Contemplando il Cristo Eucaristico solennemente esposto in Basilica Santuario a Biancavilla, in occasione delle Sacre Quarantore 2012

Redazione SME

Nel Nuovo Testamento (vangeli sinottici, San Paolo, San Giovanni) e nella tradizione dei primi cristiani, l’eucarestia è il cibo da mangiare e il sangue da bere: «prendete e mangiate….prendete e bevete…». Questo è e rimane lo scopo primo e fondamentale dell’Eucarestia.

Un celebre passo di San Giustino, nella sua prima apologia (secondo secolo d.C) ci dice come veniva celebrata la Messa da questi primi cristiani. Dal testo emerge chiaramente la fede nella reale presenza, come dirà in seguito la teologia scolastica medievale, del Signore Gesù nel pane e nel vino eucaristicizzati e che tale presenza-significato non è limitata al momento della celebrazione, poiché viene portata agli assenti, senza limiti di tempo. Le testimonianze al riguardo sono innumerevoli: chi non ricorda la figura di san Tarcisio, esaltata dai distici di papa Damaso (366-384), che difese con la vita dalla profanazione dei pagani l’eucaristia che portava ai malati?

L’archeologia e la pittura ci testimoniano le prime custodie eucaristiche: scatolette di avorio, di metallo da portare al collo per portarla ai malati, in viaggio. Nelle Costituzioni Apostoliche, una raccolta di leggi, di preghiere, di usanze liturgiche nata nell’ambiente antiocheno nel quarto secolo, si legge alla fine della descrizione della Messa: «Dopo che tutti e tutte abbiano comunicato, i diaconi, raccolti i resti, li portino nel pastoforio» (Libro VIII, 13) un luogo particolare per conservarla che possiamo considerare l’antenato del nostro tabernacolo.

Non finiremmo più di citare Padri della chiesa, testi liturgici, usanze particolari al riguardo. Lungi dall’essere confinata sull’altare, l’eucaristia parte da lì, va nelle case dei fedeli, li segue nella loro vita quotidiana, nei loro viaggi, soprattutto nell’ultimo viaggio, il viatico. Questa presenza della Eucaristia nei luoghi più disparati, è per noi impensabile: Novaziano (morto intorno al 258) si lamenta che ci siano cristiani che dopo la celebrazione vadano tranquillamente con l’eucarestia allo stadio! invece di portarla a casa secondo l’uso. (De spectaculis III)

Il passo dalla custodia alla venerazione, anche pubblica, è breve e anche comprensibile. Nel medioevo si accentua con riti e preghiere la fede nella reale presenza del Signore nel pane e nel vino consacrati: processioni, benedizioni eucaristiche, la stessa festa del Corpus Domini (istituita nel 1264) celebrano questa Presenza. Nascono in questo periodo celebri preghiere che fanno parte anche oggi del patrimonio eucologico della chiesa, dalla sapienza di San Tommaso D’Aquino: «adoro te devote» e «ave verum corpus» e «pange lingua»… Il concilio di Trento (1545-1563) respinge la dottrina protestante sulla Messa e sul suo significato, ribadendo il valore sacrificale della stessa e la reale presenza di Cristo negli elementi consacrati. Nel 1800 si assiste ad un ulteriore sviluppo dell’adorazione con la fondazione di congregazioni eucaristiche, di congressi, unioni per l’adorazione notturna ecc… che si muovono nella prospettiva della riparazione delle offese al Signore presente, della consolazione al Signore nascosto nel tabernacolo (il divin prigioniero…). Agli inizi del 1900 san Pio X inizia un cammino di riunione tra la celebrazione e l’adorazione con i decreti sulla comunione frequente, sulla comunione ai bambini ecc.

Da quanto detto, appaiono allora chiare le ragioni della adorazione eucaristica come prolungamento della celebrazone-comunione eucaristica e che ad essa rimanda.

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