8xmille e pseudo inchieste: disinformazione e pregiudizio

L’otto per mille può piacere o non piacere. Si può discutere sulla sua opportunità e sulla sua ripartizione. In un Paese democratico ci sta e sarebbe del tutto normale. Anomalo, e assai poco democratico, è spacciare per informazione la menzogna. Mercoledì prossimo esce un nuovo libro sui «privilegi e scandali del Vaticano», dal titolo I senza Dio, scritto da un giornalista dell’Espresso che già nelle scorse settimane aveva tentato qualche maldestro affondo su Ici e «privilegi» ecclesiastici. L’Espresso da ieri in edicola gli regala un generoso spot. Novità? Nessuna. Le contestazioni sono sempre le stesse da quattro anni. Che cosa scrive il settimanale del gruppo di Carlo De Benedetti? Già il sommario è una cortina fumogena mirata a far coincidere Vaticano e Cei, Santa Sede e Chiesa italiana: «Più di un miliardo l’anno dallo Stato italiano per pagare lo stipendio dei preti. Per i quali bastano 361 milioni. E le altre centinaia? In un’inchiesta, tutta la verità su business e privilegi del Vaticano». Il Vaticano non c’entra niente con l’8xmille, possibile che ancora non lo sappiano, dopo 22 anni? O forse lo sanno? Ci siete o ci fate, distratti colleghi? Tutta la verità: se conoscete la quota destinata al clero, non potete non conoscere tutta la ripartizione, pubblicata su quotidiani e Internet. E allora non potete ignorare che oltre 452 milioni sono destinati alle «esigenze di culto della popolazione». Anche un bambino, cercando su google, scopre in pochi secondi che 190 milioni sono andati all’edilizia di culto, 156 alle diocesi sempre per culto e pastorale, 57 per interventi di rilievo nazionale, 37 per la catechesi e l’educazione, 12 per i tribunali ecclesiastici. L’Espresso, con il tono di chi ha scoperto il vasetto della marmellata nascosto dalla mamma, rivela che 85 milioni sono destinati agli interventi caritativi nel Terzo Mondo, come se fossero gli unici; ma evita di informare, pur sapendolo, che fanno parte di un totale ben più cospicuo di 227 milioni destinati agli interventi caritativi, di cui ben 97 affidati alle diocesi (a proposito di centralismo…). Preferiscono insinuare e infangare, i censori democratici dalla «verità» a senso unico alternato: la Cei «ha stipato nei propri forzieri», «i vescovi fanno la cresta sullo stipendio dei loro sottoposti», la firma sui modelli 730 o Unico sarebbe in realtà «un gigantesco sondaggio d’opinione mettendo una croce». Una croce? Sondaggio? I sondaggi si fanno su un piccolo campione di popolazione. Questo è una sorta di referendum, una forma di democrazia diretta applicata al sistema fiscale, senza alcuna garanzia per la Chiesa né per le altre confessioni religiose: ogni anno tutto dipende dalla fiducia concessa dai contribuenti. Le firme sono poche? Tra chi è tenuto a presentare la dichiarazione, raggiungono il 63,7 per cento, più che in tanti appuntamenti elettorali. E poi: «Santa Casta»? Una «casta» che riceve una media di 1.000 euro al mese di remunerazione? Questi sono gli argomenti e i toni dell’«inchiesta». Con la sparata finale (che con l’8xmille nulla c’entra) di «20 cardinali di stanza a Roma costati oltre 3 milioni di euro». La fonte della cifra assurda? Il settimanale ”The Lancet”, perbacco. Tra pochi giorni su Avvenire una pubblicazione che rispiegherà per filo e per segno tutto ciò che c’è da sapere sull’8xmille. Per essere informati, approvare o criticare, ma a partire dalla verità dei fatti. Non da deformanti singulti ideologici.

fonte:

http://www.avvenire.it/Dossier/chiesaeici/commenti/Pagine/8permilleciriprovano.aspx

I privilegi della Chiesa? Facciamo un po' di chiarezza…

Di fronte alle ennesime e false accuse alla Chiesa, che godrebbe di assurdi e ingiustificati privilegi, pubblichiamo un articolo che cerca di fare chiarezza, spiegando l’infondatezza delle argomentazioni di chi dietro l’amore per l’uguaglianza nasconde invece un pregiudizio non benevolo.

Ancora una volta il tema dell’esenzione Ici prevista per gli immobili di tutti gli enti non commerciali, compresi quelli appartenenti alla Chiesa cattolica quando utilizzati per lo svolgimento di attività di rilevante valore sociale, torna ad essere al centro dell’attenzione provocando un dibattito che spesso pretestuosamente trascura il dato normativo. Cerchiamo perciò di riproporre gli elementi oggettivi dai quali non si può prescindere per una serena e corretta valutazione della questione oggetto di tanto interesse (e purtroppo di almeno altrettante polemiche). La norma contestata (che è solo una tra le nove differenti ipotesi di esenzione dall’Ici contemplate dall’articolo 7 del decreto legislativo 504 del 1992 e sostanzialmente confermate ai fini Imu, l’imposta destinata a sostituire l’Ici dal 2014, ma la cui entrata in vigore è stata anticipata al 2012 dal Decreto Monti) è quella che esenta gli immobili nei quali gli enti non commerciali svolgono alcune specifiche e definite attività di rilevante valore sociale, cioè quelli «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a) della legge 20 maggio 1985. n. 222 [le attività di religione o di culto]» (art. 7, c. 1, lett. i, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504). Perché un’unità immobiliare sia esente, quindi, occorre che si verifichino contestualmente due condizioni: l’unità immobiliare deve essere utilizzate da enti non commerciali e deve essere destinata totalmente all’esercizio esclusivo di una o più tra le attività individuate; inoltre, come stabilito dopo le modifiche apportate al testo originario, l’esenzione «si intende applicabile alle attività […] che non abbiano esclusivamente natura commerciale». (cfr. c. 2-bis dell’art. 7 del D.L.. n. 203/2005, come riformulato dall’art. 39 del D.L. 223/2006). Quest’ultima condizione è da valutare sulla base della Circolare n. 2 del 2009 con la quale il Ministero delle finanze stabilisce come devono essere svolte le attività perché possa affermarsi che esse «non abbiano esclusivamente natura commerciale». Questo l’insieme delle disposizioni che regolano l’esenzione. Il loro esame consente di collocare correttamente l’agevolazione e di illuminare le presunte “zone grigie”. Non è vero che le unità immobiliari che gli enti non utilizzano e che affittano ad altri soggetti (abitazioni, uffici, negozi…) sono esenti. Pagano l’Ici (e pagheranno l’Imu) semplicemente perché questa previsione di esenzione non esiste.

Per lo stesso motivo non vi è dubbio che non sono esenti le unità immobiliari nelle quali gli enti svolgono alcune attività non comprese tra quelle stabilite dalla legge (i casi sempre citati sono le librerie, i negozi di oggetti sacri, i ristoranti, i bar): l’esenzione non esiste, l’imposta si paga.

Non è vero che basta inserire un’attività non commerciale in un immobile in cui si svolgono attività che non godono del regime di favore per sottrarre all’imposizione tutto l’immobile (il caso di solito citato è quello di un luogo di culto, che sarebbe esente, all’interno di un albergo, che invece non è esente); la legge infatti richiede che ciascuna unità immobiliare sia utilizzata per intero per l’attività agevolata, altrimenti tutto l’immobile perde l’esenzione, compreso il luogo di culto. Non è vero, inoltre, che non è possibile discriminare se un’attività che rientra tra quelle previste dalla norma di esenzione sia effettivamente svolta in maniera non esclusivamente commerciale e quindi usufruisca legittimamente dell’esenzione. Ad esempio, utilizzando la Circolare per quanto riguarda le attività assistenziali si può precisare che fra queste rientrano solo quelle riconducibili ai servizi sociali e che vi sono comprese sia quelle prestazioni rese gratuitamente o con compenso simbolico, sia quelle svolte in convenzione con l’ente pubblico, a condizione che le rette previste siano quelle fissate dalla convenzione; ciò, afferma la Circolare, serve a garantire che le attività siano svolte «con modalità non esclusivamente commerciali (…) assicurando che tali prestazioni non sono orientate alla realizzazione di profitti». Oppure, con riferimento alle attività culturali, la Circolare stabilisce che vi rientrano i teatri, ma limitatamente a quelli «che si avvalgono solo di compagnie non professionali».

Gli esempi potrebbero continuare e la lettura della Circolare, che consigliamo a chiunque voglia comprendere di cosa si discute, è quanto mai utile per capire che la modalità richiesta, non esclusivamente commerciale, garantisce che le unità immobiliari favorite dall’esenzione vengano effettivamente utilizzate per rendere servizi di rilevante valore sociale da parte di enti che non hanno fine di lucro e che pertanto il vantaggio ricade sui loro “utenti”.

fonte: http://www.avvenire.it/Dossier/chiesaeici/cosadicelegge/Pagine/Maqualezonagrigia.aspx

Inizia la novena del S. Natale: Dio viene a portare Dio

di padre Angelo del Favero

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei disse: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te!”. (Lc 1,26-38)

L’annunciazione e la nascita del Signore hanno annullato le distanze fra il Cielo e la terra. Appena l’angelo Gabriele si allontanò da Maria, lo Spirito Santo scese su di lei coprendola con la sua ombra (Lc 1,35), soffiò su di lei come un vento che investe le radici, la rivestì di Sé, impregnò il suo essere come l’acqua la terra. In tal modo fu colmato l’abisso ontologico che separava il Creatore dalla creatura, la natura divina dalla natura umana, lo Spirito dalla carne, l’Onnipotenza dalla debolezza, l’Eternità dal conto dei giorni.

Le pareti della casa di Maria furono estese sino ai confini della terra e della storia: da quel momento ogni uomo ebbe Dio come Compagno di vita, al punto da poterlo chiamare Padre, fratello, maestro, amico, sposo, e poter dialogare con Lui in qualunque momento, “faccia a faccia” (Dt 34,10).

Tutte le nostre preoccupazioni economiche, tutti i timori del futuro, la sorte del mondo intero e la felicità di ogni uomo, possono davvero non fare i conti con questa realtà, centro e verità del cosmo e della storia?

L’Annunciazione ci ricorda che non siamo stati noi a rompere il silenzio dei secoli eterni. Non siamo stati noi, ma è stato grazie al di Maria che il Mistero si è compiuto. Ciò significa che prima della creazione del mondo, un Amore immenso e personale già faceva il primo passo verso la nostra casa, alla cui porta ora sta per giungere e bussare (Ap 3,20).

Ecco la serva del Signore” (Lc 1,38), dice Maria all’angelo Gabriele; “ecco il Signore degli uomini”, annunciano gli angeli ai pastori: nel bambino di Betlemme, Dio si è mostrato come è; il Dio degli eserciti è un Bambino.

Nella notte di Natale, donandoci un bimbo, Dio dona Se stesso: ”e così l’attesa di Dio ottiene una nuova certezza. E’ attesa delle cose future a partire da un presente già donato. E’ attesa, alla presenza di Cristo, col Cristo presente, del completarsi del suo Corpo, in vista della sua venuta definitiva.” (Benedetto XVI, Enciclica Spe salvi, n. 9).

Perseverare nella preghiera e nell’Amore diventa allora intercessione accorata: perché sia salva la vita di ogni bambino concepito, perché sia salva ogni famiglia della famiglia umana, perché sia salvo il mondo intero minacciato dalla cultura della morte.

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