padre Benedetto XVI pronunciata oggi, in coincidenza con l’inizio della Quaresima.

Quaranta – ha sottolineato il Santo Padre – è “un tempo entro cui occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rimandi” perché questo “è il tempo delle decisioni mature“. “Cari fratelli e sorelle, in questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione possiamo ritrovare nuovo coraggio per accettare con pazienza e con fede ogni situazione di difficoltà, di afflizione e di prova, nella consapevolezza che dalle tenebre il Signore farà sorgere il giorno nuovo. E se saremo stati fedeli a Gesù seguendolo sulla via della Croce, il chiaro mondo di Dio, il mondo della luce, della verità e della gioia ci sarà come ridonato: sarà l’alba nuova creata da Dio stesso. Buon cammino di Quaresima a voi tutti!”. Papa Ratzinger ha spiegato che “con una espressione diventata tipica nella Liturgia la Chiesa denomina il periodo nel quale siamo entrati oggi ‘Quadragesima’, cioè tempo di quaranta giorni e, con un chiaro riferimento alla Sacra Scrittura ci introduce così in un preciso contesto spirituale” visto che “quaranta è infatti il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del Popolo di Dio” sottolineando come questa sia “una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è fedele alle sue promesse“. Il Papa ha ricordato quindi che quaranta sono i giorni passati da Gesù nel deserto per nutrirsi “della Parola di Dio, che usa come arma per vincere il diavolo”. “In questi tempi di ‘deserto’ e di incontro speciale col Padre, Gesù si trova esposto al pericolo ed è assalito dalla tentazione e dalla seduzione del maligno, il quale gli propone una via messianica lontana dal progetto di Dio, perché passa attraverso il potere, il successo, il dominio e non attraverso il dono totale sulla Croce” spiega Papa Benedetto XVI, che precisa: “Questa è l’alternativa al messianismo di potere, di successo: un messianismo di amore, di dono di sé“. Il Papa quindi riflette sul fatto che “questa situazione di ambivalenza descrive anche la condizione della Chiesa in cammino nel ‘deserto’ del mondo e della storia. In questo ‘deserto’ noi credenti abbiamo certamente l’opportunità di fare una profonda esperienza di Dio che rende forte lo spirito, conferma la fede, nutre la speranza, anima la carità; un’esperienza che ci fa partecipi della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte mediante il Sacrificio d’amore sulla Croce. Ma il ‘deserto’ è anche l’aspetto negativo della realtà che ci circonda: l’aridità, la povertà di parole di vita e di valori, il secolarismo e la cultura materialista, che rinchiudono la persona nell’orizzonte mondano dell’esistere sottraendolo ad ogni riferimento alla trascendenza. E’ questo anche l’ambiente in cui il cielo sopra di noi è oscuro, perché coperto dalle nubi dell’egoismo, dell’incomprensione e dell’inganno. Nonostante questo, anche per la Chiesa di oggi il tempo del deserto può trasformarsi in tempo di grazia, poiché abbiamo la certezza che anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l’acqua viva che disseta e ristora“.

San Gregorio Magno: Dona agli altri ciò di cui ti privi nel digiuno

Cominciamo oggi i santi quaranta giorni di Quaresima e conviene esaminare attentamente perché questa astinenza è osservata per quaranta giorni. Mosé, per ricevere la Legge la seconda volta, ha digiunato quaranta giorni (Gen 34,28). Elia, nel deserto, si è astenuto dal mangiare quaranta giorni (1Re 19,8). Il Creatore stesso, venendo tra gli uomini, non ha preso alcun cibo per quaranta giorni (Mt 4,2). Sforziamoci anche noi, per quanto possibile, di tenere a freno il nostro corpo con l’astinenza in questi santi quaranta giorni…, per divenire, secondo la parola di Paolo, «sacrificio vivente» (Rom 12,1). L’uomo è offerta vivente e al tempo stesso immolata (cfr Ap 5,6) quando, pur non lasciando questa vita, fa morire però in sé i desideri mondani.

E’ soddisfare la carne che ci ha trascinato al peccato (Gen 3,6); la carne mortificata ci conduca al perdono. L’autore della morte, Adamo, ha trasgredito i precetti della vita mangiando il frutto proibito dell’albero. Bisogna dunque che noi, privati delle gioie del paradiso a causa del cibo, ci sforziamo di riconquistarle con l’astinenza.

Tuttavia nessuno creda che basti l’astinenza. Il Signore dice per bocca del profeta: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio? dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne» (Is 58,7-8). Ecco il digiuno che Dio vuole…: digiuno attuato nell’amore del prossimo e impregnato di bontà. Dà quindi agli altri ciò di cui ti privi; così la penitenza del tuo corpo gioverà al benessere del corpo del prossimo che ne ha bisogno.

San Gregorio Magno (circa 540-604), Papa e Dottore della Chiesa
Omelia  sul Vangelo, n° 16, 5.

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