PERCHÈ FARE LA VIA CRUCIS?

8 ragioni per fare la Via Crucis a partire dalle meditazioni e dai discorsi di Papa Francesco. Un efficace aiuto per vivere la pia pratica penitenziale della Quaresima.

di Kevin Cotter

 

La Via Crucis è un’antica tradizione della Chiesa cattolica risalente al IV secolo, quando i cristiani si recavano in pellegrinaggio in Terra Santa.

Come molte delle nostre tradizioni cattoliche, la Via Crucis può essere ricca, profonda e significativa, ma allo stesso tempo possiamo perdere di vista il suo significato e il modo in cui relazionarci ad essa nella nostra vita quotidiana.

Ecco allora 8 ragioni offerte dal Santo Padre Francesco per le quali dovremmo fare la Via Crucis.

1. Ci permette di riporre la nostra fiducia nel Signore

“Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere… Fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui, perché Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione” (Via Crucis con i giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013).

2. Ci inserisce nella Storia

“Tu come chi di loro vuoi essere? … Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle: con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi?” (Via Crucis con i giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013).

3. Ci ricorda che Gesù soffre con noi

“Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (cfr Gv 3,16)” (Via Crucis con i giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013).

4. Ci spinge all’azione

“La Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto” (Via Crucis con i giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013).

5. Ci aiuta a prendere una decisione a favore o contro Cristo

“[La Croce] è anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Ricordiamo questo: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva” (Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo, 29 marzo 2013).

6. Rivela la risposta di Dio al male nel mondo

“La Croce di Gesù è la Parola con cui Dio ha risposto al male del mondo. A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono” (Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo, 29 marzo 2013).

7. Ci dà la certezza dell’amore di Dio per noi

“Che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata? Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi” (Via Crucis con i giovani, Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013).

8. Ci guida dalla Croce alla Resurrezione

“O nostro Gesù, guidaci dalla Croce alla resurrezione e insegnaci che il male non avrà l’ultima parola, ma l’amore, la misericordia e il perdono. O Cristo, aiutaci a esclamare nuovamente: ‘Ieri ero crocifisso con Cristo; oggi sono glorificato con Lui. Ieri ero morto con Lui, oggi sono vivo con Lui. Ieri ero sepolto con Lui, oggi sono risuscitato con Lui’” (Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo, 18 aprile 2014).

Papa Francesco ai mafiosi: “Piangete e cambiate vita!”

Pubblichiamo l’intervento di papa Francesco in occasione della “Giornata della memoria e dell’impegno” in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.  Parole di conforto per i familiari delle vittime e un duro appello alla conversione per i responsabili.

Cari fratelli e sorelle,

(…)

il desiderio che sento è di condividere con voi una speranza, ed è questa: che il senso di responsabilità piano piano vinca sulla corruzione, in ogni parte del mondo… E questo deve partire da dentro, dalle coscienze, e da lì risanare, risanare i comportamenti, le relazioni, le scelte, il tessuto sociale, così che la giustizia guadagni spazio, si allarghi, si radichi, e prenda il posto dell’inequità.

(…)

In particolare, voglio esprimere la mia solidarietà a quanti tra voi hanno perso una persona cara, vittima della violenza mafiosa. Grazie per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti, siete usciti, per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza. Questo è tanto importante, specialmente per i giovani!

Vorrei pregare con voi – e lo faccio di cuore – per tutte le vittime delle mafie. Anche pochi giorni fa, vicino a Taranto, c’è stato un delitto che non ha avuto pietà nemmeno di un bambino. Ma nello stesso tempo preghiamo insieme, tutti quanti, per chiedere la forza di andare avanti, di non scoraggiarci, ma di continuare a lottare contro la corruzione.

E sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. E’ quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. PIANGETE UN PO’ E CONVERTITEVI!

Preghiamo insieme la nostra Madre Maria che ci aiuti: Ave Maria…

La povertà di Cristo è la nostra ricchezza

La povertà di Cristo è la più grande ricchezza:

Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria.

È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza.

La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio.

(dal Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2014)

“DIO CI LIBERI DAL PIZZO E DALLA MAFIA!”

– COMUNICATO STAMPA –

Con rammarico prendiamo atto dei gravi fenomeni di recrudescenza mafiosa che negli ultimi mesi hanno riguardato la comunità biancavillese. Fatti di sangue e nuovi gravi fatti di estorsione a carico dei commercianti locali.

Al riguardo ci sembra opportuno richiamare i molti interventi di alcuni Vescovi siciliani che hanno sancito ufficialmente e ribadito  l’incompatibilità tra la Chiesa e l’appartenenza ad una organizzazione criminale e mafiosa.

Con indicibile sofferenza, prendiamo atto che la nostra terra continua ad essere martoriata dalla mafia, che ha ucciso e continua ad uccidere giovani vite e che strozza ogni possibilità di sviluppo del nostro territorio, colpendo al cuore ogni iniziativa economica e con essa ogni speranza di un futuro libero e dignitoso.

Giova ribadire, in tale contesto, che la mafia è incompatibile con la Chiesa, nonostante i santini e gli atti di devozione di alcuni esponenti malavitosi. E’ stata emblematica, in tal senso, la scelta di alcuni Vescovi siciliani che hanno espressamente vietato funerali religiosi per uomini notoriamente mafiosi, morti senza aver dato nessun segno di pentimento e di ravvedimento.

Duole, invece, assistere in alcuni casi – com’è accaduto diverse volte e in diversi comuni –  al tristissimo fenomeno di funerali religiosi trasformati in una vera e propria manifestazione di tributo per le “virtù eroiche” del defunto morto in odore di mafia, con una partecipazione popolare che sgomenta e lascia aperti molti interrogativi. Soprattutto, ci chiediamo: perché tanti giovani accorrono ad un funerale di questo tipo? 

ihabjhga-340x541La mafia è un’organizzazione criminale che si nutre del silenzio, della paura e dell’approvazione tacita di un sistema in cui si sa chi controlla il territorio, chi comanda, chi chiede il pizzo, chi minaccia…

E’ questa la società in cui vogliamo far crescere i nostri figli e i nostri nipoti?

Il Beato Padre Pino Puglisi, il Servo di Dio Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ci insegnano che non basta condannare la mafia in quanto fenomeno criminoso, ma occorre reagire alla pratica mafiosa. Non occorre per questo diventare martiri ma, ogni giorno della vita possiamo fare la nostra parte. Meglio ancora se sostenuti da altri fratelli e sorelle.

La mafia non aiuta nessuno, non fa del bene al nostro territorio, ci toglie la libertàpapaadag3257x300 di vivere, di agire, ci condanna sempre più alla povertà e ad una cronica arretratezza strutturale ed economica, costringendo le forze migliori a fuggire via da questa terra. Ma, più ancora, la mafia non ha nulla a che vedere col cristianesimo, col Vangelo, con Cristo:  “Il mafioso – scrivono i Vescovi – in forza della stessa appartenenza alla cosca dedita strutturalmente al crimine, si pone oggettivamente fuori della comunione ecclesiale”. Ritorna alla mente  il grido di Giovanni Paolo II lanciato nella Valle dei Templi di Agrigento: “Convertitevi!  Una volta verrà il giudizio di Dio!”.

Insieme con molti altri esponenti della società civile siciliana, facendo eco ad un dibattito che si muove da diverso tempo all’interno delle comunità cristiane, condividiamo e sottoscriviamo la scelta di alcuni Vescovi siciliani di vietare funerali religiosi per esponenti mafiosi, morti senza aver dato nessun segno di pentimento o di ravvedimento. Una scelta che va ben regolamentata per tutta la Chiesa siciliana ed italiana.

Alla Madonna dell’Elemosina, Custode e Protettrice della nostra comunità, affidiamo il desiderio di un futuro luminoso e ricco di speranza, e con Lei, Madre “Onnipotente per grazia”, eleviamo al Padre il nostro grido di preghiera, utilizzando le parole di Mons. Pennisi, Arcivescovo di Monreale:

“Dio ci liberi dal pizzo e dalla mafia!”,

Sapendo, tuttavia, che questa liberazione passa anche dall’impegno di ciascuno…

La Redazione del Sito

 

Francesco: il parroco del mondo…

In pochi mesi si è guadagnato la simpatia e la stima di tutto il mondo. Con la semplicità dei suoi gesti e l’immediatezza delle sue parole è entrato nella vita di tanti uomini e donne che in lui riconoscono un padre, anzi un vero e proprio curato d’anime… La sua prossima visita a Lampedusa conferma la sua attenzione all’umanità che soffre.

di Alessandro Scaccianoce

E’ proprio vero: il Signore ci stupisce sempre! Egli è eterna giovinezza. Sono trascorsi meno di 4 mesi dall’elezione di Papa Francesco, ma è già possibile cogliere i frutti del suo carisma e della sua azione pastorale che ha generato grande entusiasmo presso i fedeli di tutto il mondo. Come per tutti i suoi predecessori, anche Papa Francesco è la risposta dello Spirito alle attese del momento presente. Possiamo affermare con certezza, almeno sulla base delle esperienze vissute negli ultimi cento anni, che ogni Papa è l’uomo giusto al momento giusto.

Francesco, il “Papa venuto dalla fine del mondo”, è il padre di cui la nostra umanità aveva bisogno, smarrita e senza alcun orientamento, il curato d’anime, il padre spirituale che ci dà le dritte giuste per orientarci nella vita di tutti i giorni.

Con la semplicità dei suoi gesti, in un momento storico segnato da una grave crisi di sistema e di valori, ha iniziato a richiamare il mondo all’essenziale, riproponendo il Vangelo del Signore con semplicità ed efficacia, mostrando che è l’unica strada per venire fuori da un gorgo che sembra volerci inghiottire. Agli uomini che si interrogano sulla possibilità di uscire fuori da una crisi che attraversa il pianeta in lungo e in largo, Papa Francesco annuncia che anche stavolta “il nostro aiuto viene dal Signore”.

“Semplicità” e “povertà” sembrano le sue parole d’ordine: semplicità che non vuol dire banalità di contenuti; povertà che non è pauperismo iconoclasta. Sfrondando un cerimoniale consolidato, superando le barriere – talvolta inevitabili per un Pontefice – che lo separano dal contatto umano con la gente, ha costretto tutto il mondo – soprattutto quegli osservatori che erano particolarmente attenti a evidenziare le magagne di alcuni ecclesiastici – a considerare la Chiesa per quello che è: annuncio di Cristo, buona notizia per ogni uomo. E così, mentre sui giornali si continua a leggere di disperazione, di sofferenza, di tragedie, egli stupisce tutti col suo invito controcorrente: “non fatevi rubare la speranza”.

Ma quello che davvero continua a meravigliarci è il suo tratto umano e la sua attenzione ai “piccoli”, alle “periferie dell’esistenza umana”. Con realismo ed efficacia ha invitato la Chiesa ad uscire dall’autoreferenzialità per andare a cercare “le novantanove pecorelle smarrite”, ben sapendo che nell’ovile ne è rimasta una sola…

Vi è una frase che mi ha particolarmente colpito, tra i tanti discorsi che il Santo Padre ha pronunciato in questi mesi: “Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo, quelli che sono la carne di Cristo!”. In questo è emblematico il fatto che il suo primo viaggio sarà effettuato a Lampedusa, lunedì prossimo, una terra di confine dove da anni sbarcano migliaia di persone in cerca di futuro e di speranza.

Con il suo stile “anti-istituzionale” (mi si passi il termine) Papa Bergoglio ci ha costretto ad aprire gli occhi, a dilatare lo sguardo oltre il nostro angolo prospettico, a scorgere il fratello vicino, amando nella sua carne “la carne di Cristo”.

Se Cristo è il buon Pastore, Papa Francesco ne traduce la cura pastorale in modo mirabile. Egli è un “grande” parroco. Il suo stile, il suo linguaggio, la sua azione sono quelli che vorremmo vedere in ogni buon parroco: parola chiara, linguaggio semplice, tratto umano e azione efficace. Papa Francesco è il parroco del mondo.

 

 

Benedetto XVI e Francesco: un’enciclica a 4 mani sulla Fede

Articolo liberamente tratto da “La nuova Bussola quotidiana”

Ieri Papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, riuniti in un’assemblea dedicata al tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede».  Dopo il discorso ufficiale vi è stato, come spesso avviene con il nuovo Pontefice, un dialogo con i vescovi con domande e risposte.

Il tema generale è stato quello della continuità. Il Papa ha rivendicato il coerente cammino sulla strada della nuova evangelizzazione, avviato dal servo di Dio Paolo VI (1897-1978) con la sua sistematica riflessione sullo sforzo evangelizzatore della Chiesa in un’epoca che già si faceva postcristiana, e proseguito dal beato Giovanni Paolo II (1920-2005) e da Benedetto XVI.  «Viviamo – ha detto Francesco – un’antropologia nuova: la laicità è diventata laicismo, secolarizzazione. Questo è un grave problema». E il segno è la crisi del matrimonio: «Oggi tanti cattolici non si sposano, convivono, il matrimonio è provvisorio: è un problema serio».

Lo stesso spinoso tema della collegialità episcopale è stato affrontato da Francesco sottolineando come «strade nuove» che passino appunto per il Sinodo debbano sempre essere percorse in piena fedeltà e continuità rispetto al Magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II, che volle ogni collegialità sempre «unita al ministero petrino». Infine, un segno evidente e perfino clamoroso di continuità sarà dato, ha annunciato Papa Francesco, dalla sua prima enciclica, che sarà «a quattro mani» e utilizzerà il materiale già preparato da Benedetto XVI sul tema della fede. Forse l’enciclica sarà firmata dal solo Francesco, che darà atto al predecessore del suo contributo. Ma in ogni caso questa espressione, «a quattro mani», rimarrà nella storia . Si tratta certamente di qualcosa di nuovo, perché se altri Papi si sono serviti di materiale preparato dai predecessori non è mai accaduto che un predecessore ancora vivente ed «emerito» possa aiutare personalmente il nuovo Pontefice. Nello stesso tempo, questa collaborazione sottolinea la continuità e smentisce in modo evidente quanti – per esaltarla o deprecarla – inventano una contrapposizione fra Benedetto XVI e Francesco.

Parlando ai vescovi, il Papa ha rilevato la «stretta connessione tra questi due elementi: la trasmissione della fede cristiana è lo scopo della nuova evangelizzazione e dell’intera opera evangelizzatrice della Chiesa, che esiste proprio per questo». È quindi ritornato sulla storia della nozione di «nuova evangelizzazione», lanciata dal beato Giovanni Paolo II e approfondita da Benedetto XVI. «L’espressione “nuova evangelizzazione” – ha detto il Pontefice – mette in luce la consapevolezza sempre più chiara che anche nei Paesi di antica tradizione cristiana si rende necessario un rinnovato annuncio del Vangelo, per ricondurre ad un incontro con Cristo che trasformi veramente la vita e non sia superficiale, segnato dalla routine. E questo ha conseguenze nell’azione pastorale».

Papa Francesco ha voluto insistere sul fatto che la nuova evangelizzazione non è un’invenzione del beato Giovanni Paolo II, ma affonda le sue radici nella riflessione sul l’evangelizzazione del servo di Dio Paolo VI, di cui ha proposto due citazioni. La prima è tratta dal Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali del 22 giugno 1973: «le condizioni della società ci obbligano a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all’uomo moderno il messaggio cristiano, nel quale soltanto, egli può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana». La seconda citazione viene invece dall’esortazione apostolica di Paolo VI «Evangelii nuntiandi» (1975), documento fondamentale sull’evangelizzazione definito da Francesco «un testo ricchissimo che non ha perso nulla della sua attualità», dove Papa Montini affermava che l’impegno di annunciare il Vangelo «è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche all’umanità».

Si tratta dunque di evangelizzare senza complessi, convinti che si tratta del migliore servigio che possiamo rendere al nostro prossimo. «Vorrei – ha insistito Papa Francesco – incoraggiare l’intera comunità ecclesiale ad essere evangelizzatrice, a non aver paura di “uscire” da sé per annunciare, confidando soprattutto nella presenza misericordiosa di Dio che ci guida». Torna qui l’appello ormai pressoché quotidiano del Papa a «uscire», a parlare meno di tecniche pastorali e più del Vangelo che dev’essere annunciato ai lontani. Occorre quindi lasciarsi afferrare e trasformare dallo Spirito Santo, «anche se ci porta su strade nuove» rispetto alla nostra routine che forse si è impigrita.

In tutto questo, qual è il ruolo del Sinodo dei Vescovi? «Certamente è stato uno dei frutti del Concilio Vaticano II», espressione legittima e utile di quella collegialità di cui tanto si parla, non sempre a proposito. «Grazie a Dio, in questi quasi cinquant’anni, si sono potuti sperimentare i benefici di questa istituzione, che, in modo permanente, è posta al servizio della missione e della comunione della Chiesa, come espressione della collegialità». Per fare funzionare la collegialità, ha concluso il Papa, ci vuole «discernimento accompagnato dalla preghiera», in particolare alla Madonna, «Stella della nuova evangelizzazione». E consapevolezza che, alla fine, lo scopo di tutto è «annunciare con rinnovato coraggio Gesù Cristo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Egli è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6) per tutti e per ciascuno».