La festa di Sant'Agata: cera e devozione

Al via le Celebrazioni in onore di Sant’Agata, Patrona della Città e dell’Arcidiocesi di Catania. Dal corteo per l’offerta della cera alle emozioni dei devoti.

di Alessandro Scaccianoce 

Giorni di festa a Catania e in tutta la Sicilia orientale, in onore di Sant’Agata. Una festa plurisecolare, di impianto barocco, tra le più belle al mondo per partecipazione popolare, fede e folklore. Un evento così straordinario che può essere paragonato soltanto alla Settimana santa di Siviglia o al Corpus Domini di Cuzco, in Perù.

Il 3 febbraio il primo atto della festa: in tarda mattinata dal palazzo comunale il Sindaco e altre autorità escono a bordo delle antiche berline settecentesche (la più nota delle quali è indicata come “Carrozza del Senato”) per essere accompagnati in piazza Stesicoro ai piedi della monumentale chiesa di san Biagio.

Da qui, a mezzogiorno, muove la lunga processione per “l’offerta della cera”. Vi prendono parte tutte le componenti aggregative della città che sfilano lungo via Etnea con le loro rispettive insegne, recando in mano ceri votivi e fiori che verranno deposti in Cattedrale ai piedi dell’altare della Santa martire: Associazioni cattoliche, Confraternite, Movimenti ecclesiali, Ordini cavallereschi, Organizzazioni di volontariato, un’ampia rappresentanza del Clero, i Chierici del Seminario,  l’Arcivescovo con i capitoli della Collegiata e della Cattedrale. Allo storico corteo partecipano anche le autorità civili del Comune e della Provincia di Catania, scortati dai paggi comunali con abiti e parrucche del ‘700.

La processione è chiusa  dalle 11 Candelore, le magnificenti candele votive incastonate in volute barocche, rappresentative di corporazioni e mestieri, che vengono recate a spalla secondo un caratteristico movimento “danzante”.

La lunga processione si conclude in Cattedrale con il solenne canto del Te Deum.

Nella serata del 3 (“a sira ‘o tri”), in piazza Duomo, viene eseguita la tradizionale “Cantata” in onore di Sant’Agata (inni musicali composti da vari autori catanesi nel corso dei secoli), che si conclude con uno spettacolo piromusicale, evocativo non solo del cruento martirio della Santa, ma anche del suo ruolo di guardiana dell’Etna.

Il 4 febbraio, alle prime luci dell’alba, il busto reliquiario di Sant’Agata viene portato fuori dal sacello e intronizzato nel presbiterio. Dopo la celebrazione della Messa, in una Cattedrale gremita di giovani devoti, prende il via il “giro esterno”, una lunga processione che attraversa anche i luoghi del martirio (il carcere e la fornace) e si conclude soltanto nella mattinata del 5 febbraio.

Il 5 febbraio, giorno che commemora il martirio della giovane fanciulla, uccisa in odio alla sua fede, ha luogo il Pontificale, la più solenne Celebrazione Eucaristica di tutta la festa.

Nel poeriggio, ha luogo il “giro interno”. L’ultima processione delle reliquie della Santa Patrona a bordo dell’argenteo fercolo, per il cuore della città. Tappe salienti sono l’approdo in piazza Borgo, salutato da fuochi pirotecnici, la salita di via Sangiuliano e il passaggio da via Crociferi, con sosta dinanzi al Monastero Benedettino delle monache di clausura. Per antichissima tradizione, la processione del giro interno è accompagnata da un gran numero di devoti che recano grandi ceri votivi che ardono lungo tutto il percorso: segno di devozione, scioglimento di un voto o impetrazione di una particolare grazia.

Negli anni la festa ha assunto dimensioni sempre maggiori, registrando presenze di autorità politiche e religiose, oltre che di osservatori e turisti internazionali.

Quest’anno il Pontificale di domenica 5 febbraio sarà celebrato dal Segretario di Stato Vaticano Card. Tarcisio Bertone. Nel pomeriggio la Santa Messa vespertina sarà officiata dal neo-Vescovo Mons. Giuseppe Sciacca, acese di origine, Segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Presenze autorevoli, che sottolineano l’eccellenza della terra siciliana, che – almeno a Sant’Agata – è in grado di dare il meglio di sé.

Vi sarebbe molto altro da raccontare delle celebrazioni agatine, ma basti sapere che in essa si ritrova tutto il calore e l’entusiasmo di cui è capace il popolo siciliano. La bellezza di questa festa, credo, sta proprio nei volti di ciascuno dei devoti, che alla “Santuzza” gridano la loro speranza,  e talvolta anche la loro rabbia o disperazione. E’ un grido liberatorio, è una preghiera, è insieme un invito a svegliarsi dal torpore: “Semu tutti devoti tutti?” (siamo proprio tutti devoti?) è la domanda che scuote le giornate catanesi nei giorni di festa. Ciascuno risponde, riaffermando la propria fede nella protezione di Sant’Agata e in quel Dio nel cui nome Ella affrontò indomita il martirio: “Cettu, cettu!” (certo!). Chiunque osservi non può che la sciarsi interrogare sulla propia fede, sullla propria vita, per poi rispondere – senza  stare troppo a pensare a tutte le cose che ci sarebbero da mettere a posto – insieme con tutti i devoti : “Cittadini, evviva sant’Aita!”.

 

Turni Sacre Quarantore nelle Comunità ecclesiali di Biancavilla

Redazione SME

Arcidiocesi Metropolitana di Catania
COMUNITÀ ECCLESIALE DI BIANCAVILLA

 “La Parola di Dio
si fa carne sacramentale
nell’evento eucaristico”

Benedetto XVI, Verbum Domini

  S A C R E   Q U A R A N T O R E

Turni di adorazione eucaristica

ANNO 2012

16 – 17 – 18 Gennaio:
Monastero “S. Chiara d’Assisi”

19 – 20 – 21 Gennaio:
Parrocchia “Maria SS. Annunziata”

23 – 24 – 25 Gennaio:
Parrocchia “Cristo Re”

26 – 27 – 28 Gennaio:
Parrocchia “SS. Salvatore”

30 – 31 Gennaio – 1 Febbraio:
Parrocchia “SS. Cuore di Gesù”

2 – 3 – 4 Febbraio:
Convento “S. Francesco d’Assisi”

6 – 7 – 8 Febbraio:
Parrocchia “S. Maria dell’Idria”

9 – 10 – 11 – 13 – 14 Febbraio:
Parrocchia “S. Maria dell’Elemosina”

Al via a Biancavilla le SS. Quarantore nelle Parrocchie e Comunità religiose

Redazione SME

Inizia oggi a Biancavilla il lungo periodo di adorazione eucaristica nella forma solenne delle Sacre Quarantore che si concluderà alla vigilia dell’inizio del Tempo di Quaresima.

Per tre giorni consecutivi nella Parrocchie e Comunità religiose della città, secondo un calendario ben definito, il Santissimo Sacramento verrà esposto in forma solenne per l’adorazione da parte dei fedeli. Le giornate saranno scandite da momenti di preghiera comunitaria come l’Ufficio Divino, la Santa Messa, la Coroncina della Divina Misericordia. Per antica tradizione, le giornate si concludono con il solenne canto del Compieta e la Benedizione Eucaristica.

NATALE IN TEMPI DI CRISI

Messaggio di Natale dell’Arcivescovo Mons. Salvatore Gristina alla Chiesa di Catania.

In questi giorni accade spesso che ascoltiamo o noi stessi affermiamo che stiamo vivendo un Natale di crisi. È vero: gli effetti della crisi si vedono facilmente e questo viene percepito soprattutto nell’andamento degli acquisti o nell’organizzazione delle vacanze natalizie. È innegabile che la maggior parte delle famiglie risentano delle difficoltà in corso nella riduzione dei consumi che, invece, appaiono abitualmente favoriti dalla festività natalizia e dall’inizio dell’anno nuovo.
E un Natale in tempi di crisi. Anche se ciò è vero, non possiamo fermarci a questa considerazione che vede solo un aspetto della festa, ma dobbiamo spingerci a guardare oltre. Possiamo così accorgerci, e ciò può costituire una salutare sorpresa, che la crisi riguarda la cornice sempre più appariscente in cui abbiamo collocato il Natale per scelte personali o dettate dalla pubblicità.
Il Natale non è e, soprattutto, non può essere in crisi. Anche quest’anno sarà annunziata a noi la bella notizia del Natale: Un bambino è nato per noi…; è apparsa la grazia di Dio, che porta la salvezza a tutti gli uomini… Anche quest’anno potremo contemplare Maria, la giovane mamma che diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
Non c’era posto: si svolse in tempi di profonda crisi il primo Natale; la crisi è nel DNA del Natale … Maria e Giuseppe erano davvero disagiati e Gesù, l’eterno Figlio di Dio, fu coinvolto nella loro difficoltà. Eppure la luce rifulse e la gioia si manifestò in tali dimensioni che sarebbero state superate solo nel giorno glorioso della Risurrezione di Gesù.
Anche quest’anno ascolteremo l’annunzio dato ai pastori di Betlemme: non temete, ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore… troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia.
Pur non sottovalutando le conseguenze drammatiche e preoccupanti della crisi che fa trepidare molti per il proprio futuro e per quello dei propri figli, potremmo chiederci se in tale contesto è possibile sintonizzarci di più con le caratteristiche del Natale del Figlio di Dio. E quindi: riscopriremo il sapore di termini e di realtà che spesso abbiamo ridotto a elementi decorativi del presepe? La crisi di quest’anno avrà anche l’effetto di alleggerirci fisicamente, e, speriamolo vivamente, anche spiritualmente per farci mettere in movimento ed imitare i pastori che dicevano l’un l’altro: andiamo e vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere? Sarà finalmente il nostro Natale, il Natale di Gesù così come lo vissero Maria, Giuseppe, i pastori e tanta gente semplice che fece festa per la nascita di quel Bambino?
In definitiva, il Natale in tempi di crisi sarà occasione per scoprire e gustare il suo vero significato? Qualcuno potrebbe obiettare: ma c’è proprio bisogno della crisi economica per vivere autenticamente il Natale? Certamente no! Anzi, l’augurio è che tutte le famiglie possano vivere un Natale sereno evitando che le particolari difficoltà del momento ci chiudano in noi stessi, isolandoci dagli altri. La solidarietà e la condivisione devono sempre più riaccendere la fiaccola della speranza nelle famiglie attualmente provate dall’emergenza economica. Solo così il Natale illuminerà e riscalderà questi tempi piuttosto grigi e freddi.
Auguriamoci reciprocamente di lasciarci raggiungere dall’infinito amore di Dio nella condizione in cui ci troviamo. Diventeremo talmente ricchi di amore da poterlo generosamente condividere con gli altri nella generosa e calda solidarietà. Lo auguro cordialmente a tutti.

                                                                              + Salvatore Gristina

8xmille e pseudo inchieste: disinformazione e pregiudizio

L’otto per mille può piacere o non piacere. Si può discutere sulla sua opportunità e sulla sua ripartizione. In un Paese democratico ci sta e sarebbe del tutto normale. Anomalo, e assai poco democratico, è spacciare per informazione la menzogna. Mercoledì prossimo esce un nuovo libro sui «privilegi e scandali del Vaticano», dal titolo I senza Dio, scritto da un giornalista dell’Espresso che già nelle scorse settimane aveva tentato qualche maldestro affondo su Ici e «privilegi» ecclesiastici. L’Espresso da ieri in edicola gli regala un generoso spot. Novità? Nessuna. Le contestazioni sono sempre le stesse da quattro anni. Che cosa scrive il settimanale del gruppo di Carlo De Benedetti? Già il sommario è una cortina fumogena mirata a far coincidere Vaticano e Cei, Santa Sede e Chiesa italiana: «Più di un miliardo l’anno dallo Stato italiano per pagare lo stipendio dei preti. Per i quali bastano 361 milioni. E le altre centinaia? In un’inchiesta, tutta la verità su business e privilegi del Vaticano». Il Vaticano non c’entra niente con l’8xmille, possibile che ancora non lo sappiano, dopo 22 anni? O forse lo sanno? Ci siete o ci fate, distratti colleghi? Tutta la verità: se conoscete la quota destinata al clero, non potete non conoscere tutta la ripartizione, pubblicata su quotidiani e Internet. E allora non potete ignorare che oltre 452 milioni sono destinati alle «esigenze di culto della popolazione». Anche un bambino, cercando su google, scopre in pochi secondi che 190 milioni sono andati all’edilizia di culto, 156 alle diocesi sempre per culto e pastorale, 57 per interventi di rilievo nazionale, 37 per la catechesi e l’educazione, 12 per i tribunali ecclesiastici. L’Espresso, con il tono di chi ha scoperto il vasetto della marmellata nascosto dalla mamma, rivela che 85 milioni sono destinati agli interventi caritativi nel Terzo Mondo, come se fossero gli unici; ma evita di informare, pur sapendolo, che fanno parte di un totale ben più cospicuo di 227 milioni destinati agli interventi caritativi, di cui ben 97 affidati alle diocesi (a proposito di centralismo…). Preferiscono insinuare e infangare, i censori democratici dalla «verità» a senso unico alternato: la Cei «ha stipato nei propri forzieri», «i vescovi fanno la cresta sullo stipendio dei loro sottoposti», la firma sui modelli 730 o Unico sarebbe in realtà «un gigantesco sondaggio d’opinione mettendo una croce». Una croce? Sondaggio? I sondaggi si fanno su un piccolo campione di popolazione. Questo è una sorta di referendum, una forma di democrazia diretta applicata al sistema fiscale, senza alcuna garanzia per la Chiesa né per le altre confessioni religiose: ogni anno tutto dipende dalla fiducia concessa dai contribuenti. Le firme sono poche? Tra chi è tenuto a presentare la dichiarazione, raggiungono il 63,7 per cento, più che in tanti appuntamenti elettorali. E poi: «Santa Casta»? Una «casta» che riceve una media di 1.000 euro al mese di remunerazione? Questi sono gli argomenti e i toni dell’«inchiesta». Con la sparata finale (che con l’8xmille nulla c’entra) di «20 cardinali di stanza a Roma costati oltre 3 milioni di euro». La fonte della cifra assurda? Il settimanale ”The Lancet”, perbacco. Tra pochi giorni su Avvenire una pubblicazione che rispiegherà per filo e per segno tutto ciò che c’è da sapere sull’8xmille. Per essere informati, approvare o criticare, ma a partire dalla verità dei fatti. Non da deformanti singulti ideologici.

fonte:

http://www.avvenire.it/Dossier/chiesaeici/commenti/Pagine/8permilleciriprovano.aspx

I privilegi della Chiesa? Facciamo un po' di chiarezza…

Di fronte alle ennesime e false accuse alla Chiesa, che godrebbe di assurdi e ingiustificati privilegi, pubblichiamo un articolo che cerca di fare chiarezza, spiegando l’infondatezza delle argomentazioni di chi dietro l’amore per l’uguaglianza nasconde invece un pregiudizio non benevolo.

Ancora una volta il tema dell’esenzione Ici prevista per gli immobili di tutti gli enti non commerciali, compresi quelli appartenenti alla Chiesa cattolica quando utilizzati per lo svolgimento di attività di rilevante valore sociale, torna ad essere al centro dell’attenzione provocando un dibattito che spesso pretestuosamente trascura il dato normativo. Cerchiamo perciò di riproporre gli elementi oggettivi dai quali non si può prescindere per una serena e corretta valutazione della questione oggetto di tanto interesse (e purtroppo di almeno altrettante polemiche). La norma contestata (che è solo una tra le nove differenti ipotesi di esenzione dall’Ici contemplate dall’articolo 7 del decreto legislativo 504 del 1992 e sostanzialmente confermate ai fini Imu, l’imposta destinata a sostituire l’Ici dal 2014, ma la cui entrata in vigore è stata anticipata al 2012 dal Decreto Monti) è quella che esenta gli immobili nei quali gli enti non commerciali svolgono alcune specifiche e definite attività di rilevante valore sociale, cioè quelli «destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a) della legge 20 maggio 1985. n. 222 [le attività di religione o di culto]» (art. 7, c. 1, lett. i, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504). Perché un’unità immobiliare sia esente, quindi, occorre che si verifichino contestualmente due condizioni: l’unità immobiliare deve essere utilizzate da enti non commerciali e deve essere destinata totalmente all’esercizio esclusivo di una o più tra le attività individuate; inoltre, come stabilito dopo le modifiche apportate al testo originario, l’esenzione «si intende applicabile alle attività […] che non abbiano esclusivamente natura commerciale». (cfr. c. 2-bis dell’art. 7 del D.L.. n. 203/2005, come riformulato dall’art. 39 del D.L. 223/2006). Quest’ultima condizione è da valutare sulla base della Circolare n. 2 del 2009 con la quale il Ministero delle finanze stabilisce come devono essere svolte le attività perché possa affermarsi che esse «non abbiano esclusivamente natura commerciale». Questo l’insieme delle disposizioni che regolano l’esenzione. Il loro esame consente di collocare correttamente l’agevolazione e di illuminare le presunte “zone grigie”. Non è vero che le unità immobiliari che gli enti non utilizzano e che affittano ad altri soggetti (abitazioni, uffici, negozi…) sono esenti. Pagano l’Ici (e pagheranno l’Imu) semplicemente perché questa previsione di esenzione non esiste.

Per lo stesso motivo non vi è dubbio che non sono esenti le unità immobiliari nelle quali gli enti svolgono alcune attività non comprese tra quelle stabilite dalla legge (i casi sempre citati sono le librerie, i negozi di oggetti sacri, i ristoranti, i bar): l’esenzione non esiste, l’imposta si paga.

Non è vero che basta inserire un’attività non commerciale in un immobile in cui si svolgono attività che non godono del regime di favore per sottrarre all’imposizione tutto l’immobile (il caso di solito citato è quello di un luogo di culto, che sarebbe esente, all’interno di un albergo, che invece non è esente); la legge infatti richiede che ciascuna unità immobiliare sia utilizzata per intero per l’attività agevolata, altrimenti tutto l’immobile perde l’esenzione, compreso il luogo di culto. Non è vero, inoltre, che non è possibile discriminare se un’attività che rientra tra quelle previste dalla norma di esenzione sia effettivamente svolta in maniera non esclusivamente commerciale e quindi usufruisca legittimamente dell’esenzione. Ad esempio, utilizzando la Circolare per quanto riguarda le attività assistenziali si può precisare che fra queste rientrano solo quelle riconducibili ai servizi sociali e che vi sono comprese sia quelle prestazioni rese gratuitamente o con compenso simbolico, sia quelle svolte in convenzione con l’ente pubblico, a condizione che le rette previste siano quelle fissate dalla convenzione; ciò, afferma la Circolare, serve a garantire che le attività siano svolte «con modalità non esclusivamente commerciali (…) assicurando che tali prestazioni non sono orientate alla realizzazione di profitti». Oppure, con riferimento alle attività culturali, la Circolare stabilisce che vi rientrano i teatri, ma limitatamente a quelli «che si avvalgono solo di compagnie non professionali».

Gli esempi potrebbero continuare e la lettura della Circolare, che consigliamo a chiunque voglia comprendere di cosa si discute, è quanto mai utile per capire che la modalità richiesta, non esclusivamente commerciale, garantisce che le unità immobiliari favorite dall’esenzione vengano effettivamente utilizzate per rendere servizi di rilevante valore sociale da parte di enti che non hanno fine di lucro e che pertanto il vantaggio ricade sui loro “utenti”.

fonte: http://www.avvenire.it/Dossier/chiesaeici/cosadicelegge/Pagine/Maqualezonagrigia.aspx