Pensieri, sentimenti e riflessioni della scrittrice biancavillese, Alfia Milazzo, al fianco della Madre Addolorata, nella tradizionale processione della “Cerca”, tra le strade della cittadina etnea, la la mattina del Venerdì Santo.

di Alfia Milazzo

Esce all’alba Maria di Nazareth. Alle sei in punto. Il portone della chiesa del Purgatorio le si spalanca davanti. Tra mulinelli di polvere e dolci bagliori dorati si sposta la sua sacra pietra sepolcrale. E la tenue luce dell’aurora delicatamente le accarezza il volto di cera, dipingendolo di rosa. Strizza gli occhi, avanzando incerta verso il giorno che l’attende. Quello di una nuova Passione.

Un austero manto blu scuro quasi viola la ricopre dal capo ai piedi. La sua mano sostiene un pugnale che le si infligge al petto. Aha, è un cuore che sanguina il suo. Se ne va così, dolorosa, piangente, alla cerca del figlio. E dietro di lei il corteo solenne, la confraternita dei Bianchi, il clero, la banda, i devoti e le donne di Biancavilla.  (Tratto dal libro “Il paradiso siamo noi”).

C’è sempre un angolo nelle strade della vita, che noi percorriamo alla cieca: quell’angolo insegna a fidarci del buon Dio, a credere nella luce che incontreremo, pur essendo noi in quell’istante, immersi nell’incertezza delle tenebre. Nel mattino della “Cerca”, Maria mi ha preso per mano e mi ha aiutato a superare l’angolo del mio cammino. Aldilà di esso il dolore mi attendeva per dissolversi nel tratto chiaroscuro del passato.

Abbiamo tutti fame. Fame d’amore. La povertà più diffusa nel nostro tempo, l’indigenza (come la definisce Marìa Zambrano) più assoluta è quella dell’Amore. Non trova posto nella nostra mente, e se vi riesce, deve giustificarsi, o restare in incognito, o confondersi nelle pieghe tristi della libido, oppure ancora celarsi tra malattie e atti libertari. No, l’Amore, l’Amore vero, va liberato, incentivato, vissuto    pienamente, condiviso. L’Amore più autentico e libero conduce l’uomo fuori dalla caverna perché attrae alla vita. E’ Amore quella pietà che annienta l’invidia, il peggiore nemico. E’ Amore quella cura che solleva dal male. Quel silenzio di chi ascolta in pace. Quel calore di un viso che contiene in sé le lacrime altrui, che le serba e le custodisce per raccogliere acque di conforto e di verità. E’ Amore l’aurora di Maria che cerca suo figlio insieme a noi. Mentre noi raccogliamo molliche di pane lasciate dal suo passaggio. 

Viviamo un’esistenza fatta di frammenti. L’intero ci sfugge, si nasconde. Il tempo stesso è un coccio di anima che raccogliamo per non sparire. I bambini ne sono vittime più di noi. Li richiamiamo spesso all’urgenza di fare presto, sottraendoli al loro tempo, che è dilatato perché nell’infanzia tutto è e deve essere possibile. Freniamo il nostro ritmo, creiamo spazi di gratuità, soffermiamoci a chiedere il perché, il significato delle cose e delle parole che entrano nella nostra coscienza. Imparando dai bambini.

 Non fate che i bambini portino la Croce!

Donne sole con il loro pianto. Donne uccise dai loro mariti o compagni. Donne vittime di violenza, donne bambine abbandonate negli angoli del mondo, donne senza pace, senza amore, senza gioia. Donne in lutto nelle guerre, tristi nella fame, gravide della sofferenza dei propri figli. Donne Kamikaze. Donne vittime dell’odio. Donne che odiano. Donne che non piangono più. Donne che stanno alla porta, che non sperano, che non vivono. Donne alla televisione. Donne senza anima. Donne senza volto. Senza voce. Senza amore. E tu qui, per loro, Maria.

Nella cappella delle clarisse il silenzio di Dio muta in canto.

La Luce si fa suono. L’anima non ha più confini.

La vecchiaia ci appartiene come il solco nero di una lettera che scriviamo dalla nascita. Il tempo per chi è vecchio è un balcone dal quale si scorge l’abisso.

Ma nella rete della durata e del tempo, la tela della fede si dispone per accogliere e salvare.

E in essa, Maria fa da telaio.

dal blog http://nuke.mammablog.it/

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