L’IMMAGINE DELLA MADONNA DELL’ELEMOSINA APPRODATA IN INDIA

É arrivata quest’oggi in India l’immagine della Madre della Misericordia, una fedele riproduzione stampata su tela dalle stesse dimensioni dell’originale bizantina venerata nella Basilica Santuario di Biancavilla.
Sarà così presto in mezzo alle popolazioni cattoliche della parte meridionale del Paese, nello stato del Kerala, precisamente nella zona dei distretti di Kannur e Kasaragod nel nord della provincia indiana.
L’icona richiesta dai padri missionari, è stata benedetta lo scorso 8 maggio nel Santuario di Biancavilla, per poi essere inviata con posta prioritaria assicurata, a cura dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”.

Ci piace condividere la traduzione della mail della Comunità dei Missionari all’arrivo dell’immagine:

“Cari fratelli di Biancavilla, grandi notizie!
Oggi abbiamo ricevuto l’immagine della Madonna dell’Elemosina tramite l’ufficio postale. Dobbiamo dire che l’imballaggio era molto buono e abbiamo ricevuto la tela senza danni.
Abbiamo anche ricevuto le immagini più piccole e le immagini di medie dimensioni.
Vi ringraziamo molto per il vostro gentile aiuto per l’invio dell’immagine di Nostra Signora.
È fonte di grande gioia!
L’immagine è troppo preziosa per noi.
Grazie ancora per il vostro gentile aiuto e anche un ringraziamento speciale al Padre Rettore del Santuario e a tutte le persone della vostra équipe mariana.
Dal momento che qui, in India, stiamo attraversando il blocco e la maggior parte delle chiese, negozi e altri servizi sono chiusi, ci vorrà ancora del tempo prima dell’inizio della ripresa delle Missioni; ricominceremo solo quando l’immagine sarà pronta su supporto rigido e soprattutto quando la situazione Covid nel nostro distretto sarà sotto controllo.
Uniti sempre nella preghiera.
Fratello Gary”.




SIGNORE, QUANDO ARRIVI?

Le Clarisse di Biancavilla cantano la loro vocazione

Le sorelle clarisse del Monastero “S. Chiara” di Biancavilla, intonano un canto che esprime l’essenza della loro vocazione: l’attesa del Signore, come sposo, e la preghiera di intercessione per tutti i bisogni dell’umanità.
Un canto d’amore, che eleva il cuore al desiderio di Dio…
È bello anche per noi farci trovare a casa, quando arriva il Signore. La nostra casa è il nostro cuore…

Il testo del brano è delle Clarisse del nord Europa, la melodia delle Clarisse di Caltanissetta.
Esecuzione delle Clarisse di Biancavilla.

‘MATER MISERICORDIAE’ NELLE LITANIE LAURETANE

Il Papa ha scelto di aggiungere tre nuove invocazioni alle Litanie Lauretane. Tra queste
“Mater Misericordiae”, ovvero Madre di Misericordia, un titolo caro e prezioso per il nostro Santuario, dove da secoli la Madonna è invocata col titolo di Madre dell’Elemosina o della Misericordia.

Anche per questo suo specialissimo titolo, nel 2016 Papa Francesco ha scelto l’Icona di Biancavilla da esporre in piazza San Pietro per le celebrazioni della canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta e per il Giubileo delle Associazioni e dei Santuari mariani di tutto il mondo.
Ci piace pensare che, da oggi, saremo ancora più in comunione con tutti i fedeli che in ogni parte del mondo chiameranno Maria con l’appellativo di Madre di Misericordia.

Il Santo Padre ha anche scelto di introdurre nelle litanie due ulteriori invocazioni: “Mater Spei” (Madre della speranza) e “Solacium migrantium” (conforto dei migranti).




L’invocazione “Mater Misericordiae” sarà collocata dopo “Mater Ecclesiae”; “Mater Spei” seguirà “Mater divinae gratiae”; “Solacium Migrantium” dopo “Refugium peccatorum”.


“Maria attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti senza escludere nessuno”

(Papa Francesco)

Papa Francesco e la preghiera del Rosario insieme ai Santuari del Mondo

Sabato 30 maggio, alle ore 17.30, Papa Francesco presiederà la recita del Santo Rosario dalla “Grotta di Lourdes”, nei Giardini Vaticani.

La celebrazione sarà trasmessa in mondovisione e coinvolgerà alcuni tra i più grandi Santuari dei cinque continenti.
Insieme, dunque, nel tempo della pandemia, per invocare il soccorso e la Misericordia di Maria Santissima e affidare al Signore l’umanità intera così duramente provata.

Ad ispirare la preghiera, guidata dal Santo Padre, sarà un passo degli Atti degli Apostoli: “Assidui e concordi nella preghiera, insieme con Maria” (At 1, 14).

La Comunità del Santuario mariano di Biancavilla, si unirà spiritualmente a questo momento di preghiera dalla zona “Sberno nord” dove sarà presente l’icona della Vergine Santissima dell’Elemosina, pellegrina tra le famiglie di alcuni quartieri della città.

Maestro, dove vuoi che prepariamo la Pasqua?

Spunti per una “Pasqua domestica”, in tempi di quarantena per il Coronavirus.

di Alessandro Scaccianoce, diacono

“Dove vuoi che prepariamo la Pasqua?”: questa domanda, riportata dagli evangelisti, ci interpella particolarmente in questi giorni, alle porte della Pasqua annuale, che giunge in un momento assai difficile e faticoso per il mondo intero.

In condizioni normali, questi giorni sarebbero stati pieni di preparativi, nelle nostre chiese, come anche nelle nostre case, per apparecchiare la Pasqua del Signore e dare vita a riti e tradizioni che i secoli ci hanno consegnato. Specialmente a Biancavilla, come in molti altri centri del nostro mezzogiorno, infatti, ai riti liturgici si accompagnano manifestazioni di pietà popolare molto sentite.

Eppure quest’anno la Quaresima si è accompagnata alla quarantena, e la Pasqua arriva nel contesto di un lockdown mondiale, che non ha precedenti.




Guardando sulla tv locale le immagini delle edizioni scorse della Settimana Santa biancavillese, mi è venuto un nodo alla gola, pensando che quest’anno non seguiremo l’Addolorata nel lungo peregrinare mattutino del Venerdì Santo, non ci sarà la via Crucis vivente per le nostre strade e non sfileranno i Misteri della passione del Signore, né potremo guardare con animo lieto e soddisfatto il bacio di Maria col Signore Risorto nel mezzogiorno di Pasqua (‘a Paci), come se fossero anche loro ridotti in quarantena.

Ho letto proprio in questi giorni il commento sui social di un amico che diceva: “Come facciamo per la Domenica delle Palme? Io non vado spesso a Messa, ma quella delle Palme è sempre stata un’occasione molto sentita per me”. Mi sembra l’attualizzazione più sincera e spontanea della domanda che gli apostoli rivolgono a Gesù: “Dove vuoi che prepariamo la Pasqua?”

È una domanda che ci attraversa, che ci scuote in questi giorni. In altri termini, potremmo dire, anche con un certo risentimento: perché, Signore, stai permettendo che accada tutto questo? Come pensi che possiamo preparare la Pasqua in queste condizioni? Che Pasqua possiamo celebrare in questo stato? In fondo, avremmo fatto delle cose buone per te o, quantomeno, nel tuo nome.




Eppure siamo chiusi in casa, privati delle cose più belle, degli abbracci, degli scambi di affetto con le persone a noi care, con gli amici, privati della gioia di stare insieme. Un isolamento fisico che ci esaspera qualche volta, che ci spazientisce. A ciò si aggiunge la sofferenza di chi è ammalato, di chi è più fragile e sa di essere più a rischio, di chi lavora in ambito sanitario, sapendo di essere esposto, come nella prima linea di una trincea, al fuoco del nemico.

“Dove vuoi che prepariamo la Pasqua?”. A casa. Nel nostro spazio quotidiano, con le persone con cui siamo a contatto strettissimo. Una Pasqua a kilometro zero. Una Pasqua in casa, in famiglia. È qui che vivremo fisicamente i giorni di pasqua. È qui che possiamo preparare la Pasqua del Signore. Perché, se vogliamo, questa condizione necessitata può diventare l’occasione per scoprire una dimensione più profonda di questa ricorrenza.

Nel mistero della Pasqua, Dio stesso entra nel mistero di dolore e di male dell’uomo. Lui si carica del peso del nostro male e del nostro dolore per mostrarci una luce oltre il buio della morte. È come se, sulla croce, dicesse a noi: “andrà tutto bene!”. E andrà tutto bene, non perché non ci sarà più il male e il dolore nel mondo, ma perché lui è l’antidoto più vero ad ogni male e ad ogni dolore. Lui che è morto solo, solo, lui che sul patibolo disumano della croce ha sofferto la fatica anche di poter respirare, dalla croce come ultimo gesto ha emesso il suo Spirito. E questo suo Spirito vaga ancora oggi per il mondo, contagiando chi ha il cuore aperto all’amore disarmante, chi ha le difese immunitarie basse, perché non è corazzato di rabbia e di odio.

“Dove vuoi che prepariamo la Pasqua?”. In questi giorni, allora, possiamo dedicarci a preparare la sua Pasqua a casa nostra, e, forse come non mai, in quella casa piccola piccola che è il nostro cuore. È lì che dobbiamo mettere in vista il rametto di ulivo e di palma, preparando il suo ingresso la Domenica delle Palme, è lì che dobbiamo preparare il gesto della lavanda dei piedi il Giovedì Santo, spezzando e condividendo il pane e il vino, è lì che dobbiamo piantare il crocifisso, il venerdì santo, è lì che dobbiamo accendere il fuoco nuovo, nel buio del sabato santo.

I Vescovi italiani hanno predisposto un sussidio per la preghiera in famiglia nei giorni Santi di questa prossima Pasqua, esortando a preparare in casa un angolo dove mettere in evidenza i segni della nostra fede, magari rispolverando quel crocifisso che teniamo attaccato distrattamente sulla parete di uno sgabuzzino, riaprendo quella Bibbia che ci è stata regalata forse nel giorno della nostra Cresima, e valorizzando un’immagine della Madonna, che con la sua dolce e materna presenza ci accompagna a vivere questa “Pasqua domestica”.




Una Pasqua in casa. Un po’ come fu la Pasqua degli Ebrei, che nella notte in cui vennero liberati dalla schiavitù dell’Egitto, furono invitati da Dio, per bocca di Mosè, a chiudersi in casa per consumare la loro cena di pane non lievitato ed erbe amare, e a tingere gli stipiti delle porte col sangue dell’agnello offerto in sacrificio al Signore. In quella notte l’angelo sterminatore, inviato a far morire i primogeniti degli egiziani, passando avrebbe visto il sangue sulle porte degli israeliti e sarebbe andato oltre, risparmiando le loro case.

“Dove vuoi che prepariamo la Pasqua?”. Quest’anno, la nostra Pasqua, può somigliare davvero a quella lontanissima Pasqua ebraica. Mi auguro con questo piccolo contributo di poterci stimolare reciprocamente ad individuare la modalità migliore perché questa Pasqua non passi nella noia, o nella distrazione. Pur nella fatica e nel peso che tutti sentiamo, questa Pasqua può essere un’occasione per vivere “dentro”, ma “dentro-dentro”, ciò che spesso, qualche volta anche superficialmente, abbiamo vissuto nei segni esteriori ed eclatanti delle nostre processioni e delle nostre liturgie. Prepariamo Pasqua in casa nostra, con i segni della fede e della carità, senza dimenticare chi è solo, o chi fa fatica a fare la spesa in questo particolare momento. Le nostre piccole realtà ci consentono di poter meglio avvertire laddove c’è un bisogno o una necessità, secondo quella “creatività dell’amore” a cui ci ha richiamato Papa Francesco parlando in via straordinaria al tg. Prepariamo lì, in questi luoghi, più piccoli delle nostre chiese, ma altrettanto preziosi e sacri, in quanto “chiese domestiche”, la Pasqua del Signore, perché sia anche la nostra Pasqua, in attesa di intonare nuovamente insieme il canto dell’Alleluia, il canto dei salvati.

Indicazioni pratiche per il precetto pasquale

Per la Confessione

Laddove i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1452).




Per la Comunione

Partecipando alle Celebrazioni della Settimana Santa tramite i mezzi di comunicazione sociale, è possibile effettuare la Comunione spirituale.

Per tutti è possibile guadagnare l’indulgenza plenaria, pregando per la fine della presente pandemia, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà possibile.

Scarica al seguente link il Sussidio CEI per vivere la Settimana Santa in famiglia.

Maggio: Il mese di Maria santissima

Domani si aprirà il mese di Maggio che è tradizionalmente dedicato alla Madonna. Dal Medioevo a oggi, dalle immagini circondate da fiori al magistero dei Papi. A Biancavilla, la devozione alla Madre di Dio è molto sentita sin dalle origini della comunità etnea, riconducibile al prodigio mariano della Vergine Elèusa. Di seguito, si propone uno studio sull’origine e le forme di una devozione popolare molto sentita ancora oggi nella Chiesa universale.

di Riccardo Maccioni 




Il mese di maggio è il periodo dell’anno che più di ogni altro abbiniamo alla Madonna

Un tempo in cui si moltiplicano i Rosari a casa e nei cortili, sono frequenti i pellegrinaggi ai santuari, si sente più forte il bisogno di preghiere speciali alla Vergine. Lo ricorda spesso il Papa Francesco che non a caso ha deciso di iniziare il suo maggio al santuario mariano del Divino Amore, pregando per la pace, soprattutto nelle terre d’Oriente. Alla base della particolare attenzione alla Madonna di questi giorni, vi è l’intreccio virtuoso tra la natura, che si colora e profuma di fiori, e la devozione popolare.




Il re saggio e la nascita del Rosario

In particolare la storia ci porta al Medio Evo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X detto il saggio, re di Castiglia e Leon, in “Las Cantigas de Santa Maria” celebrava Maria come: «Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei santi e dei cieli via (…)». Di lì a poco il beato domenicano Enrico Suso di Costanza mistico tedesco vissuto tra il 1295 e il 1366 nel Libretto dell’eterna sapienza si rivolgeva così alla Madonna: «Sii benedetta tu aurora nascente, sopra tutte le creature, e benedetto sia il prato fiorito di rose rosse del tuo bei viso, ornato con il fiore rosso rubino dell’Eterna Sapienza!». Ma il Medio Evo vede anche la nascita del Rosario, il cui richiamo ai fiori è evidente sin dal nome. Siccome alla amata si offrono ghirlande di rose, alla Madonna si regalano ghirlande di Ave Maria.

Le prime pratiche devozionali, legate in qualche modo al mese di maggio risalgono però al XVI secolo. In particolare a Roma san Filippo Neri, insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre, a cantare le sue lodi, a offrire atti di mortificazione in suo onore. Un altro balzo in avanti e siamo nel 1677, quando il noviziato di Fiesole, fondò una sorta di confraternita denominata “Comunella”. Riferisce la cronaca dell’archivio di San Domenico che «essendo giunte le feste di maggio e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominiciava a cantar meggio e fare festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla Santissima Vergine Maria….». Si cominciò con il Calendimaggio, cioè il primo giorno del mese, cui a breve si aggiunsero le domeniche e infine tutti gli altri giorni. Erano per lo più riti popolari semplici, nutriti di preghiera in cui si cantavano le litanie, e s’incoronavano di fiori le statue mariane. Parallelamente si moltiplicavano le pubblicazioni. Alla natura, regina pagana della primavera, iniziava a contrapporsi, per così dire, la regina del cielo. E come per un contagio virtuoso quella devozione cresceva in ogni angolo della penisola, da Mantova a Napoli.




L’indicazione del gesuita Dionisi

L’indicazione di maggio come mese di Maria lo dobbiamo però a un padre gesuita: Annibale Dionisi. Un religioso di estrazione nobile, nato a Verona nel 1679 e morto nel 1754 dopo una vita, a detta dei confratelli, contrassegnata dalla pazienza, dalla povertà, dalla dolcezza. Nel 1725 Dionisi pubblica a Parma con lo pseudonimo di Mariano Partenio “Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei”. Tra le novità del testo l’invito a vivere, a praticare la devozione mariana nei luoghi quotidiani, nell’ordinario, non necessariamente in chiesa «per santificare quel luogo e regolare le nostre azioni come fatte sotto gli occhi purissimi della Santissima Vergine». In ogni caso lo schema da seguire, possiamo definirlo così, è semplice: preghiera (preferibilmente il Rosario) davanti all’immagine della Vergine, considerazione vale a dire meditazione sui misteri eterni, fioretto o ossequio, giaculatoria. Negli stessi anni, per lo sviluppo della devozione mariana sono importanti anche le testimonianze dell’altro gesuita padre Alfonso Muzzarelli che nel 1785 pubblica “Il mese di Maria o sia di Maggio” e di don Giuseppe Peligni.




Da Grignion de Montfort all’enciclica di Paolo VI

Il resto è storia recente. La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854) cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di santi come don Bosco, si alimenta del sapiente magistero dei Papi. Nell’enciclica Mense Maio datata 29 aprile 1965, Paolo VI indica maggio come «il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia». Nessun fraintendimento però sul ruolo giocato dalla Vergine nell’economia della salvezza, «giacché Maria – scrive ancora papa Montini – è pur sempre strada che conduce a Cristo. Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso». Un ruolo, una presenza, sottolineato da tutti i santi, specie da quelli maggiormente devoti alla Madonna, senza che questo diminusca l’amore per la Madre, la sua venerazione. Nel “Trattato della vera devozione a Maria” san Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò mària (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria»