Meditazioni sulle litanie lauretane: "Regina SS. Rosarii"

Redazione SME

Nel mese di maggio tradizionalmente dedicato alla devozione popolare alla Madre di Dio, rivive in tanti quartieri e famiglie delle nostre comunità cristiane la “Peregrinatio Mariae” con la recita del S. Rosario.

E’ buona cosa che, quando si recita il Santo Rosario si sia in grazia di Dio, e lo si faccia con la miglior devozione che ci è possibile in quel momento. Lei ci sta sicuramente ad ascoltare, sia che sia di giorno che di notte, in qualsiasi luogo noi ci troviamo.

Tutte le intercessioni che noi chiederemo all’Immacolata, possiamo starne certi, verranno esaudite da nostro Signore Gesù Crosto, così come Egli fece alle nozze di Cana.

A Lourdes, Fatima…, la Vergine Santissima si è presentata sempre con la corona del Santo Rosario in mano, invitando a recitarlo. Pregare il Santo Rosario, per tutti i cattolici, equivale ad assumere, ogni giorno, il cibo di vita indispensabile per nutrire l’anima. E’ come ripetere, per non scordarla, la vita di Gesù e Maria attraverso il Vangelo.

Il mondo secolarizzato, ma purtroppo anche parte del mondo cristiano, spesso fa dell’ironia quando vede e sente pregare il Santo Rosario. Le critiche più comuni e peraltro ormai scontate, dicono che si tratta di una preghiera lunga e di una monotona cantilena, seguita da un’altra `tiritera’ chiamata `litanie’.

Diversamente si insiste, poi, nel definire il Santo Rosario una “filastrocca inutile e sonnacchiosa”; retaggio dell’analfabetismo e del bigottismo di qualche vecchietta. Nel migliore dei casi si ritiene questa preghiera ormai obsoleta e definitivamente superata.

Per nostra fortuna, l’Immacolata, nel donare all’umanità questa preghiera perfetta, ha anche illuminato diversi santi, a cominciare da San Domenico, sull’importanza decisiva di essa, per la salvezza dell’umanità.

Il Beato Alano della Rupe, un’altro grande illuminato, definì il Santo Rosario con queste parole: “… il midollo di tutto il Vangelo” e ancora “…quando lo si prega il Cielo esulta e tutta la terra stupisce. Si chiude le orecchie Satana, fugge e trema con l’inferno tutto. Le cose mondane diventano “vili” ed il cuore si riempie di Amore, fugge la tristezza e ci invade una insolita letizia. Cresce la “devozione” e fiorisce la “compunzione”; aumenta la speranza e la consolazione, si dilata l’animo e si rinnova, e l’affetto si irrobustisce”.

Nonostante affermazioni di questo tenore, purtroppo ai più sconosciute, non è raro sentire invece delle malevoli affermazioni del tipo: “…si tratta di una devozione monotona e ripetitiva che suscita una continua distrazione in chi lo recita”.
Ma noi, che abbiamo imparato ad amare il Santo Rosario, possiamo serenamente replicare che: “…recitare il Santo Rosario è creare un’atmosfera di abbandono della mente che si distende in Dio, che avvolge sé stessa per effondere nel Mistero”. La devozione mariana ama la ripetizione che è “affettiva”. Quante volte il bambino chiama la mamma durante il giorno? Ben più di 50 volte, come nel Santo Rosario.
Il Card.  Ravasi così si espresse: “I laicisti insistono col dire che il Santo Rosario è la devozione dei deboli e degli ignoranti” . Ma, su questo punto, consoliamoci, siamo in buona compagnia! Infatti, i Santi furono tutti, indistintamente, molto devoti a questa preghiera, e a quanto ci risulta, non erano affatto deboli ne tantomeno ignoranti!”

Meditazioni sulle litanie lauretane: "Virgo Prudens"

La “Prudenza” è una delle quattro virtù cardinali, cioè di quelle virtù che svolgono la funzione di “cardine” nella vita morale, in quanto attorno ad esse ruotano praticamente tutte le altre virtù.
Essa evoca la capacità di vedere ogni cosa alla luce di Dio, facendosi istruire da Lui circa le decisioni da prendere. Concretamente la prudenza consiste nel discernimento, cioè nella capacità di distinguere il vero dal falso e il bene dal male, al fine di agire con senso di responsabilità, cioè facendosi carico delle conseguenze delle proprie azioni. L’uomo prudente allora non è tanto l’indeciso, il cauto, il titubante, ma al contrario è uno che sa decidere con sano realismo, non tentenna e  non ha paura di osare.
La prudenza, così intesa, è un dono dello Spirito Santo.
Il fondatore dei Frati Francescani dell’Immacolata spiega la virtù della Prudenza nella vita della Vergine Maria.

di Padre Stefano M. Pio Manelli

Non è sbagliato dire che la prima virtù dimostrata dalla Madonna all’Annunciazione è stata la virtù cardinale della prudenza. Infatti, alle straordinarie parole di salute dell’Angelo Gabriele – “Ave, o piena di grazia, il Signore è con te! (Lc 1, 28) – l’evangelista san Luca dice che la vergine Maria rimase subito impaurita, colpita o turbata. Perché mai? Per l’intervento della virtù della prudenza!

E’ nella natura della virtù della prudenza, infatti, il compito di mettere in guardia la persona da ogni precipitazione o valutazione affrettata delle cose, aiutando a rendersi prima conto sia di ciò che ascolta, come di ciò che vede o di ciò che avviene. A quelle straordinarie parole dell’Angelo, la virtù della prudenza si fece subito presente e mise in guardia la giovanissima vergine Maria, impegnandola a riflettere per valutare prudentemente il senso di quella parole angeliche, anziché esaltarsi senza rendersi conto della loro reale portata.

Testualmente, infatti, l’evangelista san Luca dice che alle splendide parole di saluto dell’Angelo, Maria vergine, molto prudentemente, lungi dall’esaltarsi, «si domandava che senso avesse un tale saluto» (Lc 1, 29). Prudenza e ponderatezza si danno la mano in queste parole dell’evangelista, e, molto più, fanno unità strettissima nel comportamento della vergine Maria.

All’iniziale turbamento della Madonna, infatti, l’Angelo Gabriele fa seguire le parole di spiegazione, non meno straordinarie anch’esse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio…» (Lc 1, 30-33). Nelle parole dell’Angelo, dunque, continua la rivelazione di cose davvero straordinarie; cose grandi che si possono riassumere nelle parole: Tu, vergine Maria, diventerai madre dello stesso Figlio di Dio!

A queste altre parole dell’Angelo, ora, si sarebbe potuto pensare che immediatamente, da parte della vergine Maria, non c’era da fare altro che allietarsi ed esaltarsi fino al settimo cielo, rallegrandosi di una gioia divina senza misura. E invece, no. Perché mai?

Maria, infatti, anche dopo le altre parole dell’Angelo, si presenta con la sua prudenza e ponderatezza, non lasciandosi affatto esaltare dalle cose così sublimi che l’Angelo Gabriele ha detto a lei e che riguardavano precisamente il progetto di Dio su di lei.

E’ proprio della virtù della prudenza, infatti, osservare anzitutto attentamente ogni cosa, per saper discernere il bene dal male, evitando, in tal modo, ogni rischio di male per sé e per gli altri. Al riguardo, tuttavia, verrebbe subito da chiedersi: ma era mai possibile che da parte dell’Angelo Maria potesse ricevere alcunché di male o di non conveniente? Si tratta di un Angelo mandato da Dio!

La risposta a questa ragionevole domanda rimase tuttavia in sospeso, perché Maria, riflettendo prudentemente sulle parole dell’Angelo, coglie un punto che si presenta problematico: come potrà ella divenire Madre del Figlio di Dio senza tradire l’offerta della sua verginità a Dio? Il problema, dunque, si fa davvero grande per Maria, si fa cruciale.

Se è vero che ella avrebbe voluto subito esaltarsi al progetto di una così sublime Maternità divina, come conciliarla, tuttavia, con la sua verginità già consacrata a Dio? Può mai ella togliere a Dio ciò che già gli ha donato e che appartiene solo a Lui? Può ella non far più conto della verginità già donata a Dio?… Sono interrogativi davvero delicati e scottanti!

Prudenza e ponderatezza rispondono di no. In questo caso, soltanto Iddio poteva risolvere la cosa, perché è dovere sacrosanto della creatura salvaguardare sempre il diritto di Dio a cui apparteneva la verginità che Maria gli aveva già offerto.

Ed ecco, allora, le ultime parole chiarificatrici e riassicuratrici dell’Angelo alla vergine che si è mostrata così attenta e prudente: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque chiamato Santo e Figlio di Dio» (Lc 1, 35).

A questo punto, la conclusione di questa altissima lezione sulla virtù cardinale della prudenza è stata la risposta ultima di Maria che ora può dire all’Angelo con tutta la sua anima: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).

Voglia la “Virgo prudens” insegnare anche a noi la preziosa virtù cardinale della prudenza!

Meditazioni sulle litanie lauretane: "Rosa Mystica", il più bel fiore di Maggio

Una riflessiona sul mese di Maggio, dedicato alla Vergine Maria, del Beato Cardinale Newman. Significato e motivazioni della tradizionale dedica del mese di Maggio alla Madre del Signore: Maggio è il mese della promessa, come Maria. Una devozione che ben si inserisce nel contesto liturgico della gioia pasquale.

del Beato Card. J. H. Newman

Perché è stato scelto il mese di maggio per esercitare una devo­zione particolare verso la Vergine Maria?

La prima ragione è che in questo mese la terra esplode con tutte le sue foglie novelle e il verde delle sue erbe, dopo il crudo gelo e la neve dell’inverno, dopo la rigida atmosfera e il vento selvaggio e le piogge dell’incipiente primavera. Maggio, perché gli alberi sono in boccio e i giardini si vestono di fiori. Maggio, perché le sue giornate si fanno più lunghe, il sole sorge prima e tramonta più tardi. Tutta questa felicità e gaiezza della natura al di fuori di noi accompagna convenientemente la nostra devozione verso colei che è la Rosa mystica e la Domus aurea.

Si potrebbe obiettare: «Tutto vero, però qui da noi in questa stagione può anche accadere di avere talvolta un maggio tetro e inclemente» [1]. Giusto; resta però il fatto che maggio è un mese di promessa e di speranza. Quand’anche succedesse di avere un clima cattivo, maggio è il mese che introduce e annuncia l’estate. Nonostante ciò che di spiacevole può succedere in questo mese, noi sappiamo che prima o poi arriverà il bel tempo. «Splendore e bel­lezza – come dice il profeta – appariranno alla fine e non mentiran­no; se indugiano, aspetta, perché arriveranno sicuramente e non tarderanno» (Ab 2,3).

Maggio perciò è, se non il mese della realizzazione, almeno il mese della promessa: e non è forse questo l’aspetto più giusto sotto il quale noi dobbiamo considerare la santa Vergine Maria, alla quale questo mese è dedicato?

Il profeta dice: «Spunterà un virgulto dalla radice di Jesse, un fio­re sboccerà dalla sua radice» (Is 11,1). Chi può essere questo «fiore» se non il nostro Salvatore? E chi sarà il «virgulto», il vago stelo, il tronco, la pianta da cui sboccia il «fiore» se non Maria, Madre del Signore, Madre di Dio?

La venuta di Dio sulla terra era stata annunciata dalle profe­zie. Quando i tempi furono compiuti, come fu annunciata questa venuta? Fu annunciata dall’angelo che venne a Maria: «Ti saluto, o piena di grazia», le disse Gabriele; «il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne» (Lc 1,28). Maria era la sicura promessa della venuta del Salvatore: maggio è perciò a pieno titolo il suo mese.

Ancora: perché maggio è detto mese di Maria ed è dedicato a lei in maniera speciale? Fra le altre ragioni, questa: maggio è sicura­mente, fra tutti i mesi dell’anno liturgico della Chiesa, il più sacro, il più festoso e radioso. Chi vorrebbe dedicare alla Vergine i mesi di febbraio, marzo o aprile, tenuto conto che questi sono mesi di Qua­resima e di penitenza? Oppure, chi sceglierebbe dicembre, con i suoi giorni di Avvento? (un periodo di speranza, certo, perché sta per arrivare il Natale, ma anche tempo di digiuno). Lo stesso Natale non dura un mese. Gennaio, poi, ha sì la gioia dell’Epifania, con le domeniche che le fanno seguito: queste però nella maggior parte degli anni sono ridotte dall’arrivo pressante della domenica di Settuagesima [2].

Maggio, al contrario, appartiene al periodo della Pasqua, che dura cinquanta giorni, un periodo nel quale generalmente è com­preso tutto il mese di maggio, sicuramente sempre almeno la prima metà. Ancora: fatte una o due eccezioni nell’arco di quarant’anni, in maggio è la solenne festa dell’ascensione del Signore al cielo. Pentecoste, la festa dello Spirito Santo, cade anch’essa generalmen­te in maggio, come in maggio cadono non di rado le feste della Santissima Trinità e del Corpus Domini. Maggio perciò è il mese dei molti Alleluia, perché Cristo è risorto dal sepolcro, è salito al cielo e lo Spirito Santo Dio è sceso in terra a prenderne il posto (Gv 14,25-26).

Ecco perciò una ragione per cui maggio è dedicato alla santa Vergine. Maria è la prima fra le creature, la figlia prediletta di Dio, a lui più cara e più vicina. Era giusto perciò che fosse suo questo me­se, nel quale glorifichiamo e ci rallegriamo della grande Provvidenza divina verso di noi, della nostra redenzione e santificazione in Dio Padre, in Dio Figlio e in Dio Spirito Santo.

 

Note:

[1] In Inghilterra, nel mese di maggio il tempo può essere più inclemente che in Italia.

[2] Prima della riforma liturgica seguita al Vaticano II, le domeniche successive alla festa dell’Epifania erano chiamate «dopo l’Epifania». A seconda della data della Pasqua, vi potevano essere fino a sei domeniche. Le tre domeniche che precedeva­no la Quaresima erano chiamate Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima.

 

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Tratto da: John Henry Newman, Meditazioni sulle litanie lauretane per il mese di maggio in: Meditazioni e Preghiere, a cura di Velocci G., Jaca Book – Milano.

Il Mese di Maggio: primavera dell'anima

Redazione SME

“Ecco tornato il mese della nostra mamma del cielo” cosi’ scrisse una volta San Pio da Pietrelcina all’inizio del mese di maggio.
Da secoli il mese di maggio è dedicato per eccellenza alla devozione a Maria Santissima. E’ il mese piu’ bello dell’anno per lo splendore primaverile che lo riveste, e per questo consacrato a Colei che la Chiesa canta e loda come la “Tota pulchra” (Tutta bella).
E’ il mese in cui sbocciano fraganti le rose nel tepore della ridente natura, per questo viene consacrato a colei che la Chiesa invoca come “Rosa mystica” (Rosa mistica).

In passato, in molte città e paesini era diffusa l’abitudine dei bambini di portare fiori per l’altare della Madonna: “lumi, canti, preghiere e fioretti davano gioconda espressione alla devozione verso Maria Santissima, che ci appariva allora come la Regina della primavera, primavera della natura e primavera dell’anima” (Paolo VI).




Insieme con i fiori veri possiamo offrire ogni giorno alla Madonna anche i “fioretti”: regali spirituali, piccoli sacrifici o gesti di carità, che non solo Le dicono il nostro filiale affetto, ma anche il nostro desiderio di essere più intimamente legati a Lei, più che ad ogni altra cosa.

Ecco che cosa sono i “fioretti”: regali piccoli che vanno dritti al cuore della Madonna  e la fanno sorridere di gioia mentre ascolta e benedice i suoi devoti figli. Sono piccole cose, piccole offerte, ma che se fatte bene, ci ottengono molte grazie.




Anche per questo Maggio è chiamato anche il mese delle grazie e delle glorie di Maria, perché in questo mese si ricevono copiose grazie, celebrando le glorie della Madre e Regina universale. Anzi, soprattutto per i frutti spirituali che produce, il mese di maggio canta le più alte glorie di Maria corredentrice e mediatrice di ogni grazie.
Sono grazie di ogni sorta che Ella dona amorosamente a chi celebra questo mese. Grazie di progresso spirituale, di rinnovamento di vita, di conversione, grazie temporali per la salute, per il lavoro, per gli studi, per la sistemazione per la famiglia.




Quante grazie in questo mese benedetto!Tanto più che esso si chiude con la festa della Madonna delle Grazie (31 maggio, festa della Visitazione della Vergine Maria alla cugina S. Elisabetta) che infonde in noi la certezza di essere accompagnati dalla presenza amorevole materna e premusora della Madre del cielo. Chi di noi non ha bisogno di grazie?

San Massimiliano M. Kolbe, per aiutare il fratello travagliato da pericolose angustie spirituali e materiali non trovò rimedio più efficace che raccomandargli con premura di fare il Mese di Maggio, e gli mandò libretti utili a fargli seguire il mese mariano giorno per giorno.

Fare il mese di Maggio, quindi, è accumulare grazie, risolvere problemi o situazioni dolorose, ottenere il patrocinio della Divina Madre.
Ricorriamo alla Madonna ogni giorno di questo mese con la recita devota del Santo Rosario.




A Biancavilla  diverse tradizioni vanno a comporre un complesso mosaico devozionale che attraversa le chiese, le case e i cortili della città. Mentre, infatti, vengono allestiti tradizionali altarini in onore della Vergine Maria, ci si riunisce in casa per recitare comunitariamente il Santo Rosario.

Le parrocchie organizzano la “Peregrinatio Mariae” recando in processione tra le case e le famiglie un’immagine della Madonna attorno alla quale il quartiere di turno di si mobilita per onorare la visita della Madre celeste. Nei cortili e nelle viuzze si montano piccoli dosselli, apparati di stoffe preziose, veri e propri altari fioriti. Ai piedi di Maria si radunano le famiglie, il vicinato e tutta la gente che è possibile invitare. Non di rado la Madonna va via dalla casa ospite in un piccolo corteo dopo l’offerta di dolci e bevande.

Il 31 Maggio, a conclusione del Mese mariano, per antica tradizione, in Chiesa Madre si svolge la processione della venerata icona della Madonna dell’Elemosina portata a spalla dalle donne, in un’atmosfera di grande ed intensa dvozione e preghiera. Ed è il preludio della Grande Festa Estiva che si celebra a Biancavilla l’ultima domenica di Agosto.

Relazioni famigliari: l'Amore si impara

Riflessioni sui rapporti genitori-figli e marito-moglie: libri, teorie, studi. L’Amore si impara giorno dopo giorno.

di Alessandro D’Avenia

“L’amore non è cosa che s’impara, e tuttavia non c’è cosa che sia così necessario imparare”. Così scriveva Giovanni Paolo II in Varcare la soglia della Speranza. Queste parole mi sono tornate in mente quando un papà di una bimba di sei anni, qualche giorno fa, davanti ad una pizza, mi confidava di essere un padre che non sa mai cosa sia giusto fare. Quello sguardo e quelle parole mi hanno fatto riflettere.

Educare richiede una continua creatività e capacità di invenzione nella mutevolezza del reale, delle persone, delle situazioni, ma allo stesso tempo la necessità di conoscere – come si fa nel jazz – quegli accordi di base su cui costruire l’improvvisazione non improvvisata a cui costringe ogni “sessione”: quella conoscenza irrinunciabile della natura umana alla quale improntare le concrete scelte educative. Ci prepariamo tutta la vita per un lavoro e siamo convinti che occorra studiare e fare esperienza per diventare bravi professionisti, invece ci siamo illusi che l’amore si improvvisi e che non ci sia bisogno di studio e preparazione. Invece proprio l’amore richiede continue messe a punto a partire da qualcosa che rimane fermo: la volontà di amare.

Per questo quando affronto un colloquio con i genitori di uno studente chiedo spesso: Su cosa state puntando? Quale punto di forza avete notato? Quale punto debole è emerso?

Educare, che un modo di amare chi ci è in qualche modo affidato, richiede non solo affetto, ma anche e soprattutto studio, preparazione, riflessione. Non si può improvvisare del tutto, bisogna riflettere e preparare ricette adatte alla dieta della persona: cosa gli/le serve di più? Di cosa ha più bisogno per crescere in questo momento?

Ma a che serve studiare? A che serve riflettere sull’amore? A diventare in qualche modo profeti dell’altro. A sapere come e cosa guardare, così che l’altro intraveda il meglio di se stesso negli occhi di chi lo ama e vi tenda, superandosi in compagnia dell’amato.

A questo proposito voglio segnalare due libri sull’educazione e la famiglia. Credo che la famiglia sia la soluzione alla crisi della nostra società, crisi che emerge soprattutto in ambito educativo.

Il primo testo è “Papà sei tu il mio eroe” di Meg Meeker, nel quale l’autrice, una psichiatra di grande esperienza, afferma con chiarezza che la persona più importante per una figlia femmina è suo padre. L’autrice rivolgendosi direttamente ad un padre gli suggerisce:

“Non c’è bisogno di una laurea in psicologia per proteggerla e darle insegnamenti su Dio, sesso e umiltà. Significa semplicemente essere un papà. Non ho scelto a casaccio alcune caratteristiche proprie del papà: ho osservato e ascoltato le figlie per molti anni e ho sentito quello che dicono di te. Ho parlato con una miriade di padri. Ho letto testi di psichiatria, ricerche scientifiche, riviste di psicologia. L’ho fatto per lavoro. Ma ti dirò che nessun articolo, né alcun manuale di patologia, né alcuna istruzione, può iniziare a cambiare la vita di una ragazza tanto quanto lo faccia una chiacchierata con suo padre. Dal punto di vista di tua figlia non è mai troppo tardi per rafforzare la relazione con te. Quindi, fatti furbo. Tua figlia vuole i tuoi consigli e il tuo sostegno; ha voglia e bisogno di un legame intenso con te. E, come sanno tutti i bravi papà, sei tu ad aver bisogno di una relazione profonda con lei. Questo libro ti mostrerà come rafforzare questo legame oppure come ricostruirlo e come sfruttarlo per migliorare la vita di tua figlia e la tua”.

Il secondo libro è un vero e proprio gioiello per questi tempi in cui la famiglia è bersagliata invece di essere sostenuta e incoraggiata. Il titolo è “La coppia imperfetta” di Mariolina Ceriotti Migliarese, che spiega in poche, profonde e delicate pagine, perché i difetti sono un ingrediente indispensabile per l’amore. Vedo tanti ragazzi schiacciati dalla incapacità loro e dei loro genitori di accettare il fatto di avere difetti, di non essere perfetti. Una cultura che rimuove Dio non può permettersi il lusso della debolezza, e vuole che gli uomini siano dei. L’autrice, neuropsichiatra infantile e madre, afferma con chiarezza che la coppia ha tutte le risorse per reggere alle tempeste che tentano spazzare via la casa, le cui fondamenta sulla roccia sono la coppia stessa, paradossalmente con le annesse debolezze:

“Incontrare Dio andando in un monastero è una cosa abbastanza ovvia. Ma incontrare Dio andando verso Micheline, proprio quella che ha appena bruciato l’arrosto, ecco una cosa alquanto inesplicabile. La trovo una frase perfetta per sintetizzare quello che è il cuore della sfida che il matrimonio rappresenta: unire gli aspetti più pratici e prosaici della nostra vita con quelli più elevati e spirituali, all’interno della quotidianità”.

Magari nessuno dei consigli contenuti in queste pagine servirà al caso concreto in cui ci si trova, ma solo la riflessione può tradursi in amore in atto, perché l’amore pienamente umano non è solo affetto, ma anche pensiero.

Cristo, Uomo-Dio, esaltato sopra gli angeli

Meditazioni soprannaturali sulla risurrezione di Gesù, a partire dai racconti evangelici sulle apparizioni degli Angeli alle donne. Con la sua passione, morte, risurrezionbe e ascensione Cristo è divenuto  l’Angelo Santo, l’unico mediatore tra Dio e gli uomini. Ma i suoi Angeli continuano ad assistere il Suo Corpo mistico, la Chiesa.

di Don Marcello Stanzione

San Matteo e San Marco parlano di un solo messaggero angelico; San Luca e San Giovanni invece narrano  di due spiriti celesti. Questa contraddizione si spiega senza dubbio dallo stupore angosciato e l’incredulità che si impadronì del gruppo dei discepoli, già sconvolti dagli eventi della antivigilia, temendo le persecuzioni delle autorità del sinedrio e forse non troppo fieri della fragile e vigliacca unanimità con la quale tutti, eccetto Giovanni, avevano preso la fuga nel momento cruciale. Fu una mattinata sconvolgente, le donne da un lato, gli uomini dall’altro. E gli Angeli, qui, se testimoniano l’incredibile, spariscono dietro l’essenziale: la presenza impossibile e comunque reale di un uomo morto l’antivigilia nelle atroci sofferenze della crocifissione e che riappare vivente. Occorrevano almeno delle apparizioni angeliche per preparare gli spiriti dei discepoli a qualcosa di così enorme. Perché i Dodici erano certo delle persone di un robusto buonsenso popolare totalmente inadatti ad immaginare una storia simile. 

Tutto comincia nella notte con un’apparizione delle più classiche: “Ed ecco che si fece un grande terremoto: l’Angelo del Signore discese dal cielo e venne a rotolare la pietra sulla quale si sedette. Egli aveva l’aspetto del lampo, e la sua veste era bianca come la neve. Alla sua vista, le guardie trasalirono di spavento e divennero come morti”.

La vista degli Angeli è temibile quando essi non velano la loro gloria e, qui, essi la manifestano senza scrupoli, atterrando i soldati posti davanti alla tomba dal Sinedrio al fine di impedire il più improbabile prelievo del cadavere da parte dei suoi discepoli, i quali, a quell’ora, sono nascosti, terrorizzati, a casa di amici sicuri. Secondo l’usanza ebraica, la tomba era sigillata con una pietra  molto pesante. Che una forza estranea l’abbia fatta ondeggiare fuori dall’entrata sarà il primo segno che è accaduto un evento inatteso. Venute di buon ora la domenica mattina al fine di rendere al morto le cure funebri che esse non avevano potuto compiere il venerdì sera perché il sabato cominciava, le donne si chiedevano giustamente come avrebbero fatto per spostare quella pietra. Forse contavano sull’aiuto pietoso delle guardie in questione poiché non avevano potuto convincere nessuno degli uomini del gruppo di accompagnarle… Impresa troppo pericolosa secondo essi che temevano di fare la stessa fine di Gesù…

“Esse trovarono la pietra rotolata davanti alla tomba, ma, essendo entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”. E l’Evangelista aggiunge che “esse restarono perplesse”; lo si sarebbe stato anche con meno. Confusa, indignata, Maria Maddalena corse ad avvertire Pietro e Giovanni di quello che era accaduto e chiedere loro soccorso. Durante questo tempo, le altre donne, rimaste sul posto, indecise, “videro un giovane seduto a destra, vestito di un abito bianco, ed esse furono prese da stupore. Ma egli disse loro: “Non temete, E’ Gesù il Nazareno che voi cercate, il Crocifisso: Egli è risuscitato, non è qui”. Secondo San Luca, gli Angeli sono due che hanno dei propositi quasi identici : “Perché cercate tra i morti Colui che è vivente? Egli non è qui; è risuscitato. Ricordatevi come vi ha parlato, quando era ancora in Galilea: bisogna, egli diceva, che il figlio dell’Uomo sia consegnato nelle mani dei peccatori, che sia crocifisso, e che resusciti il terzo giorno”.

Beninteso, le donne, quando entrarono a Gerusalemme e raccontarono la loro storia ai discepoli, si urtarono alla loro incredulità sprezzante (San Luca impiega anche un verbo greco che significa “sparlare”, avere propositi da ubriaco…). Comunque, inquieti, Pietro e Giovanni si decisero ad andare a vedere, nella speranza di trovare una risposta coerente a questa sparizione di un cadavere. Essi non videro l’ombra di un Angelo; è vero che vederli richiede una certa disposizione di spirito nella quale i due apostoli non dovevano proprio trovarsi quel mattino. Da parte sua, Maria Maddalena era ritornata anch’essa alla tomba, desiderosa di comprendere. Ella restava là, così accasciata di rimpianto che si era messa a piangere a calde lacrime.

“Ora, piangendo, ella si chinò verso l’interno della tomba e vide due Angeli, in vesti bianche, seduti là dove aveva riposato il corpo di Gesù, uno alla testa e l’altro ai piedi. Questi le dicono : “Donna, perché piangi ?” : Ella dice loro : “Perché hanno portato via il mio Signore ed io non so dove l’hanno messo”.

“Avendo detto questo, ella si voltò, e vide Gesù che stava là, ma lei non sapeva che era Lui. Gesù le disse :”Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Prendendolo per il giardiniere, ella le disse :”Signore, se sei tu che l’hai preso, dimmi dove l’hai messo, ed io andrò a cercarlo!”. Gesù le disse: “Maria!”.

In questo nuovo giardino dell’Eden, dove Dio in persona ha preso il posto di Adamo e dove, attraverso la peccatrice pentita, è Eva che sta per essere perdonata per sempre, dove la donna, strumento della morte e del peccato, sarà trasformata in messaggera della Vita e della Redenzione, che importa degli Angeli a Maria? A differenza di tutti i personaggi biblici, eccezion fatta della Vergine, ella non cade di terrore alla vista dei due giovani in bianco. Quello che la preoccupa, è Gesù e solo Gesù. Chi sono gli Angeli al suo fianco? Questo atteggiamento di Santa Maria Maddalena che, nella sua ricerca ostinata ed angosciata del suo Benamato sparito, gira le spalle ai messaggeri porta in germe tutto l’atteggiamento cristiano verso gli Angeli: essi sono là ma non devono sotto nessun pretesto velare od eclissare la presenza di Cristo.

Il tempo degli Angeli è cambiato con l’avvento di Gesù risuscitato. Gli Angeli erano i mediatori tra Dio ed il Suo popolo eletto; Cristo sarà il solo Mediatore tra Suo Padre e l’umanità riscattata. Quando lo Sposo viene, gli amici dello Sposo che sono venuti a cercare la fidanzata non hanno più che da ritirarsi. San Paolo, nella Lettera agli Ebrei, si servirà di questa idea al fine di dimostrare la superiorità della Nuova Alleanza sull’antica; perché gli Angeli avevano dato la prima Alleanza a Mosé, ed è Dio in persona, dal Suo Verbo Incarnato, che ha rivelato la seconda all’umanità. Di questo cambiamento, gli Angeli non sono dunque gelosi. Essi non hanno ragione che di rallegrarsene : “Cristo non è morto per gli Angeli. Ma tutto quello che, con la morte di Cristo, serve alla Redenzione dell’uomo agisce anche a profitto degli Angeli, perché, dalla Redenzione degli uomini, tutti i danni che hanno la loro origine nella rovina degli Angeli, sono cancellati. E, sicuramente, i Santi Angeli, che conoscono Dio e sono beati nella contemplazione della Verità, sanno quanti membri del genere umano aspettano affinché sia ristabilito il numero degli abitanti di quella città”. Non è casuale che l’ultima apparizione angelica riportata dai Vangeli sia quella a Maria Maddalena. Nonostante ciò, il compito degli Angeli non è completato perché ha cambiato significato. Gli Angeli guideranno la giovane Chiesa, nuova e vera figura del popolo eletto. E questo, fin dalla Resurrezione, dove sono ricordate alle donne le profezie di Gesù ed hanno detto loro di prevenire gli Apostoli. Ma l’inaugurazione solenne di questa missione differente ha luogo quaranta giorni dopo la domenica di Pasqua.

Allora, mentre i discepoli restano più incerti che mai quando vedono il loro Maestro sollevarsi nelle nubi e risalire verso il Suo Regno celeste fino alla fine del mondo, gli Angeli prendono le cose in mano con una autorità opportuna. “Ecco che due uomini vestiti di bianco si trovarono al loro fianco; essi dissero loro: “Uomini di Galilea, perché restate così a guardare il cielo? Colui che vi è stato tolto, quello stesso Gesù, ritornerà allo stesso modo come l’avete visto andarsene in cielo”. Qui, sono gli Angeli che hanno i loro piedi sulla terra ed invitano ad iniziare il lavoro. Ma, se essi vigilano sugli inizi della Chiesa, sono anche, nei cieli, i testimoni meravigliati da un miracolo così prodigioso che nessuno tra di loro lo aveva immaginato.  Cristo risale verso Suo Padre, come era previsto da sempre; ma non risale puro spirito. La seconda persona della Trinità, nella Sua Ascensione gloriosa, ha portato il suo corpo umano. Vero Dio, il Re di gloria rimane per l’eternità vero uomo. L’Incarnazione era l’abbassamento di Dio nel Suo Verbo più basso dei Suoi Angeli; l’Ascensione è l’esaltazione dell’uomo nel Verbo più alto degli Angeli.

Al riguardo si legga San Paolo in Efesini 1,20-22 : “Facendolo sedere alla Sua destra, nei cieli, ben al di sopra di ogni Principato, Potestà, Virtù, Dominazione, e di ogni altro nome che si potrà nominare, non solamente in questo secolo, ma ancora nel secolo a venire. Egli ha messo tutto sotto i Suoi piedi…”.

E nella lettera agli Ebrei 1,3-4: “Quel Figlio che sostenne l’universo con la sua parola potente, avendo compiuto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nelle altezze, diventato tanto superiore agli Angeli che il nome che ha ricevuto in eredità è incomparabile al loro”.

Gli Angeli della terra portano il loro Signore in trionfo. Ma, in mezzo agli Angeli la cui residenza è nei cieli, lo stupore è immenso.  In proposito Sant’Agostino: “Quando Cristo risuscitò dai morti e salì al cielo, i Principi stabiliti da Dio nei cieli ricevettero l’ordine di aprirne le porte, affinché il Re di gloria entri e salga a sedersi alla destra del Padre, fino a che abbia fatto dei Suoi nemici lo sgabello dei Suoi piedi. Ma, quando i Principi dei cieli Lo videro senza bellezza, onore né gloria, essi non Lo riconobbero e dissero :”Chi è questo Re della gloria ?”. Ma le argomentazioni degli Angeli della terra illuminano gli Angeli dei cieli che aprono al loro Signore, e la gioia degli Spiriti celesti scoppia : “Gli Angeli hanno ottenuto quello che aspettavano da sempre. (…) Essi hanno visto la nostra natura risplendente sul suo trono regale di una gloria e di una bellezza immortali. Benché abbia ricevuto l’onore di essere esaltata al di sopra di essi, essi si rallegrano del nostro bene come soffrivano quando ne eravamo privi”.

L’Uomo-Dio è divenuto quello che era il Verbo: Re degli Angeli. Perché, nelle sue due nature, Gesù è interamente superiore agli Angeli. Con la Sua umanità, poiché perfettamente pura ed esente dal peccato, essa realizza pienamente la volontà divina di fare l’Uomo a Sua immagine; perfetto riflesso delle perfezioni della Divinità, l’umanità di Cristo non può che essere un soggetto di meraviglia per gli Angeli.

L’Uomo come l’Angelo, per pervenire alla beatitudine, ha bisogno del dono della grazia dispensato da Dio; allorché Cristo estrae la Sua grazia dalla Sua unità con Dio, Egli non è solamente unito a Dio. Egli è Dio. Tale è l’insegnamento di San paolo all’inizio della Lettera agli Ebrei : “A quale dei Suoi Angeli, in effetti, Dio ha mai detto : “Tu sei Mio Figlio, Io, oggi, Ti ho generato ?”. Ed ancora : “Io sarò per Lui un Padre, e Lui sarà per Me un Figlio”. E di nuovo : “Che tutti gli Angeli di Dio Lo adorino”. Mentre che Egli così si esprime rivolgendosi agli Angeli : “Egli fa dei Suoi Angeli dei venti, dei Suoi Servitori una fiamma ardente. Egli dice a Suo Figlio :Il Tuo Trono, o Dio, sussiste nei secoli dei secoli e : lo scettro di dirittura è lo scettro della sua Regalità”.

Il Verbo creatore non può essere che il Re degli Angeli, quel posto che Lucifero ha osato contestargli. Satana è stato battuto ogni volta che ha rivendicato contro Cristo, contro l’Uomo-Dio la cui sola idea gli era insopportabile. E’ dunque contro la Chiesa che egli va ora a rivolgere il suo astio, perché Ella è il corpo mistico di Colui che il demonio persegue col suo odio. Come gli Angeli hanno vigilato sull’infanzia del Redentore, sottraendolo ai disegni omicidi di Erode, essi vigileranno sui primi passi della Chiesa e poi l’accompagneranno lungo i secoli.