Maria, non è ostacolo ma opportunità per il dialogo ecumenico

Riflessione a margine della “Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani”

di P. Mario Piatti icms

Una lettura della figura di Maria Santissima, indubbiamente interessante, per le ricche e articolate implicazioni che inevitabilmente suggerisce, è quella “ecclesiale”. Anche attenendoci strettamente al dato biblico, è evidente come la sua esperienza, unica, di Dio, il suo particolarissimo rapporto con l’Altissimo -la cui Parola, espressione della divina Volontà, diviene il criterio fondamentale della sua vita e delle sue scelte- non si risolvono mai soltanto nel mistero del suo Cuore, ma si dilatano, coinvolgendo il suo “prossimo”: si tratti dello sposo, San Giuseppe; di Elisabetta e della sua famiglia; dei Pastori; dei vegliardi Simeone e Anna; degli sposi di Cana.

Il “Vangelo dell’Infanzia”, come ci è narrato da Matteo e da Luca, insiste su questo carattere “ecclesiale” della Vergine, che, quasi per un istinto spirituale, per una particolare mozione dello Spirito, è portata sempre a creare unità, a cercare costantemente nuovi motivi e canali di dialogo nella Fede, estendendo i confini della sua carità a tutti coloro che Jahvé le fa incontrare sul suo cammino. È Donna di comunione, promotrice infaticabile di quei legami nello Spirito che non risalgono né alla carne né al sangue, ma che trovano solamente in Dio la loro origine e la loro sorgente (cfr. Gv 1,13).

La Madre di Dio, dovunque, favorisce il realizzarsi di quella dimensione nuova, inaugurata dalla Incarnazione e ufficialmente promossa da Cristo stesso, che chiama i suoi discepoli prima di tutto a stare con Lui (cfr. Mc 3,14), a condividere la sua vita in una sequela sempre più esigente e radicale. In questa nuova “generazione nello Spirito” si colloca la Vergine Santa. Ogni icona evangelica mariana offre proprio come una prospettiva nuova per comprendere il mistero di Cristo e della Chiesa, contemplato da angolature sempre diverse.

Nella Annunciazione lo sfondo non si restringe al pur straordinario colloquio con l’Angelo, ma subito si apre a dimensioni universali: Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio dell’Altissimo. Ciò che avviene nel segreto del Cuore e nella riservata cornice delle mura domestiche ha immediatamente un riflesso universale, che travalica i confini angusti della “privacy”, per divenire patrimonio di tutti, riferimento perenne e paradigma per il discepolo del Signore. Ogni gesto, ogni mozione, ogni desiderio del Cuore Immacolato sono per questo “ecclesiali”, contribuiscono a far crescere nella Fede il popolo di Dio, che, di generazione in generazione, avrebbe attinto luce e Grazia dai misteri vissuti dalla Vergine.

La Visitazione ci offre una immagine vivace, concreta e “famigliare”, di Chiesa, che sembra pienamente realizzare le parole stesse di Gesù: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (cfr. Mt 18,20). In mezzo, tra le due donne, vi è il Figlio di Dio, la cui presenza è percepita da Elisabetta – a che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? – e da Giovanni, che esulta di gioia messianica nel seno materno.

Non è certamente questo il luogo per passare in rassegna tutti i numerosi passi del Vangelo, che attestano, in una luce sempre nuova, il rapporto inscindibile tra il mistero della Vergine e il mistero della Chiesa: basti pensare a Cana, alla Croce, alla “vita pubblica” del Signore. Ogni riferimento evangelico –che identifica Maria come la discepola per eccellenza, la Figlia di Sion, l’Arca dell’Alleanza- conferma la sorprendente ricchezza di temi e di toni, che contribuiscono a chiarire e ad approfondire il nesso vitale e imprescindibile di Maria con la Comunità cristiana.

In base a queste semplici osservazioni, la persona di Maria Santissima, anziché rappresentare quasi un ostacolo al dialogo ecumenico, sembra al contrario aprire vie sempre nuove di coesione e di comunione tra i credenti in Cristo.

Un altro motivo pare confermare questa elementare “scoperta”: il riscontro, nel cuore e nella vita, di una sincera “passione ecumenica”, soprattutto in chi ha coltivato una particolare devozione mariana. Viene subito alla mente l’esempio di Giovanni Paolo II, infaticabile apostolo di dialogo, promotore di incontro e di confronto con tutte le Chiese e consacrato a Dio attraverso le mani di Maria Santissima. L’amore filiale per Lei ha acuito la sensibilità ecumenica del Pontefice, che ha percorso sentieri sempre nuovi di comunione e di riconciliazione, offrendo gesti di amicizia, di disponibilità, di perdono. L’espressione “Totus tuus” è significata la totale adesione ai desideri della Vergine, non ultimo la ritrovata unità di tutti i discepoli di Cristo, cioè di tutti i suoi figli.

Gli Atti degli Apostoli si aprono con la famosa icona di Maria Vergine, assidua nella preghiera con gli apostoli e con i “fratelli” di Gesù (cfr. Atti 1,14). Parafrasando l’espressione ed estendendola oltre i confini dello stretto “parentado” carnale di Cristo, possiamo assumerla come un rinnovato auspicio di piena comunione tra i credenti: seppure “separati”, essi rimangono fratelli del Signore, in virtù della medesima fede nel Risorto e di quella originaria appartenenza alla Chiesa nascente, in cui la Madre è presente, con la missione particolare di favorire la carità e di intercedere incessantemente il dono dello Spirito.

Certo, i passi da compiere sono tanti: ancora di più, per questo, confidiamo in quella materna intercessione, che riconduca la Chiesa alla primitiva unità e renda davvero i cristiani “un cuor solo e un’anima sola” (cfr. Atti 4,32), come la comunità di Gerusalemme di 2000 anni fa.

Proteste siciliane: contro chi? quali idee per un nuovo sviluppo del territorio?

Riflessioni sulle proteste d questi giorni. Per una nuova idea di Sicilia

di Alessandro Scaccianoce

In questi giorni una dura manifestazione di protesta sta sferzando l’Italia. L’iniziativa è partita dalla Sicilia e ha visto gente aggregarsi in varie forme, apartitiche e apolitiche, difficilmente identificabili, per scatenare il suo malcontento. Qualche osservatore ha addirittura paragonato questo movimento di protesta alla c.d. “primavera araba” che è scoppiata un anno fa nei territori del nord-africa. A ben guardare, le ragioni della protesta non mancano: dal caro benzina alle tasse sulla prima casa, dalle liberalizzazioni alle regole sui “licenziamenti agevolati”.

In poco tempo, soprattutto grazie ai social network, la polemica è dilagata nel resto d’Italia. Un movimento incontrollato di cui non è possibile ad oggi prevedere gli esiti.

Per quanto riguarda la nostra Sicilia, le richieste di riduzione del prezzo del carburante sono più che legittime, considerato che oltre il 40% della benzina consumata in Italia viene raffinata sull’Isola.  Con tutto quello che l’industria della raffineria comporta in termini di inquinamento ambientale. Insomma, uno scatto d’orgoglio siciliano che smentisce l’idea comunemente diffusa di un popolo da sempre avvezzo a farsi andar bene tutto.

Tuttavia, le proteste, come tutte le proteste, devono avere una chiara e ben definita idea sottostante, per evitare che diventi solo un gran polverone in cui nella mischia si finisce per contestare tutto. Così, nel calderone del malcontento sono finiti i privilegi – talvolta veri, talaltra supposti – dell’una e dell’altra categoria, e – neanche a dirlo – la Chiesa, con il suo “patrimonio” e il suo “strapotere”. Nessuno è risparmiato! In altri termini, c’è il rischio di una contestazione del sistema nella sua globalità, uno sfogo di istinti più o meno ancestrali, un odio preconcetto verso tutto e tutti. Che è l’unica cosa di cui in questo momento non abbiamo bisogno.

Le conseguenze delle proteste di questi giorni sono sotto gli occhi di tutti. Con tutti i danni collegati: pesce, verdura e frutta, arance in primis, che restano a marcire sul nostro suolo nel periodo dell’anno in cui è centrale il commercio degli agrumi, vitale per l’agricoltura siciliana, che da decenni vive in agonia. umiliante anche, per chi è costretto a lavorare da “pendolare” doversi continuamente giustificare per oltrepassare i blocchi ai varchi di strade e autostrade.

Probabilmente c’è di che lamentarsi, e a ragione, per un territorio  dimenticato da chi governa, a tutti i livelli, ma anche poco rispettato da chi vi abita. Perché, è bene dirlo, il risultato di una certa arretratezza infrastrutturale ed economica non può solo imputarsi ai governanti di turno (e in 150 anni di unità d’Italia si sono avvicendati al governo tutti i partiti politici, proprio tutti!), ma anche agli abitanti hanno la loro parte in causa, con il loro scarso senso civico e il loro debole amore per la “cosa pubblica”.

Perché al nord si discute dell’alta velocità e per percorrere la tratta Catania-Palermo in treno occorrono oltre 4 ore su un unico binario risalente a più di un secolo fa? Perché le città del nord si organizzano sviluppando una rete di trasporto pubblico efficiente, mentre da noi esistono pochissimi e precari mezzi pubblici? Perché località assai meno belle si organizzano con strutture ricettive efficienti che richiamano turisti da oggi parte del mondo, e la Sicilia, con tutto il suo patrimonio storico e culturale non riesce ad imporsi a livello internazionale come isola del turismo? Perché un’area territoriale che si autodefinisce come “Padania” pretende privilegi e autonomie di cui la Sicilia gode già sulla carta dal lontano 1946?

Queste e molte altre domande possono stimolare quel necessario rapporto di amore con la propria terra che garantisca lo sviluppo del territorio e quella promozione umana che vi corrisponde.

La protesta ci interroga sul nostro rapporto con il territorio che ci circonda, perché la prima causa di sviluppo della Sicilia non possono che essere gli stessi siciliani. La crisi può essere davvero un’occasione per ripartire da capo, per riflettere su noi stessi, sul nostro modo di vivere, come ha sottolineato in più occasioni il Magistero della Chiesa. L’invito, dunque, è di lasciarci interpellare dalla crisi, non facendoci vincere dall’odio, ma affrontando il futuro con speranzosa fiducia, ripartendo da questa realtà, dalla nostra storia e dalle grandi potenzialità insite nella nostra cultura siciliana.

"Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione"

Il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 46a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Di seguito pubblichiamo il Messaggio del Papa per la Giornata, che quest’anno si celebra domenica 20 maggio.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2012, Festa di san Francesco di Sales

Cari fratelli e sorelle,
all’avvicinarsi della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2012, desidero condividere con voi alcune riflessioni su un aspetto del processo umano della comunicazione che a volte è dimenticato, pur essendo molto importante, e che oggi appare particolarmente necessario richiamare. Si tratta del rapporto tra silenzio e parola: due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato.
Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci. Tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena. Nel silenzio, ad esempio, si colgono i momenti più autentici della comunicazione tra coloro che si amano: il gesto, l’espressione del volto, il corpo come segni che manifestano la persona. Nel silenzio parlano la gioia, le preoccupazioni, la sofferenza, che proprio in esso trovano una forma di espressione particolarmente intensa. Dal silenzio, dunque, deriva una comunicazione ancora più esigente, che chiama in causa la sensibilità e quella capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami. Là dove i messaggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio. Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un’autentica conoscenza condivisa. Per questo è necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di “ecosistema” che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni.
Gran parte della dinamica attuale della comunicazione è orientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricerca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte; anzi, spesso l’uomo contemporaneo è bombardato da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte. Il silenzio è prezioso per favorire il necessario discernimento tra i tanti stimoli e le tante risposte che riceviamo, proprio per riconoscere e focalizzare le domande veramente importanti. Nel complesso e variegato mondo della comunicazione emerge, comunque, l’attenzione di molti verso le domande ultime dell’esistenza umana: chi sono? che cosa posso sapere? che cosa devo fare? che cosa posso sperare? E’ importante accogliere le persone che formulano questi interrogativi, aprendo la possibilità di un dialogo profondo, fatto di parola, di confronto, ma anche di invito alla riflessione e al silenzio, che, a volte, può essere più eloquente di una risposta affrettata e permette a chi si interroga di scendere nel più profondo di se stesso e aprirsi a quel cammino di risposta che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo.
Questo incessante flusso di domande manifesta, in fondo, l’inquietudine dell’essere umano sempre alla ricerca di verità, piccole o grandi, che diano senso e speranza all’esistenza. L’uomo non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito, tanto più nel nostro tempo in cui “quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali” (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2011).
Sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda, ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità. Non c’è da stupirsi se, nelle diverse tradizioni religiose, la solitudine e il silenzio siano spazi privilegiati per aiutare le persone a ritrovare se stesse e quella Verità che dà senso a tutte le cose. Il Dio della rivelazione biblica parla anche senza parole: “Come mostra la croce di Cristo, Dio parla anche per mezzo del suo silenzio. Il silenzio di Dio, l’esperienza della lontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nel cammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. (…) Il silenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole. In questi momenti oscuri Egli parla nel mistero del suo silenzio” (Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 30 settembre 2010, 21). Nel silenzio della Croce parla l’eloquenza dell’amore di Dio vissuto sino al dono supremo. Dopo la morte di Cristo, la terra rimane in silenzio e nel Sabato Santo, quando “il Re dorme e il Dio fatto carne sveglia coloro che dormono da secoli” (cfr Ufficio delle Letture del Sabato Santo), risuona la voce di Dio piena di amore per l’umanità.
Se Dio parla all’uomo anche nel silenzio, pure l’uomo scopre nel silenzio la possibilità di parlare con Dio e di Dio. “Abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola, la Parola redentrice” (Omelia, S. Messa con i Membri della Commissione Teologica Internazionale, 6 ottobre 2006). Nel parlare della grandezza di Dio, il nostro linguaggio risulta sempre inadeguato e si apre così lo spazio della contemplazione silenziosa. Da questa contemplazione nasce in tutta la sua forza interiore l’urgenza della missione, la necessità imperiosa di “comunicare ciò che abbiamo visto e udito”, affinché tutti siano in comunione con Dio (cfr 1 Gv 1,3). La contemplazione silenziosa ci fa immergere nella sorgente dell’Amore, che ci conduce verso il nostro prossimo, per sentire il suo dolore e offrire la luce di Cristo, il suo Messaggio di vita, il suo dono di amore totale che salva.
Nella contemplazione silenziosa emerge poi, ancora più forte, quella Parola eterna per mezzo della quale fu fatto il mondo, e si coglie quel disegno di salvezza che Dio realizza attraverso parole e gesti in tutta la storia dell’umanità. Come ricorda il Concilio Vaticano II, la Rivelazione divina si realizza con “eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto” (Dei Verbum, 2). E questo disegno di salvezza culmina nella persona di Gesù di Nazaret, mediatore e pienezza di tutta la Rivelazione. Egli ci ha fatto conoscere il vero Volto di Dio Padre e con la sua Croce e Risurrezione ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla libertà dei figli di Dio. La domanda fondamentale sul senso dell’uomo trova nel Mistero di Cristo la risposta capace di dare pace all’inquietudine del cuore umano. E’ da questo Mistero che nasce la missione della Chiesa, ed è questo Mistero che spinge i cristiani a farsi annunciatori di speranza e di salvezza, testimoni di quell’amore che promuove la dignità dell’uomo e che costruisce giustizia e pace.
Parola e silenzio. Educarsi alla comunicazione vuol dire imparare ad ascoltare, a contemplare, oltre che a parlare, e questo è particolarmente importante per gli agenti dell’evangelizzazione: silenzio e parola sono entrambi elementi essenziali e integranti dell’agire comunicativo della Chiesa, per un rinnovato annuncio di Cristo nel mondo contemporaneo. A Maria, il cui silenzio “ascolta e fa fiorire la Parola” (Preghiera per l’Agorà dei Giovani a Loreto, 1-2 settembre 2007), affido tutta l’opera di evangelizzazione che la Chiesa compie tramite i mezzi di comunicazione sociale.

BENEDICTUS PP XVI

Adsense

Archivio

Traduci