di Alessandro Scaccianoce

La sensazione che pervase tutti noi, all’annuncio della morte di Giovanni Paolo II, in quella sera del 2 aprile 2005, fu quella di sentirci più soli. Veniva a mancare il punto di riferimento dell’intera Chiesa Cattolica, il segno vero ed efficace della nostra unità. Non erano chiacchiere – mi resi conto – quelle sul ruolo di Pietro, sul suo primato nella carità. Che ne sarebbe stato della Chiesa? Per molti di noi si trattava del primo evento di questo tipo: la morte del Papa. Un uomo che aveva accompagnato tutta la nostra vita fino a quel momento. Era uno di famiglia. Come immaginarsi senza?

Quell’evento mi fece comprendere l’imprescindibile ruolo del successore di Pietro, che nessun altro organismo può rivestire o ricoprire. Non ci sono creazioni collegiali che possano sostituire il suo ruolo di custode della fede e di garante dell’unità della Chiesa, colui che conferma la fede di noi tutti. Non si tratta di nostalgie monarchiche, perché è nella parole di Gesù che trova fondamento il suo ruolo: “pasci le mie pecorelle!”. Non un primato politico, coercitivo o repressivo, ma un primato di servizio, che illumina, incoraggia e sostiene, rimandando continuamente al Signore.

Alla preghiera di suffragio per il grande dono ricevuto di Papa Giovanni Paolo II,  si aggiungeva, pertanto, in quei giorni l’ansia per un successore che potesse ricoprire altrettanto degnamente il ruolo di “Vicario di Cristo”.

Lo Spirito Santo non ha abbandonato la Chiesa, con il dono di Papa Benedetto XVI, continuatore e perfezionatore dell’opera del suo predecessore. E mentre la gente, dopo il primo discorso del neo-eletto Pontefice, si affrettava a fare i primi paragoni, dalle differenze fisiche, agli aspetti caratteriali, il cuore si acquietava al pensiero di avere un nuovo Padre Santo. Il Signore  aveva mantenuto fede alla sua promessa: “sono con voi tutti i giorni”. Giovanni Paolo II aveva concluso la sua esperienza terrena. Era il momento di riprendere in mano i suoi insegnamenti, troppe volte dimenticati da chi ne aveva fatto un simbolo di buonismo e di pacifismo, banalizzandone il carattere profetico e cercando di tenere in sordina i suoi richiami alla verità del Vangelo e alle esigenze morali che ne derivano. “Le porte degli inferi non prevarranno”, aveva detto Gesù a Pietro, precisando che sulla sua roccia si sarebbe fondata quella comunità di credenti che nasceva dal suo seno. Perché, se è vero che “dove due o tre sono riuniti nel suo nome” Cristo è in mezzo a loro, è anche vero che “ubi Petrus ibi Ecclesia” e – aggiungiamo in climax ascendente, con tutta la Tradizione vivente della Chiesa: “ubi Petrus ibi Christus, ubi Christus ibi Pax, ubi Christus ibi omnia”.

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