Rosario benedetto di Maria

Nel giorno che ricorda l’apparizione della Vergine Madre a Fatima, una meditazione del fondatore dei Francescani dell’Immacolata sulla forza della recita del Santo Rosario.

di Padre Stefano Maria Manelli,
Frate Francescano dell’Immacolata

“O santa corona del Rosario!”. Questa invocazione alla corona del Rosario viene spontanea quando noi vediamo la corona fra le mani della Regina del Rosario a Pompei, fra le mani dell’Immacolata a Lourdes, fra le mani del Cuore Immacolato a Fatima.

Quanto deve essere preziosa questa corona del Rosario se la Madonna stessa la tiene fra le sue mani di Regina del cielo e della terra, se da Lei tessa, in persona, ci è stata presentata a Lourdes, e ci è stata raccomandata con insistenza materna a Fatima!

Da san Domenico in poi, del resto, la corona del Rosario è stata fra le mani di schiere di Santi e di Papi, di mistici e di missionari, di statisti e di artisti, di scienziati e di eroi, di uomini e di donne, di vecchi e di bambini, in ogni tempo e in ogni parte della terra.

Ricordiamo, ad esempio, san Francesco di Sales, santa Margherita Maria Alacoque, sant’Alfonso de’ Liguori, santa Bernardetta Soubirous, san Pio X, santa Maria Goretti, san Pio da Pietrelcina, la beata Teresa di Calcutta… Possiamo ricordare anche gli scienziati Galileo Galilei, Ampère, Pasteur, Marconi; i musicisti Vivaldi, Gluck; i pittori Michelangelo e beato Angelico; i pensatori e letterati, Rosmini e Manzoni…

“O santa corona del Rosario!”.

La corona del Rosario è “santa” perché produce cose sante, ottiene grazie, attira molte benedizioni, non soltanto su chi recita la corona, ma anche sulla casa, sulla famiglia e sul lavoro di chi la recita.

La corona del Rosario è “santa” perché apre le finestre su venti misteri della vita di Gesù e di Maria, con l’esercizio della contemplazione e dell’amore che conducono l’anima alle vette della santificazione.

La corona del Rosario è stata anche chiamata e definita in più modi: corona di grazie, roseto di grazie, catena di grazie, scrigno di grazie, sorgente di grazie…

San Pio da Pietrelcina, in particolare, amava dire che la corona del Rosario è anche l’arma per ogni battaglia spirituale e temporale, l’arma vincente contro ogni nemico, l’arma di tutte le vittorie (come Lepanto ci ricorda), per cui la Madonna del Rosario è stata anche chiamata “Nostra Signora delle vittorie!”, molto cara a santa Teresina.

Il beato Bartolo Longo, infine, ci augura di morire con la santa corona fra le mani, dando ad essa “l’ultimo bacio della vita che si spegne”, per presentarci al giudizio di Dio con l’anima ravvolta dalla “santa corona del Rosario”.

Meditazioni sulle litanie lauretane: "Mater purissima"

di P. Stefano Maria Pio Manelli FI

La temperanza è la virtù cardinale che assicura il dominio della volontà sugli istinti e fa servire Dio nell’amore di chi Gli appartiene.

La temperanza modera l’inclinazione al piacere sensibile, soprattutto ai diletti del gusto e del tatto, contenendola nei limiti della retta ragione illuminata dalla grazia. In particolare, il piacere del gusto è moderato dalla sobrietà e quello del tatto dalla modestia e dalla castità. Tanto l’una che l’altra brillarono in maniera fulgidissima in Maria Santissima, quantunque Ella, non avendo contratto il peccato originale, non sperimentasse in sé quell’inclinazione ai diletti sensibili che è la triste conseguenza del primo peccato.

San Luca nota che nel recarsi a visitare santa Elisabetta, la Vergine «andò in fretta»: per essere meno veduta in pubblico. In quanto poi al cibo, san Gregorio di Tours attesta che ella digiunò in tutta la sua vita e san Bonaventura afferma che Maria «non avrebbe mai ricevuto tanta grazia se non fosse stata molto moderata nel cibo; infatti non si conciliano la grazia e la gola». «La graziosissima Vergine Maria, – scrive Corrado di Sassonia – fu come un paradiso di benedizioni; come infatti nel paradiso materiale la gola di Eva meritò le maledizioni delle pene, così nel paradiso spirituale la temperanza di Maria meritò le benedizioni delle grazie. Onde Agostino dice “La maledizione di Eva si cambia nella benedizione di Maria”. Come poi la gola di Eva incorse nella maledizione non solo nell’anima ma anche nel corpo, non solo nella maledizione spirituale ma anche nella corporale, così la temperanza di Maria ottenne la benedizione e nell’anima e nel corpo, non solo la benedizione spirituale ma anche corporale. Poiché la maledizione di Eva golosa fu partorire con dolore, la benedizione di Maria temperante fu partorire senza dolore».

Le sue passioni, al contrario di quanto accade in noi poveri figli d’Adamo corrotti dal peccato, anziché opporsi alla ragione, erano sempre pronte ad eseguirne gli ordini in una pace perfetta. Ella rifulse nella modestia degli occhi, nella compostezza della persona, nel candore dei pensieri, nella verecondia dei discorsi, nella purità delle azioni, che praticò in tutta la sua vita.

Si sa bene che la forma più sublime della virtù della temperanza è la verginità perfetta, ed essa si manifestò in Maria Santissima nella sua angelica purezza, che le assicurava il predominio universale dell’anima sul corpo, e quello delle facoltà superiori sulla sensibilità, in modo che Ella era sempre più spiritualizzata: l’immagine di Dio risplendeva in Lei come in uno specchio purissimo, senza imperfezione alcuna.

Questa virtù, che abbiamo appena contemplato nella Vergine Santissima, è una delle più importanti che ogni cristiano deve praticare con sforzo e generosità, non distogliendo mai lo sguardo dalla Vergine Maria, quale suo sublime modello. Non è forse davanti agli occhi di tutti la terribile sregolatezza che regna nel mondo di oggi? Con la virtù della temperanza l’uomo vive secondo la ragione e opera in virtù di tale razionalità, ma, al contrario, quando segue i propri istinti e le proprie passioni, quando vien meno questa virtù, egli appare più un animale che un uomo.

Il mangiare e il bere, ad esempio, sono necessità della nostra povera natura e dovrebbero servire all’uomo per sostentarsi e poter così operare, ma, purtroppo, al giorno d’oggi pare più che si viva per mangiare e non che si mangi per vivere! Quanti uomini si perdono dietro alla soddisfazione del gusto, con squisitezze e raffinatezze, ed esagerano nella quantità in maniera sregolata! Se poi si considera l’immoralità dei costumi dei nostri tempi, con la messa al bando del pudore, della modestia o anche della semplice compostezza non si può far altro che pregare incessantemente e implorare la Vergine Santissima che illumini tanti cuori imprigionati nelle nefandezze della carne e li aiuti a perdere quelle tristi abitudini che rendono l’uomo tanto simile agli animali.

Il Card. Scola: Maria, il suo amore materno e la sua gioia

Redazione SME

STE_6174Come a Lourdes, ieri sera nel Duomo di Milano migliaia di fedeli, anche tramite internet e tv, hanno pregato il Santo Rosario, guidato dal Card. Scola, che ha personalmente voluto tale iniziativa in preparazione al VII Incontro Mondiale delle Famiglie (1-3 giugno 2012), per affidare alla Madonna tutte le famiglie cristiane che vivono la loro fedeltà all’amore conigale, STE_6183all’educazione dei figli e alla cura intergenerazionale. Nella sua preghiera in ginocchio davanti alla Madonna dell’Idea il Card. ha posto tutte le famiglie, con le loro gioie e le loro difficoltà, in un evento che non ha precedenti nella Chiesa di Milano. Di seguito il testo della meditazione del Card. Scola, che ha ampiamente richiamato il magistero di Papa Benedetto XVI.

foto: http://www.flickr.com

1. Il santo Rosario: immedesimarsi nei Misteri cristiani

Siamo convenuti davanti alla Vergine, in questo mese a Lei dedicato, con tutta la nostra umanità (e quella di tutti i fratelli uomini) bisognosa e gemente, spesso smarrita e tentata di lasciarsi cadere le braccia. Eppure indomabile nella speranza, come ci hanno detto le commoventi parole dell’Alma Redemptoris Mater, scritte mille anni fa da Ermanno lo Storpio e messe in musica da Palestrina: «Succurre cadenti, surgere qui curat, populo: Soccorri il tuo popolo, così incline a cadere e allo stesso tempo desideroso di risorgere». Col santo Rosario, questa sera, abbiamo percorso un cammino insieme a Maria. Lo abbiamo compiuto contemplando i Misteri della vita pubblica di Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12) (I Mistero). Di questo itinerario, scandito dal Padre Nostro e dalle Ave Maria, vorrei fissare due tratti che brillano nell’umanità immacolata della Vergine: il suo amore materno e la sua gioia. Immedesimandoci con essi, saremo condotti alla sorgente stessa della Luce che è venuta ad illuminare il mondo (cf Gv 1,9). Quale miglior preparazione all’ormai vicinissimo VII Incontro Mondiale delle Famiglie, impreziosito dalla straordinaria presenza di Benedetto XVI? Nel commento al III Mistero, l’Annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione, è stato citato un folgorante passaggio della Deus caritas est in cui si parla della Madonna: «Maria nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio». Viene qui indicato l’atteggiamento della immedesimazione con cui dobbiamo accostarci, con fedele regolarità, all’Eucaristia e alla Parola di Dio che la illumina. E la “ripetizione” esigita dalla fedeltà lungi dall’essere fonte di noiosa abitudine è esaltazione della nostra libertà di creature finite. Solo progressivamente, in un movimento a spirale, possiamo penetrare un poco i santi Misteri. La preghiera semplice e profonda del santo Rosario, col suo ritmo insistito, ci educa a questa immedesimazione. Raccomando la pratica del Rosario quotidiano. Recitiamolo anche a frammenti mentre andiamo al lavoro, o una decina insieme in famiglia o prima di dormire. Partecipiamo alla recita comunitaria del santo Rosario che si svolge tutti i giorni nelle nostre parrocchie e comunità.

2. L’amore materno di Maria

«Maria è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre». Così il Papa nel commento alla Trasfigurazione (IV Mistero) ci ha spiegato l’origine umana della divina maternità della Vergine. E Péguy, con la semplicità e l’immediatezza del linguaggio poetico, ce lo ripete: «[Maria, la Madre], Colei che è con noi perché il Signore è con lei». Maria è Madre in quanto riconosce, accetta e fa spazio nella sua vita al Padre, allo Spirito e al Figlio. Una eco di questa parentela singolare vive all’interno della famiglia umana nel rapporto dello sposo con la sposa e in quello tra genitori e figli. «Con il mite coraggio del suo “sì”, la Vergine ci ha liberati non da un nemico terreno, ma dall’antico avversario, – abbiamo ascoltato ancora nel commento di Benedetto XVI al Battesimo di Gesù (I Mistero) – dando un corpo umano a Colui che gli avrebbe schiacciato la testa una volta per sempre». Dalla fede di Maria ha avuto inizio la nostra liberazione (salvezza). Il “mite coraggio del sì” al disegno provvidenziale di Dio. La storia e il presente del nostro popolo documentano in tantissime donne, madri e spose, in tantissimi uomini, padri e sposi, in figli e figlie, in tantissime famiglie, cosa significhi questo “mite coraggio del sì”. È un sì, che esprime la fede e l’umanità compiuta del credente. Un sì alla vita, attraverso la generazione e l’educazione dei figli, anche responsabilmente numerosi; un sì al lavoro e all’impegno quotidiano per edificare la propria dimora e la città di tutti; un sì gratuito alla condivisione dei bisogni, a partire da quelli più radicali, facendosi carico delle istanze di giustizia e inverandole nella carità. Mi permetto ricordare che tutti dobbiamo partecipare alla seconda fase del Fondo Famiglia/Lavoro. Un carattere dell’amore materno di Maria, particolarmente urgente per il nostro tempo, è la sua assoluta gratuità. Maria nulla pretende per sé, non afferma la sua volontà, ma sempre quella di un Altro, di Lui si fida e a Lui si affida: così papa Benedetto ha commentato il miracolo di Cana (II Mistero). «Maria rimette tutto al giudizio del Signore… Questo è il suo permanente atteggiamento di fondo. E così ci insegna a pregare: non voler affermare di fronte a Dio la nostra volontà e i nostri desideri, per quanto importanti, per quanto ragionevoli possano apparirci, ma portarli davanti a Lui e lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare. … dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta, qualunque essa sia, sarà il nostro, il mio vero bene». Nell’umile, quotidiana preghiera di domanda mettiamo ai piedi del Signore, con l’intercessione di Maria, gioie, dolori, pene, bisogno, desideri… ma lasciamo decidere a Lui ciò che intende fare.

3. «Causa nostrae laetitiae»

La Chiesa ci insegna ad invocare Maria come Causa nostrae laetitiae. In questo tempo pasquale, in particolare, preghiamo scandendo la giornata con il Laetare e i ripetuti alleluia del Regina coeli. In Maria vogliamo, questa sera, scoprire la sorgente della gioia piena. Essa nasce dal dono totale di sé. La gioia emana dal cuore dell’uomo come profumo dell’amore vero. I cristiani ne hanno fatto precisa esperienza fin dai primi tempi, come ricorda san Paolo agli anziani di Efeso citando una parola di Gesù non riportata nei Vangeli: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Ed è proprio così, perché il dono di sé compie fino in fondo la persona. Un dono di sé che non teme di giungere fino al sacrificio. Chiunque ama sul serio lo sa bene: il sacrificio è una “necessità strana” perché appartiene all’amore. Istintivamente chi ama vorrebbe evitare ogni prova all’amato e vorrebbe egli stesso stare sempre nella luce senza ombre dell’amore. Invece la legge del sacrificio è ineludibile: inganna chi sostiene il contrario, convincendo i nostri giovani che il desiderio sia incompatibile con il compito, che volere si opponga a dovere. Il Santo Padre, commentando l’Istituzione dell’Eucaristia (V Mistero), afferma: «La Vergine Madre ci indica la via per la nostra oblazione pura e santa nelle mani del Padre… Con Lei e come Lei siamo liberi per essere santi; liberi per essere poveri, casti e obbedienti; … liberi per portare all’odierna società Gesù morto e risorto, che rimane con noi sino alla fine dei secoli e a tutti si dona nella Santissima Eucaristia». E non lo dice solo ai sacerdoti e ai consacrati. O, meglio, lo dice a loro perché lo testimonino a tutti. Rivolgiamoci quindi a Maria madre della nostra gioia con intensa fiducia, chiedendo una speciale intercessione per tutte le famiglie.

+ Angelo Card. Scola, Arcivescovo Metropolita

 

tratto da www.chiesadimilano.it

"Pulchra ut luna, electa ut sol": Luna e Sole in riferimento alla Vergine Maria

Meditazioni a partire dai testi della Scrittura, di Pio XII e di Autori sacri sulla tradizionale simbologia della luna, da sempre associata alla Vergine Maria, segno della sua bellezza e rappresentazione figurata del suo rapporto col “Sole di giustizia”.

Redazione SME

 Vi sono due significativi riferimenti biblici alla Vergine Maria, in cui viene esaltata la sua bellezza, associandola a quella della luna:

“Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap. 12,1).




“Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?” (Ct 6,10).

Da sempre la Chiesa guarda a Maria «Pulchra ut luna – bella come la luna». E in tal modo esprime l’eccelsa Sua bellezza. Come deve essere bella la Vergine! Certamente nel volto della propria Madre Iddio ha raccolto tutti gli splendori della sua arte divina… Come splende la luna nel cielo oscuro, così la bellezza di Maria si distingue da tutte le bellezze, che paiono ombre accanto a Lei. Maria è la più bella di tutte le creature…




Sappiamo quanto facilmente una bellezza umana, che è come l’ombra d’un fiore, rapisce ed esalta un cuore gentile: che cosa dunque esso non farebbe dinanzi alla bellezza di Maria, se potesse contemplarla svelata, faccia a faccia? Così Dante vide nel Paradiso (cant. 31, v. 130-135), in mezzo a «più di mille Angeli festanti», «ridere una bellezza, che letizia – era negli occhi a tutti gli altri santi»: Maria!

Come il volto di ogni figlio rispecchia gli occhi della madre, così possiamo immaginare che il volto di Gesù, quel volto che gli Angeli adorano, dovesse riprodurre in qualche modo i lineamenti del volto di Maria.




Sul suo volto non si rivela soltanto la bellezza naturale, ma anche la ricchezza delle grazie di cui Ella fu ricolmata sin dal Suo concepimento. Maria è Colei sulla quale è stata riversata la grazia di Dio fino al punto di essere totalmente piena dei doni celesti. Ben consapevole di non essere per se stessa meritevole di tale onore, la Madonna si proclama ancilla Domini, serva del Signore. Ella riconosce che tutto quello che ha gli è stato donato gratuitamente, è frutto della assoluta benevolenza di Dio.

Proprio come la luna riceve dal sole la sua luce. Se la luna piena ci permette di ammirare la bellezza della notte, si deve esclusivamente al fatto che riflette la luce solare. Così Maria: tutta la sua bellezza, interiore ed esteriore, proviene da Dio.




La luna esprime anche l’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni. “La luna sotto i suoi piedi” significa: sotto il suo dominio. La Donna dell’Apocalisse domina la successione del tempo; vive in una dimensione superiore, ma non atemporale: la luna esiste. Corona e stelle, inoltre, stanno ad indicare una situazione di premio raggiunta.

Ma la Chiesa non paragona Maria soltanto alla luna; servendosi ancora della Sacra Scrittura (Ct. 6,10) esclama: Tu sei, o Maria, «electa ut sol», eletta come il sole.

La luce della luna non porta il calore, non porta la vita. Fonte di luce, di calore e di vita è il sole. Ora Maria, che ha la bellezza della luna, splende anche come un sole e irraggia un calore vivificante. Parlando di Lei, parlando a Lei, non dimentichiamo che è vera Madre nostra, perché attraverso di Lei abbiamo ricevuto la vita divina. Ella ci ha dato Gesù e con Gesù la sorgente stessa della grazia. Maria è mediatrice e distributrice di grazie.




Nel XII sec. uno scrittore cristiano, Adamo di S. Vittore, riprendeva così l’immagine dell’Apocalisse: “Come il sole fa impallidire la luna e la luna le miriadi di stelle, così Maria, ineguagliabile, riluce su tutta la creazione“. Bellezza e candore immacolato di Maria vengono celebrati attraverso l’immagine della donna “vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. Nascono, così, le più belle raffigurazioni della Vergine Maria, statue o pitture che, a partire dal tardo XVI sec., aggiungono all’iconografia mariana una falce di luna sotto i piedi della Vergine.   Sole e luna, come pure la stella, nella tradizione, cantano la bellezza dell’amata mediante il ricorso a simboli cosmici, che si ritrovano anche nella lirica amorosa. Ma la bellezza di Maria – che la tradizione cristiana acclama come tota pulchra (Ct. 4,7) – è la sua piena santità. Essa è illuminata dai raggi di un sole nascosto alle sue spalle, simbolo divino e messianico, mentre le dodici stelle che fungono da aureola o corona incarnano le dodici tribù d’Israele e gli apostoli.

Preghiera di Pio XII, dell’8 dicembre 1953

O Vergine, bella come la luna, delizia dei Cielo, nel cui volto guardano i beati e si specchiano gli Angeli, fa’ che noi, tuoi figli, Ti assomigliamo e che le nostre anime ricevano un raggio della tua bellezza che non tramonta con gli anni, ma rifulge nell’eternità.




O Maria, Sole dei Cielo, risveglia la vita dovunque è la morte e rischiara gli spiriti dove sono le tenebre. Rispecchiandoti nel volto dei tuoi figli, concedi a noi un riflesso dei tuo lume e dei tuo fervore.

Salvaci, o Maria, bella come la luna, fulgida come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall’odio, ma dalla fiamma dell’amore. Amen.

Meditazioni sulle litanie lauretane: "Speculum iustitiae"

 

di P. Stefano M. Pio Manelli

San Giuseppe, Sposo di Maria, viene descritto nel Vangelo secondo san Matteo quale uomo “giusto” (1,19) nel senso di santo, retto e perfetto osservante della Legge di Dio. Ed è in questo senso che bisogna considerare la virtù della “giustizia” della Vergine Maria. Ella fu “ripiena della virtù della giustizia”, cioè fu santa, specchio di conformità al Volere divino e specchio di rettitudine nei rapporti con gli altri. Nelle Litanie lauretane noi invochiamo Maria Santissima “Specchio della Giustizia“ (Speculum iustitiæ), in quanto riflette in sé la giustizia di Dio, la sua armonia, la sua verità, la sua bellezza. L’Immacolata è la più splendida immagine di Dio che sia stata realizzata in una creatura umana. Ella accolse in sé per la sua limpidità, per la sua purezza e per la sua umiltà i raggi di Colui che è il Sole di Giustizia, il Cristo, rispecchiandone le perfezioni. Sappiamo bene infatti che, ordinariamente, lo specchio riflette la luce e gli oggetti mediante i raggi luminosi che riceve, e Maria ricevette in sé non solo i raggi del Sole divino, ma lo stesso Sole e lo mostrò al mondo in tutta la sua perfezione, rifrangendo la luce divina nei suoi infiniti colori. In principio, ogni uomo uscito dalle mani di Dio, doveva essere uno “specchio” che Lo rifletteva, perché fatto a “immagine e somiglianza” di Dio (Gn 1,26). Con il peccato dei nostri progenitori, però, questo “specchio” si macchiò e sfigurò l’”immagine e somiglianza” di Dio.

Solo Maria Santissima, la Vergine Immacolata, fu uno “specchio senza macchia” (Speculum sine macula). Specchio sempre nitido e luminoso, “Speculum pulchritudinis”, specchio della bellezza, come la chiama san Bernardo. È risaputo, infatti, che lo specchio, per riflettere perfettamente le immagini, deve essere terso, limpido, senza macchia o difetto; e Maria è, appunto, il “candore della Luce eterna”, come è scritto nel libro della Sapienza (7,26) “Candor est enim lucis æternæ”, tutta risplendente di purezza nivea e candore liliale. Incanto, stupore ed estasi: la bellezza di Maria! Avevano forse torto quei “veggenti” che sospiravano l’ora della morte per poter andare a rivedere il volto sublime di Maria? Sappiamo poi, che, nello specchio il sole entra senza fare alcun danno, anzi investendolo dei suoi raggi e rendendolo sorgente di luce. Ebbene, in Maria, il Sole di giustizia, che è Cristo, scende nel suo grembo immacolato e non soltanto conserva assolutamente intatta l’illibata integrità verginale della Madre, ma gliela “consacra” divinamente, come dice la Liturgia: “non minuit, sed sacravit”, ossia la illumina di meravigliosa e prodigiosa luce divina che Ella poi riflette su di noi affinché, specchiandoci in Lei, possiamo rivestirci della sua radiosa santità verginale, tutta perla preziosissima e diamante puro per Gesù, il Sole di giustizia.

La Vergine Santissima, infine, fu specchio di divina giustizia in quanto nulla di più giusto e di più santo si può avere in un’umana creatura. Piena di grazia, Ella fu adorna di ogni virtù. Splendida nell’anima, nei sentimenti e nelle opere, illumina ed affascina quanti la contemplano. Il profondo sentimento di giustizia che animò la sua vita e che regnava sovrano nella sua anima, non poteva non rilevarsi naturalmente anche all’esterno, nella sua vita di ogni giorno. In Lei si ammirò sempre un comportamento semplice e nobile, alieno da qualunque astuzia o dissimulazione, pronto a dare a ciascuno il suo, verso Dio, verso il prossimo e verso se stessa. Verso Dio Ella fu sempre pronta a riconoscerLo come Signore e Creatore, considerando se stessa creatura delle sue mani.  Verso il prossimo la sua condotta fu sempre irreprensibile, sottomessa e umile, compiendo i propri doveri con esattezza, sapendo vivere al posto a Lei assegnato da Dio, nel rispetto dei diritti degli altri. Verso se stessa, infine, seppe sempre dirigere a Dio tutte le sue azioni e far si che tutto contribuisse a meglio amarlo e servirlo. In Maria Santissima possiamo dire che tutto fu trovato perfetto dallo stesso Dio, secondo le parole dell’Angelo all’Annunciazione: “invenisti gratiam apud Deum” (Lc 1, 30), hai trovato grazia presso Dio; e a Lei, specchio tersissimo di santità, devono guardare tutte le creature, per poter raggiungere la perfetta conformità a Cristo, di cui Maria, Sua Madre, ha “la faccia che più s’assomiglia”, come dice Dante Alighieri.

Meditazioni sulle litanie lauretane: "Regina Familiae"

 

di P. Mario Piatti icms

Come in uno scrigno prezioso, il Vangelo di Giovanni racchiude, nel secondo capitolo, la descrizione del primo miracolo del Signore, a Cana. Come sappiamo, sono le parole di Maria Santissima che sollecitano il Cuore di Cristo a intervenire, mutando l’acqua delle giare in vino buono.

L’apparente banalità delle circostanze – il disagio che avrebbero provato gli sposi, per la imprevista mancanza del vino sulla mensa – in realtà rimanda a una straordinaria ricchezza di significati e di simbologie, che fin dalle origini è stata colta con venerazione dalla Chiesa.

La Vergine Maria esercita la propria autorità materna sul Figlio, sembra quasi costringerlo a compiere il primo “segno” – che manifesta la sua gloria e conferma la fede dei discepoli – seppure non fosse ancora giunta la sua ora. Da duemila anni Ella continua a operare così, maternamente, presso Gesù.

Unita in tutto a Lui, serva fedele della volontà del Padre e associata fino alla Croce al mistero della Redenzione, possiede il singolare privilegio di “avanzare i suoi diritti”, di far valere tutta la potenza dell’amore nei confronti del Figlio. Ma Ella fa tutto questo per noi, offre se stessa e la sua indicibile carità proprio in favore di chi spesso ha offeso e continua a offendere il Signore e a ferire il suo Immacolato Cuore.

Una sola parola e un solo sentire orientano il suo volere di Madre: misericordia e perdono, compassione e pietà per noi, accolti come figli nell’ora crudele della Passione e accompagnati, di generazione in generazione, lungo le vie del mondo, con una tenerezza che conforta e che commuove.   

Come a Cana, così ancora oggi la Madre si volge a Gesù e intercede per noi. Allora interveniva per quegli sposi, per due giovani, che celebravano nella fede ebraica il loro patto nuziale: non hanno più vino – Ella dice – la festa rischia di perdere il suo sapore, di appesantirsi e di calare di tono. Oggi intercede per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per i nostri caseggiati anonimi, per i quartieri popolari e per le ville dei ricchi, piene forse di ori, ma spesso fredde e vuote.

Elèva a Dio la sua preghiera per le nostre città, dove regnano indifferenza e cinismo; domanda pace per chi non ha più né gioia né speranza, per chi non sa guardare oltre il presente ed è schiacciato dai tanti problemi quotidiani e angosciato per un futuro sempre più incerto.

Maria Santissima raccoglie questo sentire profondo dell’anima e lo volge ancora al Figlio: non hanno più vino, sono privi di gioia, quella vera, profonda, che viene soltanto dall’alto. 

Soprattutto nei “luoghi dello Spirito”, nei grandi Santuari mariani – sorti là, dove qualcuno ha vissuto la straordinaria esperienza di vederla e di parlarle e dove innumerevoli testimonianze attestano il suo affetto di madre – effonde le sue grazie, colma di consolazione i suoi figli, indica loro il Vangelo come la sola via della salvezza.

Questi angoli di Cielo, sempre frequentatissimi in ogni parte della terra, permettono di incontrare Cristo, vivo e Santo, nella sua Parola, nei Sacramenti e nella comunione fraterna. Attraverso la mediazione di Sua Madre, prolungano dovunque la bellezza e il fascino della Fede.

Da queste oasi di preghiera e di contemplazione, scaturisce un flusso di benedizione e di pace che raggiunge la nostra esistenza. Il primo vero “luogo dello Spirito” deve diventare proprio la nostra casa, piccola Chiesa domestica e tempio santo dell’Altissimo. La quotidianità è lo spazio della Grazia. Nella rete degli affetti, che attraversa la vita, si estende e fiorisce la trama stessa del Vangelo, perché l’amore è anzitutto opera di Dio, prima ancora che nostra.

Come a Cana, Maria Santissima si preoccupa del bene degli sposi. Ora, come allora, il futuro del mondo passa necessariamente attraverso il cuore della famiglia: non vi è altra strada. All’opera, ormai generalizzata, messa in atto dovunque per distruggere questo tesoro di umanità e di fede, deve corrispondere un impegno ancora più profondo, da parte di tutti, per salvaguardarlo e per difenderlo.     

Di fronte alla sfacciata pretesa di cancellare le fondamenta stesse della famiglia e dell’amore – oggi regolarmente offeso, volutamente frainteso e vergognosamente calpestato –  il cristiano non si arrende mai: oltre che essere figlio della disobbedienza di Eva, ha come Madre Maria Santissima, incrollabile e determinata nella sua Fede. Siamo stati consegnati alla sua sollecitudine materna proprio per essere sostenuti nella prova e per imparare da Lei a custodire il Bene.

Madre della Chiesa, Regina della Famiglia, non smette di vigilare sulle nostre case e intercede per noi, ogni giorno, il dono della comprensione, del reciproco rispetto, del perdono e della pace.

Sulla nostra vita estende il suo sguardo, i suoi occhi misericordiosi si volgono a noi. In questa valle di lacrime, Ella ci mostra ancora Gesù, il frutto benedetto del suo seno. E ci ridà la forza di sperare e di amare.

[Tratto dalla rivista “Maria di Fatima”, mensile del movimento Famiglia del Cuore Immacolato di Maria]