Complotto per uccidere il Papa? L'ennesima bufala!

Redazione SME

A proposito del presunto scoop che avrebbe fatto un quotidiano italiano in merito ad un supposto complotto per uccidere il Papa, in cui si designa, tra l’altro, anche il suo successore, come cattolici siamo indignati ancora una volta per la mistificazione e le falsità che si spacciano come notitzie scoop con l’unico scopo di alimentare dietrologie e sospetti sulle gerarchie della Chiesa.

Riportiamo, a tal proposito, la dichiarazione di Padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, che, come riferito dal giornalista autore del falso scoop, ha detto: “Si tratta evidentemente di farneticazioni che NON VANNO PRESE IN ALCUN MODO SUL SERIO. Siamo alla follia. Pubblicate quello che credete, ma vi prendete una responsabilità. Mi sembra una cosa talmente fuori dalla realtà e poco seria che non voglio nemmeno prenderla in considerazione” .

Nessun complotto ai danni del Papa, quindi, semmai confidenze del Card. Romeo che sono tutte da verificare. Siamo certi che il card. Romeo chiarirà le sue poizioni e il senso di alcune affermazioni che sono state pesantemente travisate dai ricercatori di scoop del momento. Al seguente link una significativa precisazione in merito ala vicenda: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2012/2/10/COMPLOTTO-PAPA-Brunelli-da-Il-Fatto-Quotidiano-uno-scoop-riuscito-male/2/241776/

Attacchi alla Chiesa e al Papa… anche dall'interno?

Redazione SME

Stiamo assistendo In questi giorni, all’ennesimo  fuoco mediatico incrociato contro il Papa e la Chiesa, sul piano liturgico (come l’ultimo articolo di Melloni, che è un concetrato di astio e di avversioone ideologici in nome di una sua personale interpretazione del Concilio http://www.corriere.it/cultura/12_febbraio_08/melloni-scomparve-ferula-conciliare_8ae7c87a-5260-11e1-9430-803241dfdaad.shtml), o su questioni economiche e finanziarie (dalla falsa questione dell’ICI – perchè anche la Chiesa paga l’ICI sugli immobili a destinazione commerciale – al caso Viganò alle pseudo ricostruzioni giornalistiche di tipo scandalistico degli ultimi giorni su cui è intervenuta la pacata replica della Santa Sede per cercare di ripristinare la verità dei fatti (http://www.korazym.org/index.php/attivita-della-santa-sede/3-la-santa-sede/2132-la-santa-sede-risponde-all-unita-e-la7-su-ior-e-aif.html e https://www.zenit.org/article-29517?l=italian). Lo scopo, dichiarato o anche solo velato, è quello di gettare un continuo discredito sulla Chiesa e sul Papa, cercando di nascondere la grandissima opera di risanamento che Papa Benedetto sta compiendo nella Chiesa. Il qualunquismo, da parte sua, non perde tempo per diffamare e sbrigativamente condannare la Chiesa, il Papa e i cristiani come ipocriti, bugiardi e, addirittura, idolatri!

 Altri osservatori cattolici, come l’amico Andrea Carradoiri, sottolineano una serpeggiante opposizione al Papa anche in alcuni ambienti della Chiesa italiana, complici – forse – anche le alte gerarchie.

Scrive Carradori: “In generale possiamo dire che l’esempio di pacificazione liturgica del Papa è stato accolto in modo riduttivo dall’insieme dei vescovi italiani che sono piuttosto restii a recepire il nuovo indirizzo voluto dal pontefice. Mi ha raccontato, ancora turbato, il vice parroco di una Cattedrale che in occasione della festa della Candelora aveva messo sopra l’Altare la Croce e i candelieri, come il Papa fa sempre. Se ne è accorto il suo Vescovo il quale, in modo molto deciso, ha mandato un Sacerdote a rimuovere tutto pochi minuti prima della Messa dicendo : “ Il Vescovo ha detto che qua non siamo in Vaticano…”. Numerosi altri episodi concorrono a rafforzare l’impressione di una sorda resistenza dei vescovi italiani per la ripresa di un’attenzione per la liturgia sopita da troppi decenni, con i frutti che tutti noi lamentiamo. (…) L’organicità delle azioni degli oppositori della linea benedettiana rivela l’esistenza di un disegno, di una deliberata volontà di contrastare le scelte del Pontefice nel momento stesso che esse vengono formulate. Seguiamo lo svilupparsi di queste perverse azioni che sembrano dire, come leggerete sotto : «Tranquillizzatevi! Lasciate pure parlare il Papa; noi facciamo come vogliamo» oppure altre soavità del tipo : «Il Papa sta a Roma, qua ci sto io» e/o «Io seguo il Papa ma non in tutto» . Con queste frasi il pensiero e il desiderio del Papa, mai apertamente contraddetti, vengono semplicemente eliminati. Come se il Papa non avesse parlato, non avesse esposto chiaramente la sua volontà. E’ il trionfo del feroce conservatorismo liturgico annidato soprattutto in alcuni uffici della CEI. Il travisamento delle direttive papali: mai un Papa è stato così ignorato come lo è Benedetto XVI soprattutto per quanto sta facendo per la Santa Liturgia. (…) Anche sotto la neve si conserva tuttavia intatta la speranza, che è una virtù cristiana. (http://www.newliturgicalmovement.org/2012/02/solemn-pontifical-mass-in-miami.html)“.

Ai sentimenti di indignazione per le falsità e le faziosità che ogni giorno vengono vomitate sulla Chiesa e sul Vicario di Cristo, vogliamo far fronte con l’unica arma a nostra disposizione: la preghiera. Invitiamo, pertanto, tutti i nostri lettori ad intensificare la preghiera per il Santo Padre, secondo le Sue intenzioni e a diffondere, per quanto è nelle nostre possibilità, interventi chiarificatori che ripristinino la verità dei fatti, come fa ad esempio, Andrea Tornielli con obiettività giornalistica e dovizia di fonti nel suo libro e sul suo blog (http://2.andreatornielli.it/?p=3610).

Profetiche, in tal senso, ci sembrano le parole pronunciate dal Cardinal Giuseppe Siri, che fu arcivescovo di Genova: “Il divismo di teologi, di scrittori, di figure della protesta: ecco un dolore, una sofferenza per la Chiesa di oggi: coloro che denigrano il passato della Chiesa per affermare che è proprio dal rinnegamento di esso che la Chiesa riemergerà più autentica. La presente situazione della Chiesa è una delle più gravi della sua storia, perché questa volta non è la persecuzione esteriore a impugnarla, ma la perversione dall’interno. Più grave. Ma le porte dell’inferno non prevarranno”.

A Lourdes con i Social Media

In occasione dell’anniversario della prima apparizione della Vergine Maria a Lourdes sarà possibile inviare intenzioni di preghiera direttamente alla grotta di Massabielle.

Redazione SME

Un solenne Atto di Affidamento alla Madre di Dio di tutti i pellegrini italiani presenti al Santuario si svolgerà a Lourdes, sabato 11 febbraio, in occasione del pellegrinaggio per l’anniversario della prima apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous.

Alla preghiera di affidamento, in programma alle ore 18.30 alla Grotta di Massabielle, seguirà subito dopo il Santo Rosario, a cui potranno partecipare tutti, anche coloro che a Lourdes non potranno essere fisicamente. Scrivendo infatti la propria breve intenzione sul muro della pagina dei Jospers, la comunità virtuale di Facebook  http://www.facebook.com/#!/JospersItalia – con la hashtag #lourdesaffidamento – oppure inviando una mail a socialmedia@orpnet.org, ognuno potrà affidare la propria preghiera alla Madre di Dio.

Le intenzioni verranno infatti stampate e portate materialmente alla Grotta di Lourdes durante il momento dell’affidamento che potrà essere seguito in diretta sul sito del Santuario: http://it.lourdes-france.org/tv-lourdes/.

“Vogliamo con questo gesto affidare le nostre difficoltà, le nostre preoccupazioni e anche le nostre necessità e speranze alla Madre di Dio – spiega padre Caesar Atuire, dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Desideriamo fortemente che questo momento sia vissuto anche da chi non potrà essere fisicamente a Lourdes con noi e che insieme a noi si unirà spiritualmente ai piedi della Vergine Maria”.

Il pellegrinaggio, che si aprirà venerdì 10 con la fiaccolata serale, proseguirà il sabato con la messa internazionale e la preghiera di affidamento, per poi concludersi domenica con la celebrazione eucaristica alla Grotta.

Parrocchie, è tempo di svegliarsi!

In edicola un libro che scuote le parrocchie in merito alle esigenze della nuova evangelizzazione. Un programma pastorale rivoluzionario, quanto tradizionale: tornare all’annuncio.

di Raffaella Frullone

«La Chiesa cattolica sembra dormire, forse perché è malata. Ecco, l’ho detto. Quest’affermazione così grave merita una spiegazione. Non lo è a causa delle colpe morali dei suoi preti, oppure per le sue ricchezze. Nemmeno è malata per un qualche deficit numerico. Non contano qui le statistiche sui seminari vuoti, né su quelli pieni di rito tradizionale. Non si tratta di numero di battezzati o di nazioni la cui legislazione è diventata improvvisamente nemica della fede e dei valori del cristianesimo occidentale. Non è questione di scandali e abusi. Ci sono periodi nella storia della Chiesa in cui il peccato penetrò persino negli appartamenti vaticani. Ma non sta qui il problema. La Chiesa è malata perché evangelizza poco e male. [… ] Il problema, oggi, sono le parrocchie. Sono loro il «gigante addormentato » che va svegliato, come voleva il cardinale Hume. Già, il gigante dorme, come un pesante pachiderma che pensa ormai solo ad autosopravvivere».

A parlare è don Andrea Brugnoli dalle pagine del suo libro “È tempo di svegliarsi – rinnovare le parrocchie con la nuova evangelizzazione”, casa editrice Paoline (pagine 240), prefazione di Vittorio Messori, in libreria a partire da oggi. Il volume analizza l’attuale condizione delle parrocchie e, soprattutto, propone un cambio radicale nell’impostazione, una virata che riporti l’attenzione sulla missione primaria di ogni battezzato, quella di evangelizzare. Sacerdote della diocesi Verona, don Andrea Brugnoli ha dato vita nel 1998 a Sentinelle del mattino, progetto di nuova evangelizzazione ed è responsabile del Centro per la Nuova Evangelizzazione con sede a Verona. Don Andrea ha deciso di scrivere nero su bianco la propria esperienza e di mettere la propria esperienza a disposizione di laici e consacrati che sentono urgente la necessità di evangelizzare.

Don Andrea, Lei scrive che la Chiesa cattolica sembra dormire, che le parrocchie si limitano ad “occupare” un territorio, che coloro che le animano hanno perso la fede in Gesù. Affermazioni pesanti, soprattutto se si considera la mole di attività che gravitano attorno alle nostre parrocchie. «Credo che in fin dei conti sia un problema di spiritualità, e quindi di teologia. Ad un certo punto la Chiesa ha pensato di non dover più occuparsi delle salvezza delle anime, della vita eterna delle persone, ma di un aspetto puramente mondano, si è concentrata su tutta una serie di opere sociali molto belle che sono il frutto di un’azione evangelica, ma che per essere feconde richiedono un incontro con Cristo e quindi una vita modificata e modellata da questo incontro. In molte realtà questo incontro è completamente assente, ecco perché ci si limita a fare alcune attività di ordine caritativo, ma si è perso di vista lo scopo. La causa va rintracciata nella spiritualità. Fino al Concilio nei seminari ci insegnavano che le persone devono salvarsi l’anima, e questo era la nostra principale preoccupazione, oggi invece di queste cose non si parla più e di conseguenza i preti non si occupano più della salvezza delle anime. L’evangelizzazione passa dalla presa di coscienza che l’uomo senza l’incontro con Cristo è perduto. Se viene meno questa certezza chi te lo fa fare di andare a disturbare gli altri e proporre un incontro con Gesù?».

Significa che occorre rivedere tutta la pastorale ordinaria? «Cosa significa oggi pastorale ordinaria? La vita ordinaria delle persone non è certamente quella che si consuma tra le quattro mura della parrocchia, è più ordinario occuparsi dei giovani lì dove sono, come la Chiesa ha sempre fatto, o semplicemente chiamare ordinario solo quello che si sta facendo? Oggi sembra che tutto ciò che avviene fuori dal confine materiale della parrocchia non faccia parte della pastorale, ma i vecchi parroci degli anni Venti, o Quaranta uscivano e andavano nelle case e nelle famiglie a portare Gesù, e quella era la loro pastorale ordinaria. Allora significava portare il farmacista ateo all’incontro con Gesù, oggi che cosa significa? Come scrivo nel libro oggi assistiamo ad un nuovo clericalismo, si pensa di promuovere il laicato dandogli responsabilità pastorali nel Consiglio pastorale, mettendolo sull’altare a distribuire l’eucaristia, facendolo predicare in chiesa, ma è questo il modo giusto? Il suo ambito è, al contrario, quello del mondo, del lavoro professionale, dell’impegno politico e sociale. Eppure è più facile, oggigiorno, sentire un prelato parlare di politica, che un politico cristiano testimoniare la sua fede nel partito. Molti credenti considerano la parrocchia come un posto dove radunarsi con altri credenti ed evangelizzarsi a vicenda, nessuno pensa ad evangelizzare i lontani, siamo chiusi nel “fare per il fare”, oppure ci limitiamo alla mera accoglienza dei giovani e proponiamo loro una forma di intrattenimento che è la brutta copia di quello che potrebbero trovare fuori, non ci occupiamo del loro incontro con Cristo. Quale è lo scopo di tanto affanno?».

Da dove ripartire, dunque, per risvegliare la Chiesa? «Innanzitutto da noi preti. Paradossalmente siamo stati noi preti a insegnare ai battezzati che si può essere cristiani senza vivere il Battesimo, senza essere evangelizzatori, abbiamo lasciato che passasse l’idea che basti essere “praticante”, ossia accostarsi ai Sacramenti, o ancor peggio che si misurasse l’essere cristiano con l’essere onesto, è assurdo perché questo lo sanno fare benissimo anche i pagani. Cristiano è colui che è chiamato ad annunciare Gesù. A questo sono chiamati tutti, sacerdoti e laici. Come? Ripartendo dalla Parola».

La seconda parte del libro è una proposta molto pratica, una sorta di manuale che sviluppa l’idea della “parrocchia cellulare”, di che cosa si tratta? «La mia proposta è quella di tornare ad una condizione simile a quella della Chiesa dei primi secoli per cui la vita cristiana si vive nelle case e all’interno del proprio ambiente ordinario. Non è una nuova organizzazione in cellule, un nuovo modo di incontrarsi o di organizzarsi, si tratta di far entrare in parrocchia un certo tipo di mentalità, cellulare appunto, che aiuta a evangelizzare. La cellula si deve moltiplicare, se non vuole morire, vive per dar vita ad altre cellule, per donare vita ad altre persone. Questo non significa che bisogna trasformare le strutture, o i gruppi, ma modificare la visione. La Chiesa esiste per edificare i credenti, una parrocchia cellulare deve avere tre finalità: culto, servizi e cellule. In sostanza si tratta semplicemente di riattivare il Battesimo, ecco perché la mia proposta è rivolta sia ai sacerdoti che ai laici. La mentalità cellulare può nascere dal basso, da quello che lo Spirito muove nei cuori».

Nel libro un capitolo è dedicato alle “domande dei parroci”, pensa che qualcuno accoglierà la sfida? «Io credo proprio di sì, perché molti sacerdoti soffrono della povertà delle parrocchie in cui vivono. La mia è una proposta radicale, ma ha il vantaggio di non toccare quello c’è, la struttura esistente. Nel mio libro propongo un metodo che valorizzi la formazione. Dobbiamo ripartire dal rapporto uno a uno, accompagnare le persone. Nessuno ha cominciato a fare perché era preparato, ma chiamato da Gesù, servendo lui e i fratelli, ha acquisito ciò cui aveva bisogno passando anche – come fu per Pietro e Paolo – attraverso i propri fallimenti e le proprie debolezze».

Bertone e Sciacca a Sant'Agata: educare ai valori e al rispetto della dignità dell'uomo e della donna

di Giuseppe Adernò 

In occasione della festa di S. Agata il Segretario di Stato card. Tarcisio Bertone ha celebrato il solenne pontificale nel duomo di Catania gremito di fedeli ed ha ricordato come i santi non sono soltanto persone da venerare bensì modelli da imitare.

La figura e la storia della giovane Agata è stata presentata nell’attualità per il mondo d’oggi ed in particolare in dialogo con i giovani che vanno a ricerca di ideali e di punti fermi di riferimento.

Il male oscuro che corrode la gioventù di oggi è il nichilismo – ha detto il card. Bertone – e la risposta che gli educatori adulti dovrebbero saper dare è quella di un chiaro riferimento ai valori”.

La giovane Agata, che nel nome porta un messaggio di bontà, ha incarnato i segni della vita buona del Vangelo e ne diventa testimone ed educatrice. Educare alla vita buona del Vangelo, tema del programma pastorale, trova in Sant’Agata un modello credibile e puntuale.

L’appello del Cardinale Segretario di Stato perché la famiglia riconquisti il ruolo educativo e perché tutte le altre agenzie formative dalla scuola alle associazioni guidino i giovani nella ricerca dei valori essenziali, è risuonato forte e potente per la Chiesa di Catania e per la società intera: “La vera crisi non è quella economica, anche se appare manifesta e diffusa, bensì quella educativa che ricerca modelli di educatori esemplari e contesti educativi sani”.

La scelta libera e matura della verginità, per essere totalmente di Cristo, maturata nell’ascolto della sua Parola, nel dialogo della preghiera e nell’incontro eucaristico” costituiscono nel concreto le azioni da seguire scaturite dalla testimonianza di S. Agata come ha ribadito Mons. Giuseppe Sciacca, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, alla celebrazione vespertina del 5 febbraio scorso, come vescovo originario della Sicilia e della vicina diocesi di Acireale.

La lezione della purezza, della castità, ha detto Mons. Sciacca, ci ricorda il primato della dignità della persona umana nelle sue irrinunciabili e inviolabili esigenze di libertà a partire da quella primaria: la libertà religiosa. In una cultura che commercializza il corpo, non esitando talora a farne oggetto di turpe scambio, di perversione e di esecranda offesa; in una società che ha smarrito il senso del peccato e seguendo la scia del relativismo dilagante ritiene lecito tutto ciò che piace, la vergine Agata diventa modello di fortezza che si nutre di mortificazione, di rinunzie di sacrifici. Il rispetto della propria e altrui corporeità, resa dal Battesimo tempio della presenza di Dio, impone nuove forme di relazione, nuovi stili comunicativi, nuovo alfabeto, capace di coniugare la dignità della donna, spesso ridotta a merce di consumo”.

“Il potente patrocinio della martire Agata – ha aggiunto Mons. Sciacca –  guarita miracolosamente dall’apostolo Pietro, dopo il taglio della mammella, si estenda su tutta la Chiesa e da Catania si diffonda la lezione di Agata che con il martirio è diventata un dono per la comunità catanese e maestra di fede”.

La devozione a S. Agata si insegna sin da bambini e con particolare attenzione il Card. Bertone ha benedetto i tanti catanesi che ancor piccoli indossano il sacco bianco, l’abito dei devoti.

E’ questa una particolare presentazione al tempio e un rito di consacrazione a S. Agata che i genitori compiono con devozione e responsabilità educativa. Educare alla fede, che si manifesta anche attraverso la devozione alla martire Agata, è un impegno dei genitori e una prassi che, in preparazione all’anno della fede, merita una specifica attenzione pastorale.

Nonostante l’inclemenza del tempo, la solennità dei festeggiamenti agatini ha consentito a tantissimi fedeli di incontrarsi con il volto dolce e buono della vergine Agata. Percorrendo con il busto reliquario le vie della Città, la santa Patrona ha diffuso benedizioni e segni di positiva religiosità nel cuore dei cittadini osannanti: ”Viva Sant’Agata”.

Quando al termine della festa il busto reliquario viene conservato nel sacello, che i catanesi amabilmente chiamano la “cameretta”, l’espressione del volto del busto reliquario sembra triste e nel cuore dei catanesi rimane forte il desiderio della prossima festa per incontrare ancora la “santuzza” con la bocca che sembra una rosa e gli occhi che brillano come due stelle.

Il card. Bertone al Pontificale di Sant'Agata: "Coraggiosi e coerenti nella fede"

Il Card. Tarcisio Bertone ha celebrato il solenne Pontificale di Sant’Agata, patrona dell’Arcidiocesi di Catania.

di Giuseppe Santangelo

Catania, la Città e l’Arcidiocesi in festa per la loro amata Patrona. Nella Basilica Metropolitana, cuore della devozione cattolica agatina, il Solenne Pontificale alle ore 10,30 celebrato da S. Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano. Lungo il corteo processionale introitale: presenti gli Arcivescovi e Vescovi di Sicilia con a capo il Card. Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo e Presidente della CESi, molti i Sacerdoti e i giovani seminaristi. Presenti inoltre le Autorità civili e militari della Città, della Provincia e della Regione; gremitissimo il tempio agatino che a stento riusciva a contenere le diverse centinaia di fedeli e “devoti” col sacco bianco. Nel suo saluto iniziale, l’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina ha ringraziato il Card. Bertone per la sua pronta disponibilità a venire nella “Patria di Sant’Agata” ad unire la sua preghiera a quella del popolo etneo in festa.
Splendida la celebrazione liturgica, dalla quale è emerso un forte senso di sacralità e maestosità per l’armoniosa coniugazione dei segni: arte visiva – liturgia – musica. Animava il Sacro Rito la Cappella musicale del Duomo che ha eseguito la “Missa in traslatione almae domus” di P. Giuliano Viabile per coro, assemblea, organo e fiati. Nella sua omelia il Cardinale Segretario di Stato ha evidenziato che “la vera emergenza educativa è la grande sofferenza dei nostri giovani”; e in prima fila in questa sfida, osserva, c’é la famiglia. “Per i genitori – aggiunge il Card. Bertone – l’educazione è un compito essenziale, una missione connessa alla trasmissione della vita, che non può essere delegata ad alcuno”. Il Cardinale celebrante ha invitato dunque i giovani ad essere coraggiosi e coerenti nella fede come lo fu la martire coetanea e concittadina Agata. “Molti genitori poi”, sottolinea, “soffrono oggi di solitudine, inadeguatezza e impotenza”, e per questo, spiega, “occorre ritrovare un’autorevolezza in grado di orientare e aiutare, capace di dire di no, di educare i giovani alla libertà, alla capacità di discernere il bene dal male” e di restituire loro “lacapacità di sognare, di spendersi per la loro felicita”. A conclusione dell’omelia, il Cardinale ha manifestato la sua gioia nel constatare con quanta “grandezza” viene celebrata e vissuta la festa della santa patrona trovandovi quegli elementi che possono rinverdire e rigenerare la fede in Cristo Salvatore. Durante il Rito della presentazione dei doni, oltre alle offerte presentate per il Sacrificio, sono stati donati al Cardinale dei cesti di pesce, segno biblico evocativo del Cristo e testimonianza della tradizione marinara della Città di Catania; le offerte in danaro invece, come ha avvisato Mons. Gristina, saranno utilizzate per la realizzazione di alcune case diocesane annesse ai presidi ospedalieri, volte ad ospitare famiglie poco abbienti di malati con lunga degenza negli ospedali cittadini. La celebrazione si è conclusa con la “speciale benedizione” inviata dal Santo Padre Benedetto XVI a tutta la Città di Catania e all’Arcidiocesi che l’Em.mo Presule ha voluto impartire quale segno dell’attenzione della Chiesa verso le popolazioni del Sud Italia.