Mobilitazione per l'anno delle Fede

Rivolgersi con particolare devozione a Maria SS.ma

Il Card. William Levada indica i compiti della Chiesa universale.

di Antonio Gaspari

Con una Nota con Indicazioni Pastorali per l’anno della Fede, la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha lanciato una mobilitazione che coinvolgerà tutti i componenti della Chiesa universale.
Nella nota, diffusa sabato 7 gennaio, il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione ha dato seguito alla Lettera apostolica Porta fidei dell’11 ottobre 2011, annunciando che l’Anno della fede avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
L’inizio dell’Anno della fede coincide non solo con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, ma anche con il ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Il Concilio Vaticano II e la pubblicazione del Catechismo sono due eventi che hanno segnato profondamente la storia della Chiesa, anche se forse non c’è stata abbastanza riflessione e studio.
Secondo la Nota la riflessione su questi due eventi è decisivo per “un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede”.

Il Cardinale Levada ha spiegato che la Nota è stata redatta dalla Congregazione su incarico di Papa Benedetto XVI, in accordo con i competenti Dicasteri della Santa Sede e con il contributo del Comitato per la preparazione dell’Anno della Fede.
Le indicazioni precise e dettagliate sono numerate in dieci per ognuno dei quattro ambiti: i componenti della Chiesa universale, le Conferenze Episcopali, le Diocesi, e le parrocchie, comunità, associazioni, movimenti.
C’è una particolare raccomandazione perchè nell’anno della Fede bisognerà “invitare i fedeli a rivolgersi con particolare devozione a Maria, figura della Chiesa, che in sé ‘compendia e irraggia le principali verità della fede” per questo “risulterà quanto mai conveniente effettuare pellegrinaggi, celebrazioni e incontri presso i maggiori Santuari”.
Si annunciano innumerevoli convegni particolarmente dedicati alla riscoperta degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Si invitano tutti i membri della Chiesa universale ad “un’accoglienza più attenta delle omelie, delle catechesi, dei discorsi e degli altri interventi del Santo Padre”.
Le Conferenze Episcopali sono invitate a “dedicare una giornata di studio al tema della fede”, alla ripubblicazione dei Documenti del Concilio Vaticano II, del Catechismo della Chiesa Cattolica e del suo Compendio, anche nelle lingue dove non sono mai state tradotte.
Le conferenze episcopali sono invitate anche a diffondere la conoscenza dei Santi del proprio territorio, utilizzando anche i moderni mezzi di comunicazione sociale. Così come a far conoscere “il patrimonio delle opere d’arte reperibili nei luoghi affidati alla loro cura pastorale”.
La Nota sottolinea che “i docenti nei Centri di studi teologici, nei Seminari e nelle Università cattoliche sono invitati a verificare la rilevanza, nel loro insegnamento, dei contenuti del Catechismo della Chiesa Cattolica e delle implicazioni derivanti per le rispettive discipline”.
Insieme a strumenti di carattere apologetico la Nota auspica “una verifica dei catechismi locali e dei vari sussidi catechistici in uso nelle Chiese particolari, per assicurare la loro piena conformità con il Catechismo della Chiesa Cattolica”.
A questo proposito viene ritenuta opportuna “una verifica della presenza dei contenuti del Catechismo della Chiesa Cattolica nella Ratio della formazione dei futuri sacerdoti e nel Curriculum dei loro studi teologici”.
Ai Vescovi ed Arcivescovi viene chiesto di organizzare una solenne conclusione dell’anno della Fede. Una Lettera pastorale sul tema della fede ed una giornata di riflessione sul Catechismo della Chiesa Cattolica.
Inoltre si invitano i Vescovi ad “organizzare, specialmente nel periodo quaresimale, celebrazioni penitenziali in cui chiedere perdono a Dio, anche e specialmente per i peccati contro la fede”.
Per le parrocchie, comunità, associazioni e movimenti, si propone di leggere e meditare attentamente la Lettera apostolica Porta fidei del Santo Padre Benedetto XVI. Nelle parrocchie si auspica un rinnovato impegno nella diffusione e nella distribuzione del Catechismo della Chiesa Cattolica o di altri sussidi adatti alle famiglie.
Alle Comunità contemplative viene chiesto dedicare una particolare intenzione alla preghiera per il rinnovamento della fede nel Popolo di Dio e per un nuovo slancio nella sua trasmissione alle giovani generazioni.
In conclusione la Nota ricorda che la Fede è “compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi” e che “impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo”.

L’Associazione SME a Calascibetta e Sutera

Pellegrinaggio mariano dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” a Calascibetta (EN) e visita del Presepe vivente di Sutera (CL).

Redazione SME

Sabato 7 gennaio scorso, primo sabato di mese, l’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”, ha vissuto un’ intensa giornata di spiritualità, cultura e fraternità. Mossa in pellegrinaggio alla volta di Calascibetta (EN) “Urbs victoriosa et fedelissima”, si è radunata nel Santuario barocco della Madonna del Carmine, già officiato dai Padri Carmelitani, dove troneggia il venerato gruppo statuario dell’Annunciazione di scuola gaginiana. La S. Messa celebrata dall’Assistente Spirituale, Don Pino Salerno e concelebrata da Don Ambrogio Monforte, ha avuto il suo culmine nel Divino Sacrificio eucaristico proseguito dall’affidamento dei Soci alla Vergine Santissima col canto dell’antifona mariana “Alma Redemptoris Mater”. Dopo l’accoglienza dell’Arciprete-Parroco della cittadina, Don Giuseppe D’Anna e dell’Assessore alla Cultura, Rosario Benvenuto, che hanno dato ai pellegrini biancavillesi il saluto della comunità ecclesiale e civile xibetana e ricambiato dal Presidente dell’Associazione SME, Giuseppe Santangelo, i 106 pellegrini si sono messi in cammino per visitare i maggiori luoghi storici e culturali della comunità ennese: la trecentesca Matrice dedicata a S. Maria Maggiore e a S. Pietro Apostolo con l’annessa Regia Cappella Palatina del 1340, la neoclassica chiesa di S. Giuseppe officiata dalla Comunità Greco-Ortodossa, l’austero Convento dei Frati Cappuccini, nonché il Carcere borbonico scavato sulla gialla roccia, come ancora alcuni insediamenti rupestri di epoca tardo romana (tutte opere architettoniche di notevole pregio artistico rimesse a nuovo e consegnate alla collettività per la loro fruizione cultuale e culturale). Non meno interessante il magnifico panorama che a 360° è stato ammirato dalla rupe della Chiesa madre e che a ciel sereno abbraccia praticamente tutta la Sicilia. L’ora del pranzo è stata vissuta nei locali posti a disposizione dal Santuario dove tra una pietanza e l’altra, si sono realizzati momenti di sana allegria e spensierata giovialità dati dalle ricche parodie ed imitazioni… grandi e piccoli sono stati attori e protagonisti di comiche scenette. Nel primo pomeriggio i due pullmans si sono diretti a Sutera (CL), alle porte dei monti Sicani, quasi al limite della provincia di Agrigento. Lì, in quell’antichissimo e piccolissimo centro urbano si compie da 14 edizioni il “Presepe vivente suterese”. Il quartiere musulmano del “Rabato”, diventa lo scenario naturale per allestire il tradizionale presepe siciliano con tutti i mestieri e attività tipiche della tradizione contadina isolana. Tra strette viuzze e scoscesi dirupi di un villaggio ormai quasi del tutto disabitato, rivive con suoni, odori e canti il Mistero sempre vivo perché eterno dell’incarnazione e della nascita del Figlio di Dio. Nell’occasione, il folto gruppo dei biancavillesi ha avuto l’opportunità di esibirsi con i canti natalizi dialettali etnei, riscuotendo plauso e simpatia dai canterini suteresi e dai tantissimi visitatori provenienti da varie parti della Sicilia. Sulla via del ritorno, la recita del S. Rosario, scandito con i tradizionali canti della Beata Vergine Maria, ha riscaldato i cuori e le membra in una giornata assolata ma dalle bassissime temperature atmosferiche.

L'astro del ciel che guidò i Magi è veramente esistito?

la Prof.ssa Flavia Marcacci spiega i fenomeni astronomici del tempo

di Antonio Gaspari

E’ vero che la nascita di Gesù coincise con il passaggio nel cielo di una Stella cometa? Oppure si trattò della coincidenza di astri luminosi? Altri parlano di una stella di spettacolare luminosità.

E’ vero che i magi seguirono la stella per arrivare alla nascita di Gesù? Che cosa dicono al riguardo le fonti storiche? e quella astronomiche? Chi suggerì a Giotto di dipingere la stella cometa?

Sono innumerevoli le domande sulla veridicità del fenomeno astronomico che si sarebbe verificato alla nascita di quel bambino che si diceva figlio di Dio e che diede vita al Cristianesimo.

Per cercare di chiarire il mistero viene intervistata la professoressa Flavia Marcacci Docente di Storia del pensiero scientifico presso la Pontificia Università Lateranense.

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Il Protovangelo di Giacomo e Origene parlano di una stella cometa o qualcosa di simile. Alcuni parlano della cometa di Halley che sembra fu visibile nel 12 a.C., anche se la maggior parte degli storici, datano la nascita di Gesù tra il 7 e il 4 a.C. Lei che ne pensa?

Marcacci: Il Protovangelo di Giacomo parla di una “stella” al capitolo 21. Questa stella avrebbe preceduto i Magi nel loro itinerario fino a fermarsi sopra la grotta della Sacra Famiglia. Rispetto al Vangelo di Matteo (cap. 2), che è l’unico in cui si menziona la stella, il Protovangelo aggiunge un dettaglio: si trattava di una “stella grandissima”, di notevole splendore, tale da offuscare le altre stelle del cielo. Gli altri Vangeli non citano l’astro né i Magi. In compenso Luca parla di un angelo che sorprese con la sua luce i pastori (2,9) e della moltitudine dell’esercito celeste che glorificava Dio (2,13-14). Ora, la luce in generale ha un valore simbolico importantissimo – si pensi anche al prologo del Vangelo di Giovanni. Si potrebbe allora dire subito che la stella dei Magi ha sicuramente un significato simbolico anch’essa, tanto più che nella tradizione giudaica essa rappresentava un segno messianico: tale lettura è ad oggi ampiamente condivisa dagli esegeti. Origene svolge invece un ruolo particolare proprio se guardiamo alla storia dell’esegesi del brano di Matteo: prima di lui si guardava alle stelle come a vere e proprie personificazioni, per motivi che potremmo definire culturali. La fisica, la filosofia della natura antica considerava i cieli abitati da intelligenze organizzate in sfere successive, secondo un uso e una sensibilità che potremmo dire di stampo pitagorico-platonico – correndo il rischio di scivolare in semplificazioni ingenue. Anche Aristotele risente di questa impostazione, ma addebitando il ripetersi identico dei moti dei cieli non ad una intelligenza personale, bensì ad una impersonale Causa Prima (il Motore Immobile, appunto). Nell’antichità, però, era presente anche un’altra linea di pensiero, una vera e propria astrolatria. Già la sapienza del vicino Oriente associava in maniera diretta l’idea di “dio” all’immagine della stella. Così i Greci, ad esempio, mutuarono da qui l’uso di associare nella nomenclatura dei e pianeti, sebbene entro un rapporto storicamente così articolato per cui non fu per nulla immediata l’identificazione tra gli dei e gli astri; i Romani, d’altra parte, continuano ad usare queste corrispondenze, come si evince in autori come Macrobio (V secolo). Ma potremmo continuare citando la Gnosi che costruisce una sorta di geocentrismo divinizzato. In questo quadro così interessante e variegato Origene (185-254) sembra alludere all’evento celeste di Betlemme come ad un fatto naturale, ordinario.

In questo quadro così interessante e variegato Origene (185-254) sembra alludere all’evento celeste di Betlemme come ad un fatto naturale, ordinario

Nel 1977 un gruppo di ricercatori inglesi (Clark, Parkinson e Stephenson) hanno rilevato che gli annali astronomici cinesi registrano nel marzo del 5 a.C. l’apparizione di un oggetto brillante, probabilmente una nova, che rimase visibile per circa 70 giorni tra le costellazioni dell’Aquila e del Capricorno. E’ possibile?

Marcacci: Non è certamente la cometa di Halley, i cui passaggi sono stati puntualmente elencati dall’astronomo Paolo Maffei in un libro interamente dedicato alla questione (La cometa di Halley dal passato al presente, Milano 1987). Il passaggio della cometa più prossimo alla nascita di Cristo dovette essere del 12 a.C. Anche se teniamo conto delle correzioni da apportare alla datazione della nascita di Cristo, che erroneamente Dionigi il Piccolo posticipò di 5-7 anni, c’è comunque un certo scarto temporale. In realtà la cometa di Halley è quella che Giotto rappresentò nella Cappella degli Scrovegni rappresentando l’adorazione dei Magi: aveva assistito all’apparizione della cometa nel 1301, secondo gli studi di R.J.M. Olson, e ne dovette ricevere grande suggestione tanto da volerla rappresentare nel suo ciclo pittorico. Da lì in poi la cometa si configurò come un vero e proprio simbolo del Natale, in realtà particolarmente adatto essendo un oggetto mobile e dunque capace di “anticipare” il percorso dei Magi nell’immaginario collettivo.

Keplero ed altri sostengono che nel 7 a.C. vi fu una triplice congiunzione di Giove e Saturno verificatasi nel 7 a.C nella costellazione dei Pesci. Gli astronomi caldei, lo avevano previsto sin dall’anno precedente e la tavoletta con la previsione del fenomeno, datata 8 a. C., è stata trovata in ben quattro copie in siti diversi. Qual è il suo parere in proposito?

Marcacci: Molti dati possono giungerci anche dalle tavole dell’astronomia cinese, ricchissime e numerose. Per comprendere l’importanza di queste osservazioni basta tener conto di un dato molto semplice: mentre in Europa in duemila anni si è di fatto prodotta una sola riforma del calendario (quella gregoriana del 1582), in Cina ce ne furono una cinquantina. Non è il caso ora di soffermarsi sui motivi che determinarono tale spiccato interesse, basta un breve cenno all’importanza delle osservazioni celesti (in senso lato, dunque relative a tutti i fenomeni che comparivano in cielo) nell’amministrazione dello stato. L’interesse verso questa astronomia doveva essere notevole se già agli inizi del XVII secolo il gesuita P. Schreck, allievo di Galileo, interpellò il maestro e Kepler perché lo aiutassero a riformare il calendario cinese. In effetti l’organizzazione del cielo cinese risentiva di un’altra concezione astrologica ed era priva di una base teorica solida. I Gesuiti, dotati di una astronomia teorica solida, sebbene ancora divisa tra Copernico e Tolomeo, ottennero la fiducia dell’imperatore sugli astronomi arabi e cinesi per la riforma del calendario, prevedendo con maggior precisione degli altri concorrenti l’eclissi parziale del 21 giugno 1629 (Maffei, cit., pag. 105). Negli anni ’70 si accese un certo dibattito proprio in occasione della lettura delle tavole cinesi: in particolare sollevarono il problema proprio il gruppo di ricercatori inglesi – Clark, Parkinson e Stephenson – rilevando che gli annali astronomici cinesi avevano registrato nel marzo del 5 a.C. l’apparizione di un oggetto brillante, probabilmente una nova, che rimase visibile per circa 70 giorni tra le costellazioni dell’Aquila e del Capricorno. Sempre in quegli anni ci fu Hughes con un intero volume dedicato alla questione “stella di Betlemme” (The Star of Bethlem Mistery, London 1979). Seguirono alcuni articoli di altri studiosi e le ipotesi si articolarono, fino a che oggi sono molteplici: se la stella di Betlemme fosse un oggetto (cometa, nova, supernova) o un fenomeno (congiunzione planetaria, configurazione astrologica, levata eliaca, osservazioni legate alla precessione degli equinozi). Ad oggi la bibliografia sull’argomento continua ad essere nutrita e aggiornata, tale da coinvolgere studiosi importanti. La persistenza dell’interesse verso la questione gode di un illustre precedente risalente sempre al XVII secolo, quando proprio Keplero calcolò che nel 7 a.C. vi fu una triplice congiunzione di Giove e Saturno verificatasi nel 7 a.C nella costellazione dei Pesci (ricca di significati particolari), rievocando un’anticipazione dell’astronomia dei Caldei.

Insomma è plausibile che si sia verificato un fenomeno astronomico particolare in occasione della nascita di Gesù?

Marcacci: Occorre tener conto che in sede storica la scienza può certamente venire in aiuto, ma non dovrebbe costituire una prova in senso stretto. Un po’ come nel caso della famosa eclisse di Talete: non si può pretendere di ottenere una datazione precisa degli eventi della vita di questo Milesio partendo dalla datazione dell’eclisse, perché si rischierebbero fastidiose imprecisioni. Analogamente, non possiamo usare una data – ottenuta da pur validissime considerazioni scientifiche – come surrogato alla carenza di documenti. Né usare un dato scientifico per un qualche concordismo in sede di esegesi. Insomma, al momento non si possono trarre conclusioni definitive ed occorre cautela: resta la valida significazione simbolica della stella, che già può dire quanto serve in relazione al Vangelo di Matteo. Nonostante questo non è escluso che in futuro potremmo avere indicazioni più precise: è importante che la ricerca sulla “cometa di Betlemme” continui. Come sta in realtà sta continuando, dando spazio a molte voci alternative. E resta indubbio che la comprensione scientifica degli oggetti celesti osservabili anche al tempo di Gesù può dare maggior vigore alla percezione della bellezza infinita del creato intorno a noi: noi come i Magi siamo ancora affascinati dal cielo, e guardare in alto è fuor di metafora l’istinto più profondo di ogni cuore e di ogni intelligenza.

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